Donne

[STAMPA] Stuprata da un “ragazzo per bene”

 

2001 – Il titolo del giornale diceva: “Maria” anni 58 stuprata alle due del mattino sul ciglio della strada da un giovane, cosiddetto “per bene, di buona famiglia”.
La testimonianza di questa donna è stata da me raccolta, riscritta e rappresentata in numerose occasioni. E’ una storia tremenda non solo per la violenza subìta da questa donna ma anche per l’indifferenza dei passanti, di quelli che pur accorgendosi di quello che stava accadendo tiravano dritto… e sono passati ormai 11 anni, ma sembra ieri, anzi, molto probabilmente in qualche parte d’Italia proprio ieri una, dieci, cento donne sono state violentate. Per Maria e per tutte le Marie di questa terra.
 
Fin da piccola la mia passione è sempre stato ballare… Mi piace tanto il liscio. Sono separata da mio marito e vivo sola… adesso però mia figlia sta con me e mi aiuta a pagare le spese.
Quel sabato lì… sono andata come quasi tutti i sabati a ballare in un locale in piazzale Loreto. Di solito mi accompagna mia figlia, poi lì incontro le amiche. È un posto che frequentiamo da tanto tempo… ci conosciamo quasi tutti. Per rientrare, se non trovo un passaggio tra le mie conoscenti, prendo un taxi che mi lascia sotto casa. Quella sera lì, ero già all’ascensore: “Mamma mia che fame che ho! Quasi, quasi vado a farmi fare delle patate fritte… non ho sonno, poi mi figlia rientra tardi.”
Nella mia via a duecento metri c’è un pub. Anche se erano le due non avevo paura. “Cosa mi può capitare alla mia età.” Entro, vedo che è pienissimo di ragazze e ragazzi, saluto i camerieri che conosco – spesso ci vado con le mie amiche. Mi dirigo verso la cucina, a destra. Una ragazza mi saluta: “Oh signora, come va?… È andata a ballare anche ‘sta sera?” “Eh sì, però senti, ho una voglia matta di patatine! C’è tanto da aspettare? Come sono pronte le vado a mangiare a casa, qui c’è un sacco di fumo”.
 
Mentre parlo con la ragazza vedo un tipo giovane al banco che parla con alcuni camerieri e ride. Ho notato che mi guardava con insistenza. Mi sono detta: “ma guarda che insolente che è ‘sto ragazzo!” Io però non ci ho dato retta… e mi sono seduta. Quello continuava a fissarmi. “Che scemo… “ sono rimasta ad aspettare le mie patatine più di dieci minuti, quasi un quarto d’ora… mi ero un po’ agitata, infatti ho chiesto alla ragazza: “Ma sono pronte ‘ste patatine?” “Tra poco”.
Mi sono seduta di nuovo, ho preparato le £5000 e le ho messe sul tavolo ed ho pensato: “Così faccio prima!” Mentre aspettavo queste benedette patate il ragazzo mi fa segno di uscire. Mi sono spaventata, ma non immaginavo quello che sarebbe successo. Esce. Ho preso le patatine, ho salutato: “Buona sera” – “Buona sera”.
Vado.
 
