Il teatro di Franca Rame e Dario Fo

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[STAMPA] Franca Rame si racconta: "Senza teatro non posso stare"

franca rame
VARESE «Sono in una fase di vita eccezionale e bellissima, piena e appagante. Scrivo, rivedo lavori del passato, aiuto Dario nelle sue mille attività. E poi il teatro, finalmente, dopo tutti questi anni di silenzio».
 
Franca Rame parla con tono pacato, ma si capisce che la gioia è parecchia e si trasmette soprattutto al pubblico del nuovo “Mistero buffo”, che i due attori portano in scena nei teatri italiani con un'energia da trentenni. Domani, alle 21, saranno al teatro Apollonio di Varese, un altro ritorno, in una città che Franca abitò ragazzina con la sua famiglia di attori girovaghi, marionettisti fin dal Seicento, con papà Domenico capace di costruire e portare in giro un teatrino smontabile da 400 posti, «coperto e plafonato, con camerini, servizi d'acqua e luce elettrica, persino col telefono», come scrisse nel 1942 Giovanni Cenzato nel suo libro “Piccolo mondo provinciale”.
 
Una famiglia numerosa, tra genitori, figli e nipoti, «con un figlio, ora alle armi, allievo del Centro sperimentale di cinematografia, e un'altra che è detta “la piccola Duse», scrisse il giornalista e commediografo milanese. Franca era bellissima e, come tutti i figli d'arte, non temeva il palcoscenico. «Tutti gli attori quando vanno in scena, sono tesissimi, hanno le mani sudate. Io mai, proprio perché fin da bambina sono stata in scena. Mi mette molto più a disagio lo stare in un salotto con gente che non conosco».
 
Nata a Parabiago, «ma con il lavoro di papà i figli nascevano chi qua chi là», nel 1929, Franca Rame ha lavorato nella rivista, con Tino Scotti, nel cinema - la ricordiamo splendida e platinatissima in “Caporale di giornata”, film di Bragaglia del '58, con il “povero ma bello” Maurizio Arena - in televisione e ha girato parecchi sketch pubblicitari. A 24 anni le nozze con Dario Fo e il nuovo percorso artistico, la Compagnia Fo-Rame fondata nel 1958, gli spettacoli nelle fabbriche e nelle università occupate, la nascita di “Mistero buffo”.
 
«Dario lo scrisse tra il '67 e il '68 nella casa di mia madre sopra Cernobbio, dove abitavamo allora con nostro figlio Jacopo e i figli di mia sorella e mio fratello. Era un posto tranquillo, i ragazzi andavano a scuola e noi preparavamo le nuove commedie. Poi vendemmo la casetta, perché con tutti gli impegni teatrali ci si andava solo il fine settimana».
 
Il ritorno sulle scene di Dario e Franca «abbiamo quasi 168 anni in due», è stato voluto soprattutto da lei: «Sono stata io a spingerlo, mi sentivo disoccupata, la mia professione è il teatro, abbiamo fatto sette spettacoli in due mesi e ci arrivano richieste da ogni parte d'Italia. I teatri sono esauriti, il pubblico ci manifesta rispetto, stima e simpatia ed è splendido toccare con mano l'emozione della gente».
 
L'intervista completa alla grande Franca Rame sulla Provincia di Varese in edicola domani, sabato 18 febbraio
 
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[STAMPA] "C'è ancora quel teatro con le vele di tela?"

Mistero Buffo torna sul palcoscenico di Varese sabato 18 febbraio. Il premio Nobel anticipa che nel suo spettacolo non darà spazio a polemiche e politica locale: "Non vogliamo sporcare lo spettacolo con certe bassezze"

 

