Discussione politica

LETTERA APERTA DAL PRESIDIO "NO DAL MOLIN": SE NON ORA, QUANDO?

 Non lo nascondiamo: siamo dei sognatori; vorremmo impedire alla più grande potenza militare mondiale di mettere casa nel nostro cortile. E’ vero, siamo anche un pò testardi; ce lo hanno detto in tutte le salse: «cari vicentini, mettetevela via, gli interessi della guerra saranno più forti dei vostri presidi». Pazzi? Può darsi: del resto, chi avrebbe montato un Festival-campeggio di 10 giorni?
 
Eppure, siamo ancora qui. In questi giorni raddoppiamo il nostro Presidio Permanente; tutto intorno, un silenzio assordante, fatto di quotidiani e telegiornali che, dopo aver assediato Vicenza in concomitanza con il grande corteo del 17 febbraio, ora non hanno più nulla da dire su un movimento che ha continuato a vivere di passione e determinazione. Un movimento che si esprime tra e con la gente di Vicenza, attraverso iniziative e manifestazioni continue: abbiamo tagliato i cavidotti funzionali alla nuova base Usa, occupato la Basilica Palladiana, piantato 150 alberi all’interno del Dal Molin; abbiamo bloccato, per tre giorni e tre notti, le bonifiche belliche – iniziate un mese fa – necessarie per iniziare la costruzione dell’installazione militare, e le donne del Presidio, sono andate a Firenze per boicottare l’ABC – azienda incaricata delle bonifiche – e proseguire la campagna dei blocchi.
 
Con i primi blocchi dei lavori abbiamo imparato, ancor di più, ad essere una comunità; e abbiamo sentito, da tante parti d’Italia, la solidarietà e la condivisione che tante donne e tanti uomini esprimono per la lotta vicentina.
Abbiamo chiesto, anche, che i 170 Parlamentari che si sono dichiarati contrari alla realizzazione della nuova base Usa mantengano la propria promessa: portare subito in Parlamento la moratoria sui lavori in attesa dello svolgimento della Seconda Conferenza sulle servitù militari e chiedere la desecretazione degli accordi militari bilaterali.
Questo, ad oggi, non è avvenuto: abbiamo già visto il Governo promettere di ascoltare la comunità vicentina e poi tradirla: c’è qualcuno che vuol seguire il solco tracciato da Prodi? Non portare subito in Parlamento la moratoria, infatti, significa comportarsi nello stesso modo del Presidente del Consiglio che, dopo aver promesso di voler considerare la vicenda alla luce della volontà della comunità locale, dichiarò dall’estero di non opporsi alle richieste statunitensi svendendo la nostra città.
 
Lo scorso 17 febbraio, insieme, abbiamo dimostrato quanto grande è il movimento che vuol battersi contro la guerra e la militarizzazione del territorio, per la difesa della terra e la costruzione di nuove pratiche di democrazia; ma Vicenza, da sola, è insufficiente a sostenere questa lotta che, pure, accomuna gran parte della popolazione locale: Vicenza è solo un villaggio nella grande comunità che crede in un altro mondo possibile. Abbiamo bisogno, ancora una volta, della vostra condivisione, della vostra partecipazione, della vostra solidarietà.
 
Abbiamo convocato, a dicembre, una tre giorni europea di confronto, contaminazione, approfondimento; vogliamo allargare i nostri orizzonti, conoscere nuove comunità, condividere altre lotte. Ma vogliamo, anche, dimostrare che la vicenda del Dal Molin è ancora aperta: per questo il 15 dicembre un grande corteo attraverserà le strade della nostra città. Abbiamo sempre detto che “se si sogna da soli è solo un sogno, se si sogna insieme è la realtà che comincia”: vi chiediamo di condividere il nostro sogno, ancora una volta, perché una terra senza basi di guerra possa diventare realtà.
 
Se non ora, quando? Vicenza chiama, ancora una volta: e noi siamo sicuri che risponderete in tanti. Perché Vicenza vive già al di fuori dei suoi confini.


Perchè Dario Fo sia un genio compreso (Grazia Gargantua, Lara e Francy!)

Dario Fo: una personalità che coniuga leggerezza e profondità con umanità e talento, rara intelligenza e sensibilità con una creatività geniale, arricchita da una formidabile forza artistica e comunicativa.
Duole costatare la scarsa attenzione che le Istituzioni del nostro Paese hanno sempre rivolto a una tale personalità di indiscussa e assoluta eccellenza.
Attenzioni e riconoscimenti alle straordinarie qualità umane, creative e artistiche di Dario Fo sono invece giunti abbondantemente dall’estero:
Premio Nobel per la letteratura 1997;
Settimo posto nella classifica pubblicata dal Daily Telegraph fra i cento geni viventi (unico Italiano), secondo i parametri di popolarità, cultura, potere intellettuale, realizzazione professionale e capacità di impatto e innovazione in un determinato settore;
Premio Sonning conferitogli dall'Università di Copenaghen;
Premio Obie- Oscar del teatro Off di Broadway;
Laurea ad honorem in lettere conferitagli dall`Università di Westminster (Regno Unito);
Diploma conferitogli da L`école Askeby di Rinkeby, Stoccolma (Svezia) per la sua creatività e la gioia di vivere che con il suo teatro trasmette;
Premio Molière- Oscar del teatro francese, per la sua opera di drammaturgo e attore di teatro;
Riconoscimento dalla città di Montpelleir;
Laurea Honoris Causa dall'Università di Bruxelles;
Titolo di Membro Onorario dell'Accademia di Arti e Scienze del Massachusetts;
Laurea Honoris Causa dalla Sorbonne Nouvelle Paris III.
Riconoscimenti al valore del suo lavoro sono arrivati parimenti dal pubblico di tutti i Paesi dove sono rappresentate le sue opere (solo per citarne alcuni: Argentina, Armenia, Australia, Brasile, Bielorussia, Colombia, Cile, Danimarca, Georgia, Sri Lanka, USA, Uruguay, Yemen): Dario Fo, insieme a Franca Rame, è l'autore vivente più rappresentato al mondo.
Questo sta ad indicare chiaramente l’universalità di un linguaggio comunicativo che sa raggiungere l’umanità più varia, toccando temi che coinvolgono l’essere ad ogni latitudine.
Non facciamo che questo Paese mostri di non accorgersi dell’inestimabile valore che una personalità come Dario Fo rappresenta per l’arte, per il teatro, per la cultura. E, non ultimo, per l’impegno umano e sociale dimostrato da tutta la vita: fondazione del Comitato Nobel per i disabili, "Miracolo a Milano", "Palazzina Liberty", "Soccorso Rosso", impegno sul problema della manipolazione genetica, promozione del referendum "Aria Pulita", difesa dei più deboli e dei diritti fondamentali dell'uomo.
Essere connazionali di uomini come Dario è una fortuna e dovrebbe essere fonte di orgoglio per tutti.
Per questo proponiamo che si faccia richiesta al Presidente Napolitano affinché non trascuri l'occasione per rendere merito a questo nostro genio, ed allo stesso tempo al Paese. Mostreremmo a noi stessi e al mondo che sappiamo riconoscere i nostri aspetti migliori.


COSA ROSSA, LITIGI TECHNICOLOR

 
 
In grande stile americano, all’alba del matrimonio,con contratto prematrimoniale già siglato, scoppia la lite. Non è un’amante bionda la causa dell’alterco, ma i vessilli ed il protocollo welfare.
 