Anche fuori, all’esterno del pub, c’era un sacco di gente, di ragazzi… e ho visto lui, che era girato sulla destra con un cellulare e parlava. “Non mi ha visto”, mi son detta. Ero un po’ preoccupata, agitata.  Ho preso le chiavi dalla borsetta e me le sono messe in tasca: “Così faccio prima”. Ho preso gli scalini – come scorciatoia- e ho accelerato il passo. Nella mia via, che a soli duecento metri dal pub, devo guardare a destra e a sinistra se arrivano macchine. Ho notato, con un gran respiro di sollievo, che ero sola. Nessuno mi seguiva. Come arrivo all’angolo, dove c’è una concessionaria di automobili, un cane abbaia… lo conosco questo cane, abbaia sempre quando passa qualcuno. Come ho girato l’angolo, ho sentito uno alle spalle… vicinissimo. Il cuore mi si ferma. Mi giro: è lui.
“Cosa vuoi? Perché mi vieni dietro?” Non mi ha risposto, mi ha preso per la gola e mi ha tirata sulla siepe. Io dicevo: “No! Lasciami!”
Lui non parlava e ha cominciato a farmene di tutti colori… picchiandomi, un pugno qua, uno là.  Me ne ha fatte di tutte: davanti, di dietro… per mezz’ora buona.
Ad un certo punto è arrivata una macchina. Ha fatto i fari e ha sentito che gridavo aiuto. Oltretutto il cane era come impazzito, ma nessuno ha aperto una finestra.
La macchina ha fatto manovra e se ne è andata… e lui andava avanti, bello tranquillo come fosse a casa sua, riempiendomi di pugni, in faccia, in testa, dappertutto… lividi ovunque… mi sbatteva contro la siepe, su e giù.
Poi si è arrabbiato perché non riusciva nei suoi scopi… mi ha strappato il cappotto, la giacca, la gonna… mi ha rotto tutto, proprio con rabbia perché non riusciva a fare i comodi suoi.
Ho pensato: “Per me è la fine!” Ero convinta di morire e gli ho persino detto: “Dai ti prego, fai il bravo, farò tutto quello che vuoi. Basta che non mi ammazzi.”
E lui mi diceva: “Zitta! Zitta!” E intanto mi picchiava. Io lì praticamente nuda sulla siepe e lui: “Forza, dai! Fammelo diventare duro!”
Io ad un certo punto gli ho detto: “Ma tu ce l’hai una mamma?” Quando gli ho detto “mamma”, mi ha dato un pugno secco in faccia… mi ha spaccato lo zigomo… mi sono sentita svenire.
In quel mentre, arriva un furgone e allora io ho pensato “Adesso mi violentano anche loro!”
Lui non si è neanche girato: continuava tranquillissimo come se fosse a casa sua.
Dal furgone sono scesi due ragazzi.
“Ragazzi aiutatemi! Aiutatemi  – avevo lui sopra – Mi sta violentando!” Loro hanno guardato proprio bene la scena, poi si sono tirati giù la cerniera e sono andati a fare la pipì… tutti e due a un passo da noi.
Lui si è rigirato… li ha guardati bene… poi si è alzato con comodo, si è preso la mia borsetta con quei pochi soldi che avevo e se n’è andato. M’ha pure scippata quel bastardo!
 
Sono rimasta lì, massacrata di botte che non riuscivo neanche ad alzarmi, mi trascinavo gattoni… prendo le chiavi dal cappotto. A questo punto ho chiesto nuovamente ai ragazzi.
“Ma vaffanculo, troia!” Rintracciati dai Carabineri diranno: “Credevamo fosse un albanese”.
Sono saliti sul furgone, hanno messo della musica a tutto volume… e se ne sono andati.
Mi sono fatta forza, mi sono tirata su… cadevo. Mi ritiravo su e cadevo… ho raccolto una scarpa qua, una là, il cappotto, l’orologio e la biancheria.
Nuda… a piedi sono riuscita ad arrivare al portone. Ho aperto, ho aspettato l’ascensore e sono salita in casa. Stavo morendo, stavo morendo… ho chiamato mia figlia al cellulare: non rispondeva.
 
Ho fatto il 113 e la centralinista che mi dice: “Signora si calmi… non capisco niente… cosa le è successo?”
“Mi hanno violentata. Aiutatemi, sto male… sto male! Sto per svenire, sto per morire!”
“Si calmi signora… non si capisce niente… parli piano…”
“Ho uno zigomo rotto… faccio fatica…”
“Dove si trova? Dove abita, in che via.”
Ho dato il mio indirizzo.
“Stia tranquilla… adesso arriva la Croce Rossa.”
Erano le tre e un quarto, le tre e mezza. Ho bevuto un po’ d’acqua, mi sono messa nel letto: piangevo e aspettavo.
Sono arrivati i Carabinieri insieme a quelli della croce Rossa e mi hanno portata al San Raffaele. Per tutta la notte, a vomitare… sono svenuta… mi hanno trovato uno zigomo rotto, lividi dappertutto, un taglio in testa, mi hanno medicato tutte le ecchimosi che avevo su tutto il corpo… avevo pure un occhio pieno di sangue. Dal San Raffaele mi hanno portata la notte stessa alla Mangiagalli per degli accertamenti ginecologici, tampone vaginale eccetera. Alle sette mi riportano al Pronto Soccorso del San Raffaele… lì da sola in corridoio, sulla barella, senza lavarmi, senza niente. Per molte ore nessun medico mi ha visitato nuovamente, solo un’infermiera mi ha sistemato le medicazioni. Dal San Raffaele all’ospedale San Paolo per fare una radiografia al viso per lo zigomo. Come mi hanno vista, hanno deciso di operami subito. Io ero agitatissima, per fortuna c’era mia figlia con me.
 