 
dario fo e franca ramePiù che uno spettacolo è una pietra miliare del teatro italiano. Mistero Buffo torna sul palcoscenico di Varese sabato 18 febbraio: biglietti a ruba e grande attesa per vedere nuovamente all’opera nella città giardino Dario Fo e Franca Rame con l’imperdibile piece giullaresca in lingua grammelot. Legati al territorio varesino (Fo è nato a Sangiano nel 1926, Franca Rame ha passato gran parte della sua infanzia nella nostra provincia), i due attori, drammaturghi e artisti a tutto tondo riportano al Teatro Apollonio il loro più famoso pezzo di teatro, studiato nelle Università e portato in scena in mezzo mondo. «Saranno trent’anni che non rifacciamo Mistero Buffo a Varese – racconta Dario Fo a VareseNews -. L’ultima volta che siamo venuti in città siamo stati in quel teatro con le vele di tela. C’è ancora quello?». Lo rassicuriamo che nulla è cambiato e che di teatro stabile si è tornati a parlare da poco: «D’altra parte Bossi e compagni per la cultura non mi sembra abbiano mai avuto un grande interesse», aggiunge Fo, che ricorda come in tempi passati ci siano stati grandi assessori alla Cultura come «il mio amico Baj: lui ebbe grande attenzione per la cultura, ma durò poco. Farò una mostra di pittura a Milano a Palazzo Reale dove saranno esposte anche opere sue (“Lazzi sberleffi e dipinti” e “Addio Anni '70, Arte a Milano”, celebrazione degli anni della contestazione con “I funerali dell'anarchico Pinelli” di Enrico Baj). Mi piacerebbe portarla a Varese, pensa che sconquasso verrebbe fuori».
dario fo e franca rame
 
Della sua infanzia e gioventù nel Varesotto Dario Fo ha parlato più volte, ricordando la sua formazione artistica e aneddoti diversi, come quello che ci regala oggi: «È la provincia dove ho vissuto da piccolo e dove è cresciuta anche Franca: ci sono tornato decine di volte per passeggiate, visite e abbiamo portato qui tutti i nostri lavori nel tempo. Dei miei amici di allora non ce ne sono quasi più, è una gara di resistenza paradossale – scherza dall’alto dei suoi 86 anni da compiere il 24 marzo prossimo -. Mi ricordo di quando un mio compagno di Università al Politecnico, che avrà avuto dieci anni più di me (lui 30, io 20) mi portò all’Aermacchi a visitare la fabbrica dove lavorava e rimasi colpito dallo splendore della bellezza di quegli strumenti di morte: un senso di potenza assoluto, quasi surreale. Delle vere opere d’arte nella loro malvagità. Mi disse che gli americani appena finita la guerra si erano informati ed erano venuti a studiare la tecnica italiana. Io ne rimasi affascinato e colpito allo stesso tempo».
 
Mistero Buffo è uno spettacolo sempre in evoluzione, nato nel 1962, mai uguale a sé stesso. Anche questa volta Dario Fo e Franca Rame metteranno sul palcoscenico aspetti della quotidianità politica di questa nostra Italia affidata ai tecnici per salvarsi dal default economico: «Non possiamo farne a meno – spiega Fo -. L’attualità è l’aggancio indispensabile per il nostro lavoro, la chiave di lettura per tanti aspetti del quotidiano: le furbizie, le corruzioni, le mascalzonate, la bagarre. Ci sarà un po’ di tutto, mescolato e riadattato nel nostro spettacolo». Non ci sarà spazio per le piccolezze della politica nostrana però: «A trote e altri aspetti di bassa macelleria non ci voglio nemmeno pensare. Non vogliamo sporcare la nostra opera con queste bassezze».
dario foDa premio Nobel (vinto nel 1997), il giudizio sullo stato della cultura nostrana è tranchant: «È un periodo nero, nefasto. Si trattano la cultura e gli intellettuali come fossero operai senza diritti. I nostri governanti tagliano quello che ritengono superfluo o pericoloso, come la cultura e la satira, ma così fanno del male a tutto il sistema – chiosa Fo -. Fino a vent’anni fa era più facile fare cultura, c’erano spazi e risorse maggiori: tanti attori che si sono formati con me e Franca hanno avuto possibilità che i giovani di oggi si sognano. In giro per l’Europa non è così, sebbene ci sia la crisi anche là: in Francia, Germania, Inghilterra c’è più spazio, più possibilità di iniziativa. Lo vedo andando in giro. Qui da noi manca la volontà, oltre che le risorse. In Italia questa crisi produce silenzio, e il silenzio è uguale a morte».
 
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[STAMPA] Mostre, "Funerali anarchico Pinelli" dopo 40 anni a Palazzo Reale

"I funerali dell'anarchico Pinelli" di Enrico Baj sarà a palazzo Reale a 40 anni esatti dalla morte di Luigi Calabresi e dalla sua prevista esposizione proprio nella Sala delle Cariatidi il 17 maggio 1972, quando l'inaugurazione della mostra fu sospesa per l'assassinio del commissario.
 