Il matrimonio tra Verdi, Pdci, Prc e Sd si dimostra sempre più complesso: tra le richieste di rottamazione della falce e martello, ed i richiami simbolici alla componente ambientalista, rimane sullo sfondo la vera lacerazione tra i nubendi: il voto alla Camera sul welfare. Non è piaciuto infatti il comportamento dei Comunisti Italiani, che al momento del voto definitivo ha visto 15 deputati su 17 votare contro il protocollo, che certo non è andato giù neppure agli altri, ma pur di garantire coesione all’interno della maggioranza , seppur con molte riserve, avevano espresso invece parere favorevole.
Al Senato il testo sarà discusso la prossima settimana in Commissione Lavoro (che vede Franca neo-membro, dopo aver lasciato la Commissione Lavori Pubblici), per poi arrivare in Aula la settimana successiva. Qui ci si aspetta uno scenario diverso essendo la maggioranza – inutile ricordarlo – molto risicata. Inoltre, mentre a Montecitorio il conflitto è spostato a sinistra, a Palazzo Madama, la “battaglia” si gioca al centro: con Dini e suoi, le incognite Manzione e Bordon, ci si aspetta momenti di alta tensione. Sempre in tema, si vocifera di un interesse da parte del Ministro di Pietro per la “cosa bianca”.
Le polemiche verso il governo invece, arrivano da tutti i fronti: un fuoco incrociato di critiche che arrivano dagli oltranzisti di sinistra “alla fine delle discussioni poi tutti chinano la testa e votano si!”; dalla sinistra di governo che reclama: “ il governo è tenuto in scacco da Dini”,  e pure dal centro “ci riserviamo mani libere”. Una rulette russa, dove prima o poi qualcuno lascerà le penne.
 
Rimangono tuttavia, dei punti imprescindibili: una riforma dello stato sociale deve essere fatta, anche per evitare l’entrata in vigore della riforma Maroni, ma soprattutto per venire incontro ad un Paese che ha sempre più pensioni da pagare e sempre meno contributi in ingresso, a causa del precariato (lavoro flessibile?). Il risultato scontenterà un po’ tutti: le contrattazioni tra le 15 anime della maggioranza saranno estenuanti, ma portando tutte a casa un piccolo risultato, garantiranno a sé stesse la possibilità (e la giustificazione) di continuare a mantenere in vita questo governo Prodi.
 
Con una buona dose di realismo, possiamo concludere: è necessario modificare l’esistente, possibilmente senza mettere a rischio il governo. Riusciranno i nostri prodi?
 
 
Un riassunto tratto dal sito del Sole 24 ore, delle misure previste dal protocollo:
Nel maxiemendamento che ha ottenuto la fiducia sono due le soppressioni principali rispetto al testo varato dalla commissione Lavoro: è stata soppressa la possibilità di conversione del rapporto di apprendistato, in corso d'opera, in rapporto a tempo indeterminato. È saltato anche il meccanismo di adeguamento sistematico e periodico degli indennizzi per danno biologico erogati dall'Inail, bocciato dalla commissione Bilancio della Camera per mancanza di copertura. Ecco, nel dettaglio, le principali novità.
Casalinghe. Per i destinatari del Fondo per le casalinghe possibilità di effettuare contribuzioni saltuarie e non fisse, anche se non iscritti al Fondo.
Congedi parentali. Prevista la revisione della normativa sui congedi parentali, con particolare attenzione all'estensione della durata dei congedi e all'incremento dell'indennità, con lo scopo di incentivarne l'utilizzo.
Contratti a termine. Superati i 36 mesi di contratti a termine, comprese proroghe e rinnovi, il contratto si considera a tempo indeterminato. In deroga è possibile una sola proroga, a condizione che la stipula avvenga presso la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l'assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro stabiliscono con avvisi comuni la durata dell'ulteriore contratto. Soppresso il tetto di 8 mesi, dunque, all'unica proroga concessa, che era stato introdotto nel corso dell'iter parlamentare dalla commissione Lavoro.
Contratto di inserimento. Nell'esercizio della delega in materia di mercato del lavoro il Governo nel ridefinire la disciplina dei contratti di inserimento dovrà tener conto dei divieti di discriminazione per sesso ed età
Lavori usuranti. È stata introdotta nuovamente, dopo la cancellazione da parte della commissione Lavoro della Camera, per la definizione di lavoratore notturno, il riferimento al Dlgs 66/2003, che era presente nel testo varato dal Governo. Il Dlgs n. 66 prevede che sia considerato lavoratore notturno: a) qualsiasi lavoratore che durante la notte svolga almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale; b) qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dalla contrattazione collettiva. In difetto di disciplina da parte della contrattazione collettiva è considerato lavoratore notturno che svolge lavoro notturno per minimo 80 giorni lavorativi l'anno. Il limite è riproporzionato in caso di part time.
Maternità a rischio per le iscritte alla gestione separata. Ampliata l'estensione alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata Inps, non iscritte ad altre forme pensionistiche obbligatorie, della tutela prevista per le lavoratrici dipendenti: si prevede, infatti, anche l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 7 del Dlgs 151/2001, che dispone il divieto di adibire le lavoratrici al trasporto e al sollevamento pesi, ai lavori pericolosi, faticosi e insalubri, con spostamento della lavoratrice ad altre mansioni.
Occupazione femminile e telelavoro. Il Governo è delegato ad adottare entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 159 un riordino della normativa in materia di occupazione femminile, con norme per favorire la conciliazione fra lavoro e vita familiare e a favorire l'aumento dell'occupazione femminile. Delega al Governo anche per la revisione dei congedi parentali, con particolare riferimento all'estensione della durata e all'incremento dell'indennità, per incentivarne l'utilizzo. Previsione di azioni per agevolare l'accesso e il rientro nel mercato del lavoro delle donne, anche tramite formazione professionale mirata. Definizione degli adempimenti dei datori di lavoro in materia di attenzione di genere. Rafforzamento del part time e del telelavoro.
Part time. Si allunga a 5 giorni lavorativi il preavviso in favore del lavoratore in caso di utilizzo da parte del datore delle clausole flessibili. Diritto alla trasformazione del rapporto a tempo pieno in part time per i lavoratori affetti da patologie oncologiche. Priorità nella trasformazione dei contratti da tempo pieno a part time nei casi di necessità di assistenza quotidiana al coniuge, ai figli o ai genitori affetti da patologia oncologica grave, con necessità di assistenza quotidiana o per i genitori lavoratori con figlio convivente di età non superiore a 13 anni o con figlio portatore di handicap. Diritto di precedenza per il lavoratore che abbia trasformato il rapporto di lavoro da tempo pieno a part time, nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l'espletamento delle stesse mansioni o equivalenti.
Pensioni contributive. I nuovi criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione per le pensioni contributive dovranno proporre meccanismi di solidarietà e garanzia per tutti i percorsi lavorativi.
Prestazioni discontinue nel settore del turismo e dello spettacolo. Per contrastare il lavoro irregolare o sommerso viene istituita una disciplina relativa alle prestazioni di carattere discontinuo nel settore del turismo e dello spettacolo. Si potranno, dunque, instaurare specifici rapporti di lavoro per lo svolgimento del lavoro nel fine settimana, nelle festività, nei periodi di vacanze scolastiche e ulteriori casi, come il lavoro extra e di surroga (speciali servizi di durata non superiore a 3 giorni).
Somministrazione di lavoro a tempo indeterminato. Viene abolito, con emendamento della commissione Lavoro entrato nel maximendamento, il contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato.
Tasso di occupazione. Tra gli obiettivi del Governo nell'ambito della delega in materia di mercato del lavoro quello di migliorare il tasso di occupazione delle donne, dei giovani e degli over 50.
 