Poi sono arrivati i Carabinieri a interrogarmi. Stavo malissimo, piangevo disperata. Mia figlia mi teneva la mano e piangeva con me.
Dopo quattro giorni e una notte di ricovero trasferendomi da un ospedale all’altro, sono finalmente tornata a casa. Nel frattempo i Carabinieri di Cologno Monzese cercano lo stupratore. Fanno un’indagine al pub, vanno sul luogo e recuperano un pacchetto di sigarette e tramite il pacchetto riescono a risalire a questa persona in casa della quale trovano la mia borsetta e le mie cose… e altri vari oggetti femminili.
I Carabinieri in ospedale mi invitano al riconoscimento tramite delle foto.
Io me lo ricordavo benissimo… stava sopra di me, faccia a faccia, e l’ho descritto in maniera dettagliata.
Martedì mattina alle dieci i Carabinieri mi dicono: “Deve venire in caserma per il riconoscimento.” “Subito?” “Sì, subito. Abbiamo premura di prendere questo tipo.”
Io non stavo bene e non me la sentivo di seguirli “Signora, deve per forza venire con noi se no ci scappa!”
Sono andata in camicia da notte con sopra il paltò a vedere altre foto… mentre guardavo le foto su un libro… loro sono andati a prenderlo. Quando è arrivato ho dovuto fare il riconoscimento all’americana.
Una volta arrestato, lui sostiene di non ricordare niente.
Questo ragazzo è di una famiglia per bene, di chiesa… agiata. Una famiglia conosciuta qui a Cologno Monzese.
Ha detto: ”So di aver fatto del male a qualcuno però non mi ricordo niente.”
 
Te la caverai con poco, come tanti altri. Per quanto tu possa ripensare a quell’orribile momento… mai potrai capire quanto male mi hai fatto. Un male che brucia continuamente nel mio cervello… nel mio cuore… un male che nulla potrà mai cancellare.
Mi hai bruciato la vita, ragazzo.
 
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Il matrimonio con Dario

L'impatto con la vita marito-casa-famiglia non è stato un gioco. Mi cimentavo con la cucina, ma non avendo mai avuto niente del genere come mia diretta e totale responsabilità, avevo qualche problema. Primo tra tutti, le dosi. Preparavo quantità di cibo che sarebbe potuto bastare per una caserma.

Ricordo una sera a cena Eugenio Tacchini, amico d'infanzia di Dario, avevo cucinato un bellissimo minestrone come tante volte avevo realizzato aiutando la mia mamma. Lui era entusiasta, ne mangiò almeno cinque fondine. Giuro, non esagero. Lo guardavo ingoiare un cucchiaio dopo l’altro a grande velocità... con una certa preoccupazione. "Basta, Eugenio, starai male!” “No, no. E' buonissimo, poi oggi non ho fatto in tempo a mangiare...!” Poi però al cinema Orfeo, dove mi aveva accompagnato a vedere "Roma città aperta" - Dario stava recitando al Piccolo Teatro - durante la scena delle torture naziste è svenuto. “Accendete la luce – grido - c'è un ragazzo che sta male”. Arriva la polizia, lo portano fuori, nella hall lui si riprende... Si guarda intorno, vede i poliziotti, e ancora sotto lo shock del film, grida: “Non sono stato io! Sono innocente!” Volevo morire. Poi s'è alzato, è corso in bagno e ha vomitato tutto il mio minestrone.