Lo ha voluto l'amministrazione comunale, che nel programma delle rassegne artistiche di quest'anno ha fissato per maggio la rassegna "Addio anni '70. Arte a Milano". E' all'interno di questa che troverà posto di primo piano l'opera dell'artista milanese, "pittura civile" diventata uno dei totem del movimento anarchico.
 
Oggetto 40 anni fa di forti polemiche, il grande pannello di tre metri per 1,2 è stato conservato finora alla Fondazione Marconi. A maggio, proprio in coincidenza dell'anniversario dell'omicidio Calabresi, tornerà nel luogo in cui avrebbe dovuto essere "battezzato".
 
A presentare l'iniziativa stamani, con il programma annuale delle mostra promosse dal Comune, l'assessore alla Cultura Stefano Boeri, nella Sala delle otto Colonne di palazzo Reale. Presenti tra gli altri Dario Fo e Franca Rame, a cui sempre a palazzo Reale sarà dedicato un evento fra marzo e giugno. (Omnimilano.it)
 
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[VIDEO] Franca Rame in "Caporale di giornata"

"Caporale di giornata" un film del 1958 di Carlo Ludovico Bragaglia
Con: Nino Manfredi, Maurizio Arena, Franca Rame, Rossella Como, Arturo Bragaglia, Dolores Palumbo, Isarco Ravaioli, Gisella Sofio, Bice Valori, Riccardo Garrone, Andrea Aureli, Gino Buzzanca, Franco Giacobini, Walter Santesso, Gianrico Tedeschi, Giampiero Littera, Aurelio Fierro, Renato Malavasi
 
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[STAMPA] La vita e il Teatro fuori dalle regole - 1° parte

Il 1968. Nell’autunno del 68 con Dario decidiamo di abbandonare il circuito teatrale tradizionale, ufficiale e mettere a disposizione il nostro lavoro, la nostra vita – e non sto enfatizzando – con un impegno diretto di quella parte di pubblico che normalmente viene ignorata dal teatro ufficiale: operai, casalinghe, studenti, contadini. Pubblico che solo in questi ultimi anni viene intruppato e portato con pullman nei teatri del centro, organizzati da Cral e Sindacato.
Riprendendo la tradizione di mio padre portiamo il nostro teatro in piccoli centri, nei quartieri periferici, nelle fabbriche occupate, nei palazzetti dello sport. Insomma, decidiamo di metterci a disposizione della classe alla quale sentivamo di appartenere, il proletariato. Detto oggi, così, a distanza di anni suona un po’ tromboneggiante, allora no.
Suonava bene.
Otteniamo una risposta straordinaria: una folla di giovani, studenti, operai, ragazze, donne sono ogni sera presenti. In qualsiasi posto si svolga lo spettacolo i locali sono gremiti all’inverosimile. Nei palazzetti dello sport, ci abbiamo messo anche 12 mila persone.
Che testi recitavamo? Il quotidiano. La vita della gente, le difficoltà.
Il materiale lo trovavamo a iosa.
Erano tempi brutti. Gli incassi spesso vanno a fabbriche in occupazione, che grazie alla sopravvivenza che gli è garantita dagli spettacoli, in certi casi, come per la Sampas di Milano, tengono duro e alla fine vincono la causa contro il padrone.
Quando Dario mi ha proposto di lasciare le strutture tradizionali e di portare il nostro teatro per “boschi e prati” non mi diceva niente di nuovo, per tanto tempo l’avevo fatto con mio padre.
Per anni, esattamente 21, mi sono occupata di detenuti per reati politici, carceri, processi, difesa dei diritti civili. In un secondo tempo, spinta dai detenuti politici, mi sono occupata anche di quelli per reati comuni, per un totale di oltre 800 persone: donne e uomini.
All’inizio ero in grande difficoltà con i detenuti per reati comuni.
Sono nata in una famiglia onesta e laboriosa, dove senza prediche ma con l’esempio, mi si insegnava a rispettare e amare il prossimo, ad avere comprensione e aiutare chi stava in difficoltà. Ma un ladro era un ladro e un assassino era un assassino.
Ci ho pensato un po’ su. Poi mi sono decisa. Scrivevo una letterina stringata tipo: “Ho avuto il tuo nominativo da… fammi sapere per quale reato sei detenuto, condanna, condizioni tua famiglia… tuoi bisogni.” Insomma, avevo bisogno d’inquadrarlo.
Mi arrivavano risposte che mi turbavano. Furto con rapina, omicidio…
Ci pensavo sopra un po’. Certo che al figlio di Agnelli non può capitare di finire in galera per omicidio in treno mentre ti esibisci in “un furto con destrezza…” a un omone che si mette a gridare e giustamente reagisce. Il guaio è che se hai una pisola in tasca… te lo trovi morto ai tuoi piedi quasi senza accorgerti.
“Come ti giustifichi?”, chiedevo.
“Avevo la ragazza incinta… eravamo venuti dal sud, senza casa, senza nulla… nemmeno il paltò e da voi fa molto freddo”.
Povero Pietro hai pagato il tuo reato.
Quanti anni di carcere ti sei fatto? 25, poi scesi a 17.
Per ottenere permessi di colloquio con i detenuti ho dovuto fare salti mortali, ogni volta gabole varie. Arrampicandomi sui muri della burocrazia giudiziaria, sono stata molto aiutata dal segretario di gabinetto del ministro Bonifacio.
Grazie a lui sono riuscita a entrare in molte carceri d’Italia, parlare con i detenuti, i direttori, i giudici di sorveglianza, i famigliari. Sono entrata persino nella “famigerata isola del diavolo”: l’Asinara Carcere Speciale Istituto di massima sicurezza in Sardegna per merito di Mimmo Pinto di Napoli, il più giovane senatore d’Italia. Abbiamo conosciuto  finalmente il tristemente famoso direttore dott. Cardullo, vera macchina per l’annientamento psicofisico dei detenuti, classico paranoico da studio psichiatrico.
Siamo arrivata all’isola, molto nervosi. Avevo addosso un abito a colori vivaci, festoso.
Scelto per l’occasione.
Il mio vestito doveva portar loro i colori della vita… e non della morte che stavano vivendo.
(continua)
 