INTERVENTO DI FRANCA RAME SUL DECRETO SICUREZZA

Una donna, Francesca Reggiani, è stata violentata e uccisa a Roma. L’omicida è sicuramente un uomo, forse un rumeno. 
Il giorno precedente, sempre a Roma, una donna rumena è stata  violentata e ridotta in fin di vita da un uomo.
Due vittime con pari dignità?
La stampa internazionale, a sèguito dell’emanazione del decreto SULLA SICUREZZA è uscita con titoli allarmistici:
Liberation: Rumeni cacciati dall’Italia: il decreto di espulsione adottato con urgenza, per calmare le polemiche dopo l’assassinio di Francesca Reggiani. 
Su L’Independent, foto con alcuni Rom cacciati da Roma e un grande titolo: “Espulsi! Banditi!”.  Stiamo entrando in una nuova era di intolleranza in Europa?  Financial times: l’Italia espelle i rumeni.
Le Monde: Romfobia.
Odio e sospetto alimentano giudizi assai facili:
Da stranieri a rumeni, da rumeni a rom, da rom a ladri, assassini o molestatori, il passo è breve.  
Omicidi e reati sono, oggi, ai livelli più bassi degli ultimi vent’anni, mentre sono in forte crescita i reati commessi in famiglia o per ragioni passionali.
il rapporto Eures-Ansa 2005, L'omicidio volontario in Italia e l’indagine Istat 2007 dicono che un omicidio su quattro avviene in casa;
sette volte su dieci la vittima è una donna;
più di un terzo delle donne dai 14 anni in su ha subito violenza nel corso della propria vita, e il responsabile, sette volte su dieci è il padre, il marito o il convivente: “la famiglia uccide più della mafia, le strade sono spesso molto meno a rischio-stupro delle camere da letto”. Come scrive Ida Dominijanni sul manifesto: “l’assassino ha spesso le chiavi di casa”.
L’adesione della Romania all’UE ha suscitato molte inquietudini in Europa occidentale, buona parte dei rumeni emigrati si sono trasferiti in Spagna e in Italia, sono arrivate 537.000 persone delle minoranze Rom, Tzigana e Sinti.
Secondo i leader della comunità rom, un milione e mezzo di persone sono emigrate per fuggire alla discriminazione subita in patria. Certo in Italia si trovano a vivere di espedienti che a volte finiscono per diventare azioni criminose, ed è dunque giusto che il Governo abbia per obiettivo la sicurezza della cittadinanza e per queste è doveroso porre rimedio con il totale rispetto delle norme vigenti.
Ma non dimentichiamo che la colpevolizzazione di un’etnia è stata storicamente il primo passo per giustificare un genocidio, e che  la sicurezza è garantita dalla cultura della legalità e dalla certezza del diritto e della pena, senza però negare accoglienza, solidarietà e tutela dei diritti umani.


Sabina Guzzanti scrive a Petruccioli

Cari Amici,

qualche giorno fa Claudio Petruccioli ha scritto a Sabina Guzzanti una lettera, in risposta alle sue dichiarazioni su Annozero, riguardanti l'editto bulgaro e il ruolo che allora rivestiva quale  presidente della vigilanza RAI.

Mi fa molto piacere pubblicare la risposta della mia bravissima amica Sabina.

 

 Caro Petruccioli,
 
innanzi tutto grazie per avermi scritto, perché dopo tutto quello che è successo questo è il primo segnale che arriva dalla Rai da quel 16 novembre 2003 in cui il mio programma è stato soppresso per ragioni politiche. E’ una strana coincidenza che questa sua lettera arrivi proprio il giorno in cui sono state pubblicate le intercettazioni telefoniche che confermano quello che già sapevamo e di cui si parlava in Raiot. Lo sa che avevo registrato anche una parodia della Bergamini sull’ingerenza di mediaset in rai che ho poi tagliato pensando che potesse essere esagerata? E’ proprio vero che la satira non riesce mai per quanto “cattiva” a rappresentare il livello di perversione di chi è al potere.
 
Per quanto riguarda le sue contestazioni al mio intervento da Santoro, capisco la sua frustrazione nell’essere annoverato tra i corresponsabili delle censure brutali che tutti noi abbiamo subito sotto Berlusconi, ma purtroppo lei era Presidente della vigilanza e qualche responsabilità purtroppo le tocca.
Lei attribuisce il fatto che io l’abbia inclusa nell’elenco dei complici di quelle censure a un inspiegabile fortissima antipatia che avrei nei suoi confronti. Perché dovrei odiarla infatti? Ci siamo mai frequentati? Mi ha mai rovesciato addosso del caffé bollente? E’ mai stato ospite a casa mia e fracassato il servizio di piatti di mia nonna? Mi è mai passato davanti alla fila della posta? Mi ha mai superato a sinistra facendo le corna? Non ci sono né questi, né altri motivi di antipatia possibili che io possa avere per lei. Ci siamo incontrati in una sola occasione: quando lei convocò me e Terenzio, il produttore del programma, per ascoltare le nostre ragioni a seguito della sospensione del programma Raiot. In quell’occasione lei disse che il programma non era di suo gradimento, ma che si trattava di una censura politica e che non avrebbe mai permesso che sotto la sua presidenza si consumasse un simile abuso. Piuttosto avrebbe dato le dimissioni. Poi l’abuso si è consumato e le dimissioni lei non le ha date. Né ha fatto nessun gesto adeguato alle circostanze come portare il caso ai presidenti delle Camere, come suggeriva ad esempio l’on. Giulietti. Ha fatto dei discorsi, sia per il mio caso che per quelli di Biagi, Santoro e gli altri. E questi discorsi me li ha mandati gentilmente insieme alla sua lettera. Ebbene io come tanti altri, non riteniamo che fare dei discorsi sia stato un gesto adeguato alle circostanze. Questo è il motivo del dissenso, non l’antipatia.
 
Lei dice che aveva le mani legate dal momento che è stato sottoscritto un accordo tra la produzione e Cattaneo. Ma l’accordo è stato firmato pochi giorni prima che il contratto scadesse e quando era ormai chiaro che nessuno avrebbe fatto nulla. Le proposte che arrivavano dalla Rai erano assolutamente inaccettabili e implicavano una sottomissione alla censura costante. Registrare, fare visionare, aspettare di sapere SE il mio lavoro poteva andare in onda. Lei questo lo sapeva. Sapeva pure che la produzione se non avesse firmato sarebbe risultata inadempiente nei confronti della Rai e oltre al danno subito avrebbe dovuto pagare probabilmente una penale. Sapeva pure che quell’accordo io non l’ho mai firmato e che quindi non c’era nessun consenso da parte mia a quella soluzione.
 
Quando poi è diventato Presidente della Rai ha forse voluto dare un segnale di cambiamento forte rispetto a quanto era accaduto? Si vanta del fatto che Biagi e Santoro siano tornati, ma Santoro è in tv solo e soltanto grazie alle sentenze dei tribunali e Biagi, che tutti sapevamo in fin di vita, è tornato alle 23.30 su Rai 3, perché non voleva avere a che fare con i suoi persecutori, tutti rimasti impuniti e contenti su Rai1. Luttazzi è sulla 7 e per quanto mi riguarda la lettera che mi ha scritto è l’unico segnale che abbia ricevuto dalla Rai da quattro anni a questa parte, nonostante il tribunale mi abbia dato ragione, nonostante lo scandalo condannato da tutto il mondo. Se come si evince dai suoi interventi in parlamento, lei è nemico della censura, come mai non sono tornata in tv?
 Domanda semplice, probabilmente demagogica, populista, volta a istigare il terrorismo e la violenza negli stadi, domanda antipolitica, qualunquista, prodotta da una mente manichea, che parla solo alla pancia della gente, allo scopo di convogliare lo scontento popolare che non riesce a esprimersi per mancanza di mezzi culturali, se non nel linciaggio pubblico di capri espiatori che vengono presi di mira a casaccio, a capriccio di quei due o tre capipopolo pericolosissimi che con le loro capacità istrioniche si sono conquistati la fiducia delle masse che poi masse non sono perché la maggioranza della gente se ne sta zitta a casa e sono loro quelli che stanno zitti i veri interlocutori della politica, quelli i cui interessi vanno difesi.
Come mai nessuno di quelli che hanno alzato la testa è tornato al suo posto? Nemmeno Daniela Tagliafico, per dire, che dopo avere dato le dimissioni non ha detto una parola, non ha partecipato a una manifestazione, come mai non è tornata al Tg1, ne sa qualcosa lei?
 