Una pietanza che mi veniva benissimo era “gli ossibuchi” l’unica carne che io mangi. La prima volta che li ho cucinati, stando a filo telefonico diretto con mia madre, Dario non finiva più di dirmi “che buoni-che buoni”. Poi, un giorno ha invitato i suoi amici di Brera, Emilio Tadini, Alik Cavaliere, Luigi Parzini e altri. Ero un po’ preoccupata. Un pranzo preparato tutto da me sola non l'avevo ancora gestito. Che preparo? Qual è il mio piatto forte? La frittata, le chiacchiere... e le uova sode... mmmmmm. Non ci siamo. "Farò gli ossibuchi col risotto giallo... sarà una cannonata! – mi sono detta ottimista." Ho iniziato a cucinare che erano le 9. “Pronto mamma... ho fritto olio, cipolla, aglio... e adesso che faccio?” E via... finalmente pronti!

Preparo la tavola con una bellissima tovaglia ricamata dalla mia mamma, servizio di piatti in porcellana avana pallida, listati con una riga d’oro e una blu... calici di cristallo di Murano, vino d’annata... posate d’argento, tutti regali di nozze. Innanzi ad ogni coperto un rametto di glicini raccolto nel giardinetto della mamma Fo: tutto meraviglioso da ammirare. “Farò la mia bella figura” pensavo. L’ho fatta. Facevo andare il sedere dalla gioia... Dario la coda. Tutti a farmi complimenti... che sposina deliziosa ti sei preso, Dario... sei veramente fortunato! “Basta o scoppio a piangere!” Sono una emotiva cosmica. Si mangiavano i miei ossibuchi e commentavano la loro bontà, la morbidezza... “si taglian con la forchetta... oh che buon sughetto... che meraviglia di verdure...” Mentre si lavavano i piatti in comitiva cantavamo a squarciagola in ringraziamento a mia madre che mi aveva insegnato la ricetta: “mamma, solo per te la mia canzone vola...” (che porta una sfiga tremenda, si dice, ma noi non lo sapevamo, allora...)

Visto il successo ottenuto con il mio pranzo, ho continuato per almeno tre settimane a cuocere ossibuchi. E il mio Dario sempre a dire - ma che buoni. Al ventesimo giorno: “Che mi ha cucinato il mio tesorino oggi?” “Ossibuchi amore!... Perché ti sei ammutolito?!” “Bastaaaaaaaa! Oggi si va a pranzo dalle sorelle Pirovini a Brera... Oggi inizia la rivolta contro gli ossibuchi. Da domani polenta!” Un abbraccio e un bacio sul naso.

Ora, li mangiamo non più di cinque volte l'anno. Al "ma che buoni-che buoni di Dario s'è aggiunto Jacopo. Lo dicono insieme e poi scoppiano a ridere. Se vi fosse venuta voglia di ossibuchi con il risotto giallo alla milanese, ecco la ricetta....

Ossibuchi (per sei persone)

In una padella soffriggere sedano, carote, patate, cipolle, aglio non tritati, tagliati a tocchi, fino a dorarle, una spruzzata di vino bianco, lasciar cuocere bene, due colpetti di bastone magico, per renderlo cremoso, ma senza passarlo. Tagliare la membrana che circonda l’ossobuco in due o tre punti di modo che non si arriccino cuocendo. In un altro tegame: versare olio, prendere sei ossibuchi impanare nella farina bianca, lasciare dorare con un bello spruzzo di vino bianco, far asciugare, lasciare cuocere lentamente aggiungendo via via brodo o acqua bollenti. Farli cuocere a lungo. Aggiungere scorza di limone, grattugiata o a scaglie, in abbondanza. Dopo almeno un’ora e mezza posare gli ossibuchi nelle verdure. Lasciar cuocere per un’altra mezzora. Devono essere talmente ben cotti da diventare morbidi tanto che si possano tagliare con la forchetta.

Servire con risotto giallo.

Risotto giallo (6 persone)

Soffriggere in olio la scigula (cipolla). Una volta imbiondita, aggiungere tredici pugni di riso (due a testa e uno per la pentola). Far tostare il riso almeno per cinque minuti. Coprire con vino, lasciarlo asciugare lentamente. Aggiungere tredici mestoli di acqua bollente (e sale), o brodo di carne, con due bustine di zafferano, dopodiché si copre con il coperchio della pentola a pressione. Da quando fischia, contare sei minuti, far uscire il vapore, aprire e aggiungere latte, parmigiano abbondante e poi ci si mette una noce di burro.