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[STAMPA] Gli indomabili Dario Fo e Franca Rame

Ovazione per il loro 'Mistero buffo' nato 42 anni fa
"Lo spettacolo cambia sempre perché sono gli eventi della vita, la politica e la società a rinnovarlo di continuo", spiega l'attore 85enne con la stessa grinta di sempre

dario fo

 
Firenze, 02 febbraio 2012 - ALLA FINE Dario Fo e Franca Rame ricevono ovazioni trionfali, e la gente non se ne vuole andare. La coppia indomabile - 85 anni lui, 82 lei- sta portando in giro “Mistero buffo” 42 anni dopo il suo esordio in una fabbrica milanese dismessa. L’occasione è storica quanto lo spettacolo, che viene ovunque preso d’assalto (qui siamo all’Obi Hall di Firenze). Questo straordinario affresco di cultura popolare, pantomime, giullarate che racconta i Vangeli dal basso in un dialetto ibrido e inventato, vanta ormai più di 4mila repliche in tutto il mondo. "Cambia sempre perché sono gli eventi della vita, la politica e la società a rinnovarlo di continuo", anticipa Fo prima di cominciare.
Avevate paura di trovare in questo ritorno segni di stanchezza, malinconie di decadimento fisico? Ma quando mai: il carisma è quello, inintaccato. Lo slancio satirico non appare spento, semmai è la poesia semplice e schietta dell’insieme che si esalta in un corpo scenico più saggio, cauto nel dispendio fisico perché consapevole degli impacci, del rischio della goffaggine e in compenso più ricco di sottintesi, pause, sottigliezze argute. Il Fo in camicione nero che distribuisce le due ali di pubblico accanto a lui sul palcoscenico improvvisando gag (è uno spettacolo nello spettacolo, e l’astuto Dario lo ha sempre usato) promette scintille. Solo la sua voce, dopo un intervento alle corde vocali, trema appena ma sull’onda della passione narrativa Fo sa tirarla fuori e manovrarla come ai tempi migliori.
ED ECCO la galleria impagabile che rivedremmo mille volte nella vita: si comincia con la resurrezione di Lazzaro dove il gran giullare fa una ventina di personaggi, poi entra Rame per raccontarci la Genesi in un dialetto del centro-sud; ma è nella seconda parte, con l’impagabile vestizione di Bonifacio VIII che Fo può andare a briglia sciolta perché in ballo c’è il discorso sul potere e si può spaziare. Tra memorie senza troppi rimpianti, esortazioni da guru (“Siate liberi, specie in questi momenti”), scappellotti bonari al sindaco Renzi e pezzi di gregoriano sfidando la voce malferma, si arriva al lamento di Maria sotto la croce con Franca Rame. 'Il pezzo forte della serata!', annuncia con modestia cavalleresca Dario, rinsaldando il vincolo di questa coppia unica e irripetibile che continua a sprigionare contro ogni usura del tempo un’allegria celestiale.
Sergio Colomba
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[STAMPA] “Tutti a Teatro”: recensione di Mistero Buffo all'Obihall