In un regime di democrazia non si fanno compromessi con la censura e se si fanno non sono di questa portata e se vengono scoperti si chiede scusa e si pone rimedio.
 
Io credo che lei tenga moltissimo a questo suo incarico che forse coincide con il sogno della sua vita. Un compito che la fa sentire utile e soddisfatto. Credo che lei percepisca le mie parole come parte di un complotto per sottrarle quello che da anni ha faticosamente costruito.
Magari si domanda chi mi manda, per conto di chi agisco.
Probabilmente pensa che fa questo lavoro meglio di quanto non l’abbiano fatto altri e pensa che anche questa idea che i politici debbano smettere di controllare la televisione venga tirata in ballo per fare fuori lei, che tra l’altro questa cosa la dice da tanto tempo. Che lei rischia d’essere uno dei pochi fessi che vengono tirati in ballo, ma che venderà cara la pelle.
Vede che mi so mettere nei suoi panni, che è uno sforzo che riesco a fare. Che ne direbbe di fare un passo successivo, in nome del dialogo e di quello che la politica dovrebbe essere? Non vede ad esempio che questi argomenti che mi sono permessa di attribuirle anche perché in parte sono proprio i suoi, sono gli argomenti di tutti quelli nella sua posizione? Che chiunque venga criticato, inquisito, colto in fallo, si difende in questo modo? Può essere anche una difesa che ha le sue ragioni, ma d’altra parte se nessuno può essere chiamato a rispondere delle sue azioni, come si esce da questo pantano?
 
Quelli come me che non hanno niente da perdere e hanno un po’ di potere sono pochi, pochi. Non credo che si debba sentire minacciato da mezza parola di verità in un mondo in cui la verità proprio non conta.
D’altra parte un posto come il suo è difficile da conservare comunque. Se per caso decidesse di operare nel rispetto dei principi che tutti a chiacchiere condividiamo, le do la mia parola che spenderei tutte le mie parole, per farle i complimenti e celebrarla in ogni occasione. Nessun pregiudizio nessuna antipatia, anzi come ho avuto modo di dire più volte a proposito della sua intervista in Viva Zapatero!, lei nel su genere, mi sembra un uomo molto buffo, anche se vedo bene che possa essere all’occorrenza sleale e cattivo.
 
 
Mi scrive che intende pubblicizzare la sua lettera, se non ha nulla in contrario la pubblicherei intanto sul mio blog.

università foggia convegno su comunicazione politica in internet

 
 