E BUON APPETITO!

franca rame

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"Finalmente l'Italia si sta svegliando"

franca rame attrice

Franca Rame, attrice, autrice. Non c’è ragazza che, dagli anni Sessanta in poi, non conosca le sue battaglie in difesa della donna, della sua libertà di scelta, della sua dignità. Sola una così poteva trasformare una violenza orrenda subita con dolore, in una consapevole e generosa scelta di campo a favore di chi ha poco o niente. Partendo dal palcoscenico, è ovvio, perché Franca non si è mai dimenticata di essere un’attrice che racconta storie insieme a suo marito Dario Fo, ma anche da sola, avendo sempre ben presente il consapevole orgoglio della sua condizione. Anche per questo è entusiasta della manifestazione che si terrà il giorno 13, alla quale parteciperà. Dice: “È un momento di grande fiacca generale, la gente è disinteressata, non ha soldi ed è preoccupata soprattutto di apparire e non di essere. C’è bisogno di una sveglia. Già la manifestazione del 29 gennaio a Milano, è stata bellissima: tantissima gente, uomini e donne, tanti applausi, un grande affetto che ci univa… mi sono commossa. È importante che questa manifestazione accada proprio in questi tempi in cui “il povero Berlusconi” è lì con le mutandine delle sue ragazze in testa. È importante questo svegliarsi, questo campanello d’allarme. Da parte mia spero in un risveglio totale di donne e di uomini da questo sonno profondo. Non mi è mai capitato di vedere un periodo così imbevuto di egoismo, di perdita di dignità, di denaro facile. E queste ragazze che si umiliano e l’uso umiliante che se ne fa per soldi, soldi, soldi. Il 13 ci sarò anch’io. Quello che succede in questi giorni testimonia che in ognuna di noi covava qualcosa. E quando ho letto sull’Unità della “chiamata” per testimoniare il nostro rifiuto, il nostro lutto, mi è sembrato che mi avessero letto nel pensiero perché io credo veramente che in ognuna di noi, casalinga, miliardaria, prostituta, ci sia un forte desiderio di comunicare, di esistere, di esprimere quello che sentiamo. È stata proprio come una grande spinta. E pensare che tutto nasce dal comportamento del signor B., il signore con le mutandine in testa, da un’idea, da un’immagine mortificante della donna. E queste belle ragazze cresciute a pane e televisione, nel culto di una società che premia solo l’apparire, sono un po’ vittime di questa cultura, sembrano non rendersene conto, si tolgono sorridendo le mutandine, guardano alla busta “pesante”… A un certo punto qualche anima bella ci ha definite l’altra metà del cielo. Da parte mia non sentendomi la metà di questo cielo non l’ho mai neanche voluto tutto per me. Non voglio essere al centro delle cose. Penso sempre agli altri, non solo alle donne ma anche agli uomini, al precariato, al debito pubblico che sale, cerco di vedere dove posso essere utile. Credo che per cambiare ci sia bisogno di una politica diversamaquesto non sarà possibile fino a quando la sinistra non si risolleverà.

Da l'Unità 13 febbraio 2011

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DONNE! IL 13 FEBBRAIO A MILANO PZZA CASTELLO, TUTTE IN PIAZZA CONTRO LA CULTURA DEI CULI FLACCIDI!

 “SE NON ORA QUANDO?”.... A MILANO.