Due veri e propri “disgraziati” – come si audefiniscono a fine spettacolo – sono quei due geniacci di Dario Fo e Franca Rame, che dovranno prima o poi spiegare come si fa ad avere 167 anni in 2 e non sentirli…
 
In un Obihall stracolmo in ogni ordine di posti la coppia per eccellenza del Teatro italiano ha riproposto Mistero Buffo, l’opera teatrale forse più colta e impegnata della Satira italiana. Un’opera scritta e portata in scena nel ’69, che mantiene intatta la sua aderenza con la realtà perchè – come dice lo stesso Fo – “tutto cambia ma in fondo solo il Potere e la Politica non cambiano mai”.
 
Strutturato per “giullarate” che riprongono di volta in volta episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento o personaggi storici della Santa Romana Chiesa, Mistero Buffo si propone quindi come opera “sacra” (Mistero) e “satirica” (Buffo), smascherando le umane bassezze – sopratutto quelle dei “potenti” – attraverso il rovesciamento delle gerarchie e dei ruoli, raccontando il tutto attraverso le voci dei protagonisti ma anche della gente comune, che parlano in vari dialetti, rimodellati secondo studi approfonditi sulla magnifica varietà di linguaggio che caratterizza l’Italia sin dal Medioevo.
Ed è così che i miracoli della moltiplicazione dei pani e dei pesci e quello della resurrezione di Lazzaro vengono raccontati dal punto di vista di un becchino e di “cadregaro” che al seguito del Nazareno, discorrono e litigano in veneziano, fino ad arrivare a scommettere – l’uno pro e l’altro contro – sulla riuscita o meno del miracolo.
Così il racconto biblico della nascita dell’ “uomo” viene raccontato attraverso la versione dei vangeli apocrifi. E’ quindi Eva il primo “uomo” sulla Terra. Ma è una Eva che parla un dialetto maedievale del centro-sud Italia, che scopre le meraviglie del creato e del suo proprio corpo, che incontra gli Dei pagani caduti in digrazia, che incontra anche il primo uomo, di cui proprio non riesce a spiegare la rozzezza del “corteggiamento”.
 
Bonifacio VIII è il protagonista della terza “giullarata”: l’arrogante e livoroso papa Bonifax – già accusato da Jacopone da Todi di aver trattato come “putta” la “Romana Iglesia” e messo all’inferno da Dante prima ancora della sua dipartita – viene messo alla berlina e sbeffeggiato per la sua boria e per la sua lussuosità, che tanto poco si addicono al rappresentante di Cristo in Terra. Il surreale e goffo Papa si confronta e si scontra quindi col Cristo stesso, uscendone naturalmente malconcio. Il tutto condito – anche qui – in salsa veneziana.
 
La quarta e ultima “giullarata” – in lùmbard stavolta – riporta invece lo strazio e il dolore di una madre che soffre per la morte di un figlio. La storia è quella de La Madre – Maria – che piange il martirio di suo figlio: una madre che non accetta il sacrificio “divino” del “suo sangue”, e che invece – come farebbe qualsiasi altra madre terrena – invoca la pietà delle guardie, e poi l’aiuto delle altre donne, alla ricerca di una condivisione del dolore, sentimento proprio di qualsiasi essere umano.
 
L’aderenza alla contemporaneità sta proprio nel trattare temi universali e quindi sempre attuali. E’ stato poi merito di Fo ricollegarli a personaggi odierni, riallanciandosi naturalmente alla grande tradizione satirica toscana – fiorentina in particolare – alla quale non ha nascosto di essere molto legato. E così quel Papa Bonifax diventa – per il suo ricatto di voler spostare via da Roma la Santa Sede – lo spunto per sbeffeggiare Marchionne. Ma allo stesso modo cadono nelle spire della satira anche gli altri “potenti” di oggi: da Berlusconi a Monti, da Benedetto XVI a Renzi, e su quest’ultimo vi lascio immaginare gli applausi scroscianti…
Giovanni Piccolo
 