Negli anni 90 ero affascinata dal computer… guardavo con grande invidia i miei collaboratori che facevano, a mio avviso, cose miracolose. Quando dicevo loro:
“mi piacerebbe imparare a usare il computer” mi sentivo immancabilmente rispondere:“lascia perdere,non è roba per te.” Ma perché non è roba per me, pensavo, avvilita. So scrivere a macchina. E’ così difficile il computer? Forse sono troppo vecchia…e tiravo un gran sospiro. A natale del 94 mi trovavo da Jacopo, mi sono sfogata con lui sul “non è roba per te”. S’è fatto una gran risata: “non ti conoscono, mamma!”
-è un mio entusiasta estimatore-
Ecco, si fa così…” a poco a poco ho scoperto un sacco di cose. Da sola. Stavo sempre al computer, mi alzavo alle 6 e via che lavoravo.
Preparavo le nostre commedie per Einaudi. Battevo gli articoli di Dario, rispondevo alle e mail.
Ridevo felice dalla mattina alla sera. Ero come pazza! Avevo un Mac a cui ero molto grata. Tanto che quando l’accendevo, avevo registrato la mia voce che gli sussurrava “amore”… Dario mi prendeva in giro, ma sotto sotto, era molto orgoglioso di me, tanto da dedicarmi un monologo “amore al computer!” tutto da ridere che ho recitato più volte. Ricordo che durante l’estate venne ospite da noi Stefano Benni. Mi osservava con l’espressione di uno che non capisce perché stessi al computer per ore… “ma tu Stefano, non usi il computer?” “Sei pazza! Non lo userò mai. Sto bene con la mia lettera 21…” “Sei tu, pazzo. Non sai che ti perdi! Ad esempio, quando correggi o riscrivi un pezzo, con la tua lettera 21, l’originale se è perso. Col computer no: tagli, incolli, correggi senza perdere il primo scritto. Siedi che facciamo una prova.” Da quel giorno ha scoperto e usato sempre il computer. Così, Luca Goldoni, un amico giornalista del Corriere della sera.
1995.
Dopo questo primo approccio mi sono avvicinata a internet.  
“Entusiasta” è dire poco.
Chiedo a un amico professionista: “Cosa mi viene a costare mettere su internet mistero buffo, le varie stesura, foto, articoli, corrispondenza ecc. Fammi un preventivo”
“Ora i costi sono troppo alti, aspetta qualche anno, vedrai che scendono.” mi risponde.
1997
nel 97, all’alba dei 68 anni, decido di iniziare quella che si sarebbe dimostrata un’esperienza davvero interessantissima: tutto il mio archivio cartaceo deve andare su internet!
Ho assunto dodici collaboratori qualificati, ai quali ho illustrato il mio progetto. Mi ascoltavano interessati, ma quando ho mostrato loro le varie stanze con enormi armadi che contenevano la documentazione di tutta la nostra vita, circa 500 faldoni… mi guardavano allibiti e preoccupati “è pazza!”   certamente pensavano.
invece io, mi sentivo tranquilla, determinata. Ce la devo fare.  Ce la farò. ok. sapevo che non sarebbe stato uno scherzo. sin da giovanissima ho sempre conservato tutto… da sposata altrettanto. Archiviavo quello che   riguardava il nostro lavoro: manoscritti di Dario, le varie stesure delle opere teatrali, manifesti,volantini, fotografie, recensioni, corrispondenza. lotte operaie sostenute con l’incasso dei nostri spettacoli, oltre 1.000 Insomma, tutto ciò che via via si   produceva nella nostra vita, un mare di documenti… una pazzia! Ma con tutto scrupolosamente catalogato nel mio archivio cartaceo, il lavoro più importante era fatto. Ora bisognava prepararlo per il volo nel cielo del mondo. Digitalizzarlo. Coraggio!
Come ci si muoveva?
Sceglievo in ordine di data, tutto ciò che sarebbe finito sul sito. Con un database appositamente creato, abbiamo digitalizzati la miriade di documenti con gli scanner, e alla fine del 2001 abbiamo trasferire sulla rete i primi file.
Man mano che si inserivano i vari documenti, avevamo l’impressione di star costruendo una cattedrale con le navate, le spinte e le contro spinte delle arcate! Jacopo e sua moglie, la bellissima e creativa Eleonora mi hanno dato una mano.
Il progetto ha ricevuto molta attenzione al nostro gruppo di lavoro si sono aggiunti stagisti e tesisti italiani e stranieri, interessati alla costruzione del sito e alla sua evoluzione.
Ci sono voluti 5 anni per mettere tutto on line. Negli anni a seguire il sito e’ continuato a crescere, grazie ad una preziosissima amica collaboratrice   di quei primi tempi, Silvia Varale, che ogni giorno, fotografa, digitalizza, premi, nuovi testi, ecc. Le sono molto grata di aver creduto fosse possibile quella follia.
Se ne e’ occupata anche la stampa italiana e straniera, definendolo uno dei più grandi archivi gratuiti, disponibili in rete.
Dopo il sito, diventata senatrice ho aperto il blog. Un’esperienza fantastica!
La comunicazione dei media tradizionali è unidirezionale, mentre il blog dà la possibilità di interagìre: nei due anni trascorsi, attorno al blog francarame.it si è creato un nucleo di persone “attive”.
Non solo leggono i contenuti, ma commentano, postano le loro osservazioni, danno consigli, fanno denunce. La sera si collegano con skype, discutono sugli avvenimenti della giornata… e nasce l’amicizia.
In occasione di manifestazioni politiche importanti come quella di Vicenza, o più recentemente il 20 ottobre a Roma in appoggio ai precari, questo gruppo ha deciso, autonomamente, di parteciparvi, lasciando la “veste virtuale”. Quando me li sono trovati davanti la prima volta, mi sono emozionata, ho sentito l’amicizia… anzi la fratellanza.     
il fatto va evidenziato per mostrare la potenzialità di un “luogo virtuale” che diventa fonte di aggregazione come sarebbe stata un tempo un’associazione o una sede di un partito. il paragone non è privo di fondamento, credetemi. Pensate un po’ alle manifestazioni che riesce ad organizzare Beppe Grillo col suo blog.
In concomitanza di momenti politici tesi, ad esempio il rifinanziamento delle missioni all’estero, il blog è diventato un vero “termometro politico” per me.
Fin da ragazzi, Dario ed io, siamo sempre stati contro tutte le guerre. (vietnam) Quando mi sono trovata, da senatrice, a dover votare per il mantenimento delle missioni “DI PACE” ALL’ESTERO, ho vissuto momenti di grande sconforto e angoscia.
Mi venivano davanti agli occhi le migliaia di ragazzi, che salvo eccezioni, non si arruolavano per sete di avventura ma in quanto, “il militare” rappresentava un lavoro che permetteva loro di metter su casa e famiglia… e subito il mio pensiero veniva squassato dalle migliai di soldati americani morti in Iraq e Afghanistan, alle stragi di cittadini innocenti.
Giorno e notte la domanda era la stessa: voto si o voto no? Mi astengo? Accordo o meno la fiducia a un governo così distante dalle mie scelte politiche? Con quali conseguenze? Mi dimetto? Ho quindi deciso di porre queste stesse domande sul blog, con un vero e proprio sondaggio.
Dopo un mese di consultazioni, oltre 3000 blogger mi chiedevano di restare: “Che sogno stai facendo? Ti abbiamo mandato noi in senato. Cosa vuoi, far cadere il governo?”.
Solo un centinaio mi incitavano ad andarmene. Si è trattato di un momento di vera partecipazione… fantastico!
Durante la finanziaria, l’indulto, nel 2006 ho notato l’aumento del numero di presenze e commenti, anche di chiaro dissenso con insulti anche pesanti, minacce palesemente proveniente da destra, tanto da dover fare più di una denuncia alla magistratura.
il mio blog, credo come quello di molti altri, è diventato ricettore delle molte perplessità e dubbi dei cittadini, nei confronti di questo governo.
Anche recentemente, nei dieci giorni di discussione della finanziaria, le visite e i commenti sono aumentati: chi in sostegno delle mie scelte, chi criticandole. Ho risposto, nel limite del possibile a tutti perché ho ritenuto fondamentale, sia per rendere conto del mio operato in una fase così delicata, sia per fornire un’immagine di quanto accade dentro l’aula, anche pubblicando porzioni di resoconti stenografici, cioè insistendo su quanto sfugge ai media tradizionali.
Mi affascina la comunicazione diretta: il blog è un nuovo straordinario spazio di contatto. Quante volte tornando a casa la sera, non sempre felice, mi siedo al computer e parlo con i miei amici. mi si alza il morale. Mi sento intorno una grande famiglia.
E’ anche accaduto che le segnalazioni fatte da cittadini diventassero atti di sindacato ispettivo, come nel caso di Taranto e le grandi quantità di diossina immesse dall’ilva, tanto da causare in molti bambini la sindrome del fumatore incallito. O ancora il caso di giuseppe, un bimbo di Firenze ingiustamente allontanato dalla famiglia.
La gente legge, commenta, copia e incolla e fa circolare idee, i dubbi, le storie belle e le situazioni tragiche.
In una societa’ tendente alla disinformazione e al vuoto di conoscenza, il computer e’ davvero una macchina insostituibile di pronto soccorso.
il mio blog non contiene solo l’attività politica, ma raccoglie anche mie riflessioni più personali, stati d’animo, il diario del mio primo anno in senato… (tra poco arriverà anche il secondo).
La campagna in difesa delle vittime dell’uranio impoverito. Abbiamo anche aperto una sottoscrizionee aiutato molte famiglie in difficoltà, completamente abbandonate dallo stato. Articoli di giornale che segnalo o riporto integralmente, articoli e brani teatrali di Dario e miei, lettere ricevute, appelli… sprattutto c’è spazio per i temi politici degli altri!
Qual è la necessità che mi spinge quotidianamente a relazionarmi con i bloggers?
Il desiderio di trasparenza, nei confronti degli elettori che mi hanno chiamata a rappresentarli. In questo senso, il blog è una finestra aperta per l’esercizio del controllo democratico, che i media convenzionali non ti consentono.
Non avendo io un partito di riferimento, né un ufficio di collegio in Piemonte, tenere le orecchie tese non è sufficiente per cogliere le molte osservazioni, proposte, ecc. quindi mi servo del blog.
   il blog che sto gestendo è senz’altro “artigianale” nella forma: non è stato affidato ad esperti di comunicazione per renderlo più appetibile.
   Al contrario, direi che è un po’ ostico nella ricerca dei contenuti! Questo produce una sorta di selezione: gli utenti che resistono al disordine e che sono disposti a più di due click per raggiungere un contenuto, rimangono affezionati e fedeli più a lungo!
il computer è la più grande invenzione degli ultimi secoli che ha capovolto completamente il concetto di comunicazione e il modo di inquadrare la memoria.
Anzi è una memoria aggiunta al nostro cervello, oggi indispensabile, come una specie di protesi.
Il computer, come tutte le grandi invenzioni va usato con cosciente controllo, altrimenti succede come a quei ragazzini che si perdono in una strana estasi paradossale dentro la macchina… che di fatto diventa la loro padrona… meglio, la padrona del loro cervello e della loro volontà.