 
DOMENICA 13 FEBBRAIO, ORE 14,30 - PIAZZA CASTELLO

Anche a Milano, come in molte altre città italiane, domenica 13 febbraio le donne scenderanno in piazza per rispondere all’appello nazionale “Se non ora quando?”, intorno al quale si stanno mobilitando in centinaia di migliaia in tutto il Paese.
A organizzare l’appuntamento milanese saranno le stesse promotrici della grande manifestazione di sabato 29 gennaio in Piazza della Scala, alla quale hanno partecipato oltre diecimila persone per dire con decisione che “Un'altra storia italiana è possibile”.
Dando continuità a quel primo momento di mobilitazione, ci ritroveremo alle 14,30 in Piazza Castello, ancora una volta con le sciarpe bianche, simbolo del sentimento di lutto per lo stato in cui versa il Paese. Il degrado morale nel quale è precipitato non è infatti questione che riguardi una sola persona e pochi altri: questa lunga stagione politica ha prodotto “culture”, immaginari, modelli pervasivi e dilaganti ai quali vogliamo dire basta prima che sia troppo tardi. Tutto questo non è più tollerabile per noi, cassaintegrate, commesse, ricercatrici precarie, artiste, studentesse, pensionate, operaie e professioniste che con il nostro lavoro e il nostro impegno civile tentiamo di rendere migliore questo Paese.
A motivarci non è un giudizio morale su altre donne, ma il desiderio di prendere parola pubblica per dire la nostra forza, “una ricca e varia esperienza di vita”, com’è scritto nella lettera-appello Se non ora quando?, “che è cancellata dalla ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale offerta da giornali, televisioni, pubblicità”. Vogliamo invece che tutte, a cominciare dalle più giovani, possano dire il proprio bisogno di libertà, di giustizia, di una vita fatta di scelte consapevoli, di riconoscimento della dignità della loro persona, delle intelligenze, dei meriti, delle competenze. E che gli uomini, soprattutto i più giovani, venendo in piazza con noi possano esprimere il loro rifiuto del modello sessista, violento e mercificato delle relazioni tra uomini e donne, per rompere la complicità maschile che lo tiene in piedi e sconfiggere un’idea di asservimento che riguarda anche loro.
Con noi in piazza ci saranno personalità del mondo della cultura, dello spettacolo e della società civile.

Per adesioni e informazioni: [email protected]
Milano 6 febbraio 2011  

 
P.S.
Chi volesse contribuire all'organizzazione della manifestazione, può farlo
inoltrando questo comunicato al maggior numero di persone possibile
e/o stampando la locandina allegata per affiggerla in luoghi strategici

 

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[VIDEO] Franca Rame interviene a "Oltre l'8 marzo"

Assemblea dibattito - 8 marzo 2007 
Ministero dell'Economia e delle Finanze, dipartimento della Ragioneria Centrale dello Stato - sala conferenze - via XX Settembre, 97 - Roma
 
Il video della prima parte del convegno... 

Tutti i video della conferenza da Youtube
Oltre l'8 Marzo - parte 1 - parte 2 - parte 3 - parte 4 - parte 5 - parte 6 - parte 7 - parte 8 - parte 9 - parte 10
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Sulla serata organizzata dalle donne alla camera del lavoro

Cari candidati sindaci non cercate solo lo spot” articolo di Cinzia Sasso apparso su La Repubblica del 2 dicembre 2005 –

Risposta di Franca Rame.

Cara Cinzia, forse, anzi senz’altro, hai ragione, Dario Fo, Bruno Ferrante, Milly Moratti e Davide Corritore avrebbero avuto molto da imparare dalla serata organizzata dalle donne alla Camera del lavoro. Ma c’è stata una ragione per la quale una donna come me, e non sto certo a esibire i miei certificati o le mie ferite, ha detto a suo marito, che ha deciso di candidarsi a sindaco di Milano, di non andare alla riunione delle donne. 
Non ho voluto che sul destino di noi donne, si potesse dubitare di una speculazione di tipo elettorale da parte sua, ed è per questa ragione che ho chiesto a Dario, che pure voleva partecipare, di astenersi. In qualsiasi altro momento, Dario sarebbe stato bene accetto. Ma in questo, no.
D’altro canto tu stessa scrivi che non sai se le donne avrebbero apprezzato la sfilata dei candidati. Io sono certa che non l’avrebbero apprezzata e per questo propongo che siano le donne, noi, a invitare i candidati sindaci a misurarsi con le nostre domande, con le nostre proposte e con i nostri bisogni. Quando vogliono.
Io stessa, sono mancata, avevo progettato di intervenire portando la mia drammatica esperienza al riguardo, come faccio da anni dal palcoscenico. Purtroppo ho seri problemi di salute, dal 2004 sono scomparsa sia dalla scena teatrale che politica. La mia giornata, nonostante la mia volontà, ha a disposizione poche ore e quando arriva sera, tutti i miei progetti, vanno a finire tristemente a letto, con la pressione a terra e il cuore che sbatte di qua e di là. Prima che iniziasse la serata ho telefonato a Nicoletta Rizzi, responsabile del sindacato attori, pregandola di scusare la mia assenza… ma forse non ne ha avuto l’opportunità. 
Con affetto
Franca Rame

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