fonte: unicitta.it
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[STAMPA] Mistero Buffo: l'originale, con Dario Fo e Franca Rame, all'Obihall di Firenze

mistero buffo
In scena da quasi 43 anni (il debutto risale al 1969), torna l'originale Mistero Buffo, di e con Dario Fo e Franca Rame. La giullarata popolare a sfondo biblico che ha contribuito a riportare il Nobel per la Letteratura in Italia dopo 22 anni (nel 1997, dopo l'ultimo attribuito ad Eugenio Montale, nel 1975), "rimesso in pista" da Paolo Rossi nella passata stagione, in versione pop, vedrà la mitica coppia Fo-Rame sul palco dell'Obihall di Firenze il 23 gennaio 2012.
Informazioni e ticket su obihall.it
 
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[STAMPA] Al teatro Quirinetta di Roma è stato presentato il Centro Nazionale Drammaturgia Italiana

 


teatro cuirinettaOggi al teatro Quirinetta di Roma – che ha gentilmente ospitato la conferenza stampa di apertura – è stato presentato il nuovo Centro Nazionale Drammaturgia Italiana Contemporanea, che aspira a diventare una rete federale nazionale, nata per occupare un vuoto istituzionale aperto dalla chiusura dell’Idi nel 1998.
Gli scrittori presenti hanno salutato il pubblico che affollava la sala schierandosi uniti sotto il palco: un gesto collettivo voluto per sottolineare il carattere orizzontale, democratico e aperto della struttura nascente.
Maria Letizia Compatangelo, presidente pro tempore, e Angelo Longoni, coordinatore, hanno illustrato le linee guida del Centro, definite in un documento condiviso e firmato da più’ di 120 autori. Tra le adesioni ricordiamo Dario Fo e Franca Rame, Ugo Chiti, Franca Valeri, Manlio Santanelli, Luca De Bei, Raffaella Battaglini e tantissimi altri, provenienti da tutte le regioni d’Italia. Renato Sarti, rappresentante degli autori milanesi insieme a Angela Calicchio di OUTIS, ha annunciato che il gruppo parteciperà all’incontro sul teatro, previsto il 19 gennaio a Milano con l’assessore alla Cultura Stefano Boeri. Il Centro ha già instaurato una proficua collaborazione con AGIS Lazio, confermata dall’intervento del presidente Pietro Longhi, e ha avviato un dialogo costruttivo con l’assessore alle Politiche Culturali del Comune di Roma, Dino Gasperini,  che ha annunciato in conferenza l’avvio di un progettodestinato a creare una rete di spazi nei quali organizzare interventi, manifestazioni, azioni teatrali e attività di formazione intitolato “Case del Teatro e della Drammaturgia”.
Tra gli ospiti istituzionali presenti: il consigliere regionale Giulia Rodano, il Sen. Vincenzo Vita del PD e la responsabile nazionale cultura di PRC.
 
La scrittura teatrale – recita l’inizio del documento degli autori – è una professione altamente specializzata e, in quanto tale, richiede una formazione che si potrebbe a giusto titolo definire permanente.

È un mestiere che esige un lungo tirocinio in palcoscenico, che parte dall’artigianato per attingere all’arte, che si nutre di esperienza ed intuizione, d’ispirazione e pratica.

Per queste ragioni deve essere una professione rispettata perché è il motore primo di ogni accadimento teatrale e deve poter offrire a chi la “esercita” la possibilità di vivere del proprio lavoro.

In Italia occorre invertire una tendenza malata che sta museificando il nostro teatro e che fa perdere  ogni aggancio con la realtà che si vive, con la contemporaneità  e con la nostra identità nazionale.

Il testo completo, insieme alle indicazioni per l’iscrizione, sono pubblicati sul sito www.centrodrammaturgia.it

fonte: civitasnews.it

 

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[STAMPA] Il Mistero di Franca - archivio storico del Corriere della Sera

corriere della sera
 
"Mentre io badavo a lui, al bambino, alla casa, alla spesa, alle beghe quotidiane, Dario leggeva avidamente i Vangeli Apocrifi". La Rame racconta con un filo di nostalgia la genesi del più noto spettacolo del marito Fo. «Me ne leggeva ogni pagina per avere il mio parere» «Ricordo quei giorni sul lago, una vacanza tutto lavoro»
 
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