 
amore al computer
di Dario fo
 
sto delle ore davanti al computer, mi distendo, mi diverto da morire, ci parlo, ci litigo. sono arrivato a prenderlo a male parole... perfino a calci. anche perché ogni tanto mi fa degli scherzi, mi ritrovo registrate frasi, parole che non ho affatto scritto...
e' autonomo, prepotente e bugiardo... non ammette mai di aver barato, manomesso.
ed é pure permaloso... se non mi rivolgo a lui con sufficiente cortesia, se brutalmente gli ordino di correggermi certe parole o di indicarmi l'espressione corretta... spesso mi riferisce varianti appositamente sbagliate... inesistenti!
Dario mi sfotte: "sei una fanatica! con quell'aggeggio vai via di testa. ho il sospetto che col computer tu ci faccia anche l'amore.
in verità il fanatico fissato, credo sia lui... lo odia. sì, odia il mio computer, é geloso. già ha sempre avuto una specie di idiosincrasia per tutto quello che é meccanico, figurati per l'elettronica.
temo che me lo voglia rompere. ad ogni buon conto ho nascosto tutti i martelli, il pestacotolette e anche la mezzaluna.
spaccarmi il mio computer... assassino
accende il computer.
ma cosa ti ha fatto di male. creatura indifesa. e' così simpatico, (schiaccia alcuni tasti) generoso, disponibile. d'accordo, ha qualche difetto, ma nessuno é perfetto!
ecco per esempio, adesso non mi vuol passere gli appunti di ieri. eh, non fare scherzi, il codice é giusto, la data é esatta... cosa mi dici "inesistente" dai i numeri? ripeto: appunti su sequenza dialogo immaginativo con mia madre...
madre - inesistente - "no mater!" - non c'é la madre? non ho avuto madre io? ma tu non l'hai mai avuta? figlio di una calcolatrice automatica e d'un frigo! dai, non farmi scherzi, tirala fuori, dove hai nascosto mia madre?
e' uscita? 
spiritoso... dai sbrigati
voglio le coccole?
cos'é questo? che capitolo é... non l'ho mai scritto. non é roba mia.
e' tua? ma come ti permetti di inserire i tuoi discorsi... di programmare... come? ripeti? sei tu che vuoi le coccole? da chi? da me?
a questa é bella! e va bene eccoti una carezza... vuoi anche un gemito? batte ripetutamente su un tasto "aaahhh!" ti fa solletico? (squittisce) basta! d'accordo. adesso torniamo seri. dammi mia madre. "amore?" comincia così il pezzo? no? sei tu che dici "amore"?
ehi dico, vacci piano... non ti pare di esagerare. "vuoi fare l'amore? e con chi? con me? (batte di continuo sulla tastiera)
no ti prego adesso basta. non é che sto andando fuori di testa?
avanti ritorna a fare la macchina giudiziosa e corretta (ribatte perentoria).
eh no eh? ora stai andando sul pesante. ma come ti permetti, guarda che chiamo mio marito. (ad alta voce) aiuto! per favore non c'é nessuno! il computer mi fa delle avances... ah, adesso chiedi scusa..!!
giura che non lo fai più! promesso? cosa? lo rifai? ma sei d'uno sfacciato. chi ti ha programmato a te. un ingegnere sozzone? sì, ti sei fatto da solo! buona questa.
ad ogni modo a 'sto punto piantala se no ti spengo... stacco la spina. (squittii e gemiti). ma no scherzavo... guarda che schermo pallido ti é venuto.
d'accordo... ti lascio acceso... facciamo la pace. (suoni strani).
a questa poi, ma sono una signora. sì, d'accordo mi sei simpatico... diciamo che ho anche dell'affetto per te... ma arrivare al punto... ma cosa vuol dire ti amo? amo un computer? ma cerca di ragionare... no! ho detto!! su certi discorsi non ci sto. ma che razza di dischetto hai dentro...
penetrare? vuoi... penetrare chi? me?! eh no! adesso ti spengo davvero... (schiaccia il tasto) non si spegne? che succede? guarda strappo la spina... (ha una reazione tra il tragico e il grottesco. un tremore). dio! che c'é? la scossa? mi vuoi fulminare. ehi, chiamalo fremito passionale. ma tu sei fuori di testa. no, eh, (batte i tasti lentamente con scatti improvvisi) ti prego... ma che figura mi fai fare? se entra qualcuno... e ci sente e ci vede dialogare in questo modo... a me mi portano al neurodeliri... a te ti sfasciano... anzi con i tempi che corrono... ci mettono tutti e due su una catasta di legno e la pivetti ci da fuoco.
ehi, cosa mi succede alle dita? accidenti son come incollata ai tasti...
lasciami andare le dita o ti prendo a calci! sì, il fluido! "tel chi il fluido!" oddio! no! ma che fai... é proprio un fluido... basta... smettila o grido. aiuto!! 'sto bastardo... mi sta facendo... si sta approfittando... no! ho detto non mi va... ti prego... fino adesso si stava scherzando... ma...
ehi! dico?! cos'é 'sto senso di umido al collo? mi baci?! sul collo?!
sì; sì, non dico é piacevole. ma come é possibile. oddio sto impazzendo! sii ragionevole... ma sono una signora sposata... per bene... non ho l'età per certe cose... se pure con un computer...
oh, santa madonna cosa mi succede?! no é! non permetterti... giù i relée!! i clips!! i micro-system!
sì, sì... è bellissimo.. no, no non andartene.. mamma! (che c'entra la mamma?) e' troppo! santo cielo... se arriva qualcuno finisco davvere davanti al tribunale di comunione e liberazione...
e' impossibile... ma che programma ci han messo dentro?! che soft... splendido!
oh, sì... e' troppo... troppo poco! ancora! ah!! dio che sballo ma che hardware é?
aihuaioa... lasciami! lasciami andare!
ohah... (prende un gran respiro, libera le dita dalla tastiera, si porta le mani al viso) ma cosa é successo? canaglia! adesso chissà cosa penserai di me!
 


Us Army, più suicidi che caduti in Iraq

Seimila reduci si sono tolti la vita soltanto nel 2005
SARA BERUTTO - LA STAMPA

Per molti soldati americani che hanno combattuto in Iraq e in Afghanistan la guerra più sanguinosa comincia con il ritorno a casa: il numero dei suicidi tra i veterani supera quello dei militari uccisi dall’inizio del conflitto. I dati, raccolti in un’inchiesta durata cinque mesi dal network Cbs, sono impietosi: soltanto nel 2005 sono stati 6256 gli ex soldati che hanno deciso di togliersi la vita una volta tornati dalle loro famiglie. Una media di 17 suicidi al giorno, più del doppio del resto della popolazione statunitense.

Il tasso di suicidi negli Stati Uniti è di 8,9 casi su 100 mila persone, ma tra i veterani la cifra sale a 18,7. I numeri si fanno ancora più preoccupanti se messi a confronto con quelli dei soldati caduti in combattimento in Iraq dal 2003. Per il sito internet iCasualties, fondato dall’ingegnere elettronico Michael White per monitorare le vittime del conflitto in Iraq, sono 3863 i soldati americani uccisi in servizio dal 2003 a oggi, una media di 2,4 al giorno.

I militari più a rischio sono i reduci giovani, che hanno tra i 20 e i 24 anni: 22,9 su 100 mila decidono di togliersi la vita, un numero quattro volte superiore ai coetanei che non hanno prestato servizio militare in zone di guerra. Come il riservista della Marina Jeff Lucey, 23 anni, che ha deciso di farla finita usando la pompa per innaffiare il giardino per impiccarsi nella cantina dei suoi genitori. O come Tim Bowman, riservista, spedito in missione in una delle zone più pericolose di tutta Baghdad, conosciuta come «Airport Road». Otto mesi dopo il suo ritorno a casa, il Giorno del Ringraziamento, si è sparato. Anche Tim aveva 23 anni. «Quando è tornato i suoi occhi erano semplicemente morti. La luce non c’era più», ha detto alla tv Cbs la madre del ragazzo, Kim Bowman. Derek Enderson, invece, era già tornato dall’Iraq due volte, ma la terza è stata fatale: si è gettato da un ponte a 27 anni.

«Siamo di fronte a una crisi gravissima - ha dichiarato Kevin Lucey, padre di Jeff Lucey - e troppe persone hanno deciso di voltare la testa e guardare da un’altra parte». Lucey si riferisce alle autorità militari e federali che, secondo i parenti delle vittime, non stanno facendo abbastanza per arginare il problema. Tanto che, sebbene molti studi siano stati condotti in merito a questa tendenza, non esiste un rapporto ufficiale che stabilisca il numero totale dei casi di suicidio tra i veterani. Anche per questo motivo la tv Cbs ha dovuto lavorare oltre cinque mesi per raccogliere i dati e le testimonianze. Daniel Akaka, presidente della commissione Veterani del Senato, ha definito la situazione descritta nell’inchiesta «inaccettabile»: «Sono particolarmente preoccupato per il fatto che così tanti giovani soldati decidano di togliersi la vita. Per troppi reduci tornare a casa non significa finire di combattere. Non c’è alcun dubbio che qualche provvedimento vada preso».

Negli Stati Uniti gli ex soldati sono oltre 25 milioni, 1,6 dei quali ha servito in Iraq o in Afghanistan. Secondo il «National Center for Post Traumatic Stress Disorder» lo stress e i traumi a cui i soldati sono sottoposti al fronte non fanno che aumentare il rischio emarginazione sociale e suicidio, così come l’abuso di droghe o farmaci e le difficoltà relazionali ed economiche che spesso affliggono chi ritorna in patria.

L’alto tasso di suicidi non è l’unico problema a preoccupare il Dipartimento dei Veterani. Uno studio pubblicato la scorsa settimana ha rivelato che un senzatetto su quattro in America ha prestato servizio nell’esercito, nonostante gli ex militari rappresentino solo l’11 per cento della popolazione totale. E questi non sono gli unici scandali che hanno coinvolto i veterani: le rivelazioni dei giornali sul «Walter Reed Army Medical Centre», ospedale militare di Washington dalle strutture fatiscenti, ha danneggiato l’immagine dell’esercito anche perché alcuni chirurghi dell’esercito, tra cui il generale Kevin Kiley, sono stati congedati per i cattivi servizi prestati ai reduci di Iraq e Afghanistan. Nel complesso quanto la Cbs descrive assomiglia allo scenario del post-Vietnam, anche se allora il numero dei reduci era assai maggiore.


E’ POSSIBILE NON PROTEGGERE I BAMBINI? comunicato stampa del CISMAI

                        
Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l'Abuso all'Infanzia

 www.cismai.org
16 novembre 2007  

In questi giorni a Napoli le strutture che accolgono i bambini e gli adolescenti allontanati dalle loro famiglie hanno annunciato  le dimissioni dei minori: a partire da 1 dicembre

La situazione è determinata dal fatto che da 18 mesi non pervengono i pagamenti da parte del Comune che a sua volta non riceve i dovuti trasferimenti dal Governo da 11 mesi.
 

Appare come se a nessun livello la tutela dei minori venisse considerata una priorità strategica.
 
La situazione è divenuta allarmante e vogliamo sottoporre all'opinione pubblica e soprattutto al Governo l'urgenza di intervenire sulla questione per la tutela dei bambini e delle bambine vittime di violenza.
Parliamo di quei bambini per i quali è stato necessario l’inserimento in comunità per proteggerli da condizioni di gravissimo maltrattamento ed abusi sessuali subiti all'interno dei nuclei familiari, così grave da rendere difficile anche la possibilità di un affido familiare.
In queste settimane ci sono diversi bambini ed adolescenti che non trovano accoglimento in comunità pur vivendo in situazioni di grave pericolo: chi li protegge?
La imminente dimissione precoce di 1000 bambini senza una rete di protezione ed accompagnamento rappresenta - in prospettiva - un danno irreparabile per la loro evoluzione, davvero imperdonabile: chi li protegge? La violenza all'infanzia e' un crimine contro l'umanità.
La chiusura delle comunità rappresenta il fallimento  della protezione attivata:
- rigetta i bambini e gli adolescenti  in bocca al lupo, facendoli rientrare in situazioni ancora pericolose per l’integrità fisica e mentale, senza garanzie ed accompagnamento, in quanto anche i servizi educativi territoriali e domiciliari(gestiti sempre dal Terzo settore) stanno sospendendo la loro offerta, a causa dei gravi ritardi nei pagamenti;
- produce una nuova vittimizzazione: la dimissione diventa un tradimento da parte di coloro di cui i piccoli si sono fidati:molte ragazze e ragazzi chiedono in questi giorni agli educatori “Che fine farò?”. Sappiamo che ciò oltre a configurarsi come maltrattamento istituzionale rappresenta un danno grave alla possibilità di sviluppare fiducia ed attaccamento;
- vanifica il lavoro di cura psicologica, sociale, educativa , sanitaria portato avanti per ciascuno di loro, a partire dalla costruzione di un contesto sicuro.
Come operatori impegnati nella tutela e nella cura dei bambini segnaliamo l'estrema gravità di questa situazione ed il fallimento di tutti gli interventi attivati
Chiediamo pertanto un tempestivo intervento sul Governo, per rimediare non solo all’urgente situazione verificatasi ma a costruire soluzioni che ripristino stabilità: la gravita' del danno per la chiusura delle comunità e' paragonabile ad una catastrofe. La protezione dei bambini e delle bambine dalla violenza una priorità ineludibile in un Paese civile


lo stupro e la diffamazione - storie di ordinaria violenza

A settembre dell’anno scorso una ragazza, dopo aver denunciato la violenza subita, mandava al TG1 una lettera in cui esortava tutte le donne a ribellarsi allo stupro, ma anche all’omertà e al pregiudizio.
Nei quattordici mesi seguiti alla denuncia, la coraggiosa ragazza è stata fatta oggetto di una persecutoria campagna di diffamazione su internet: “zoccola di merda”, “puttana”, “psicopatica”, “squilibrata”, “bestia sanguinaria” “cretina” “stronza” sono soltanto alcuni degli epiteti che le hanno rivolto gli amici degli imputati, entrambi trattenuti dal GIP agli arresti domiciliari per i gravissimi indizi a carico.
 
Infine, i bloggisti sono giunti persino a mettere in linea il nome della madre della ragazza, in spregio alla legge che garantisce l’anonimato alla vittima proprio per salvaguardarne l’incolumità.
 
Il messaggio è chiaro: la donna che trova il coraggio di denunciare, che si ribella al sopruso, che rivendica i suoi diritti va offesa, ingiuriata, colpita, calunniata, spaventata e intimidita. Per nessuna ragione il suo esempio deve far scuola!  
 
Alla vittima stanno pervenendo espressioni di solidarietà da tutta Italia. Alle 9 di mattina del 27 di novembre, alla Procura di Bologna, in Via Trento Trieste 3, si svolgerà il processo col rito abbreviato. Vari presidi di cittadini e cittadine attenderanno in silenzio la sospirata sentenza a Bologna, a Cagliari e in altre città. 
 
La lettera della ragazza letta l’anno scorso al TG1
In questi giorni avrei voluto disperatamente seppellire quello che mi è successo.
Invece sono uscita alla luce del sole appena mi reggevo in piedi, portando a spesso il mio naso gonfio e gli occhi pesti, senza occhiali, senza trucco per nascondere i lividi. Ho sopportato di leggere sui giornali che, a dispetto dei pugni, ero “consenziente”. Ho deciso di combattere perché non dobbiamo nasconderci, vergognarci e sentirci in colpa. L’ho fatto perché non si ripetesse quello che ho subito. L’ho fatto perché non si parli solo di aggressioni di sconosciuti e stranieri quando moltissime volte sono connazionali, conoscenti e “amici” di cui ci fidiamo ad approfittare di noi e in questi casi è ancora più difficile trovare il coraggio di sporgere denuncia. Anch’io ho avuto paura e ne ho ancora tanta, ma ho reagito. Ribellatevi, non soltanto agli stupratori, ma anche ai pregiudizi, alle molestie, alle violenze, alle sopraffazioni, lottate con le unghie e con i denti, con tutta la vostra forza fisica e morale.
Ringrazio la polizia, i medici e gli infermieri per la loro sensibilità e delicatezza, il centro delle donne e i magnifici amici che mi sostengo con affetto e amore. Chiedo gentilmente a tutti: non offritemi la vostra pietà, concedetemi la vostra stima.
 
 
Perché abbiano fine storie come questa, riproponiamo un testo  coinvolgente e  sconvolgente di Franca Rame.
 
Lo stupro 
Il    Al centro dello spazio scenico vuoto, una sedia.
    prologo
 
FRANCA: Ancora oggi, proprio per l’imbecille mentalità corrente, una donna convince veramente di aver subito violenza carnale contro la sua volontà, se ha la “fortuna” di presentarsi alle autorità competenti pestata e sanguinante, se si presenta morta è meglio! Un cadavere con segni di stupro e sevizie dà più garanzie. Nell’ultima settimana sono arrivate al tribunale di Roma sette denunce di violenza carnale.
     Studentesse aggredite mentre andavano a scuola, un’ammalata aggredita in ospedale, mogli separate sopraffatte dai mariti, certi dei loro buoni diritti. Ma il fatto più osceno è il rito terroristico a cui poliziotti, medici, giudici, avvocati di parte avversa sottopongono una donna, vittima di stupro, quando questa si presenta nei luoghi competenti per chiedere giustizia, con l’illusione di poterla ottenere. Questa che vi leggo è la trascrizione del verbale di un interrogatorio durante un processo per stupro, è tutto un lurido e sghignazzante rito di dileggio.
MEDICO: Dica, signorina, o signora, durante l’aggressione lei ha provato solo disgusto o anche un certo piacere... una inconscia soddisfazione?
POLIZIOTTO: Non s’è sentita lusingata che tanti uomini, quattro mi pare, tutti insieme, la desiderassero tanto, con così dura passione?
GIUDICE: È rimasta sempre passiva o ad un certo punto ha partecipato?
MEDICO: Si è sentita eccitata? Coinvolta?
AVVOCATO DIFENSORE DEGLI STUPRATORI: Si è sentita umida?
GIUDICE: Non ha pensato che i suoi gemiti, dovuti certo alla sofferenza, potessero essere fraintesi come espressioni di godimento?
POLIZIOTTO: Lei ha goduto?
MEDICO: Ha raggiunto l’orgasmo?
AVVOCATO: Se sì, quante volte?
 
     Il brano che ora reciterò è stato ricavato da una testimonianza apparsa sul “Quotidiano Donna”, testimonianza che vi riporto testualmente.
 
     Si siede sull’unica sedia posta nel centro del palcoscenico.
 
FRANCA: C’è una radio che suona... ma solo dopo un po’ la sento. Solo dopo un po’ mi rendo conto che c’è qualcuno che canta. Sì, è una radio. Musica leggera: cielo stelle cuore amore... amore...
     Ho un ginocchio, uno solo, piantato nella schiena... come se chi mi sta dietro tenesse l’altro appoggiato per terra... con le mani tiene le mie, forte, girandomele all’incontrario. La sinistra in particolare.
     Non so perché, mi ritrovo a pensare che forse è mancino. Non sto capendo niente di quello che mi sta capitando.
     Ho lo sgomento addosso di chi sta per perdere il cervello, la voce... la parola. Prendo coscienza delle cose, con incredibile lentezza... Dio che confusione! Come sono salìta su questo camioncino? Ho alzato le gambe io, una dopo l’altra dietro la loro spinta o mi hanno caricata loro, sollevandomi di peso?
     Non lo so.
     È il cuore, che mi sbatte così forte contro le costole, ad impedirmi di ragionare... è il male alla mano sinistra, che sta diventando davvero insopportabile. Perché me la storcono tanto? Io non tento nessun movimento. Sono come congelata.
     Ora, quello che mi sta dietro non tiene più il suo ginocchio contro la mia schiena... s’è seduto comodo... e mi tiene tra le sue gambe... fortemente... dal di dietro... come si faceva anni fa, quando si toglievano le tonsille ai bambini.
     L’immagine che mi viene in mente è quella. Perché mi stringono tanto? Io non mi muovo, non urlo, sono senza voce. Non capisco cosa mi stia capitando. La radio canta, neanche tanto forte. Perché la musica? Perché l’abbassano? Forse è perché non grido.
     Oltre a quello che mi tiene, ce ne sono altri tre. Li guardo: non c’è molta luce... né gran spazio... forse è per questo che mi tengono semidistesa. Li sento calmi. Sicurissimi. Che fanno? Si stanno accendendo una sigaretta.
     Fumano? Adesso? Perché mi tengono così e fumano?
     Sta per succedere qualche cosa, lo sento... Respiro a fondo... due, tre volte. Non, non mi snebbio... Ho solo paura...
     Ora uno mi si avvicina, un altro si accuccia alla mia destra, l’altro a sinistra. Vedo il rosso delle sigarette. Stanno aspirando profondamente.
     Sono vicinissimi.
     Sì, sta per succedere qualche cosa... lo sento.
     Quello che mi tiene da dietro, tende tutti i muscoli... li sento intorno al mio corpo. Non ha aumentato la stretta, ha solo teso i muscoli, come ad essere pronto a tenermi più ferma. Il primo che si era mosso, mi si mette tra le gambe... in ginocchio... divaricandomele. È un movimento preciso, che pare concordato con quello che mi tiene da dietro, perché subito i suoi piedi si mettono sopra ai miei a bloccarmi.
     Io ho su i pantaloni. Perché mi aprono le gambe con su i pantaloni? Mi sento peggio che se fossi nuda!
     Da questa sensazione mi distrae un qualche cosa che subito non individuo... un calore, prima tenue e poi più forte, fino a diventare insopportabile, sul seno sinistro.
     Una punta di bruciore. Le sigarette... sopra al golf fino ad arrivare alla pelle.
     Mi scopro a pensare cosa dovrebbe fare una persona in queste condizioni. Io non riesco a fare niente, né a parlare né a piangere... Mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualche cosa di orribile.
     Quello accucciato alla mia destra accende le sigarette, fa due tiri e poi le passa a quello che mi sta tra le gambe. Si consumano presto.
     Il puzzo della lana bruciata deve disturbare i quattro: con una lametta mi tagliano il golf, davanti, per il lungo... mi tagliano anche il reggiseno... mi tagliano anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri. Quello che mi sta tra le gambe, in ginocchio, mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature...
     Ora... mi aprono la cerniera dei pantaloni e tutti si dànno da fare per spogliarmi: una scarpa sola, una gamba sola.
     Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena.
     Ora quello che mi sta tra le gambe mi entra dentro. Mi viene da vomitare.
     Devo stare calma, calma.
     “Muoviti, puttana. Fammi godere”. Io mi concentro sulle parole delle canzoni; il cuore mi si sta spaccando, non voglio uscire dalla confusione che ho. Non voglio capire. Non capisco nessuna parola... non conosco nessuna lingua. Altra sigaretta.
     “Muoviti puttana fammi godere”.
     Sono di pietra.
     Ora è il turno del secondo... i suoi colpi sono ancora più decisi. Sento un gran male.
     “Muoviti puttana fammi godere”.
     La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa più volte sulla faccia. Non sento se mi taglia o no.
     “Muoviti, puttana. Fammi godere”.
     Il sangue mi cola dalle guance alle orecchie.
     È il turno del terzo. È orribile sentirti godere dentro, delle bestie schifose.
     “Sto morendo, – riesco a dire, – sono ammalata di cuore”.
     Ci credono, non ci credono, si litigano.
     “Facciamola scendere. No... sì...” Vola un ceffone tra di loro. Mi schiacciano una sigaretta sul collo, qui, tanto da spegnerla. Ecco, lì, credo di essere finalmente svenuta.
     Poi sento che mi muovono. Quello che mi teneva da dietro mi riveste con movimenti precisi. Mi riveste lui, io servo a poco. Si lamenta come un bambino perché è l’unico che non abbia fatto l’amore... pardon... l’unico, che non si sia aperto i pantaloni, ma sento la sua fretta, la sua paura. Non sa come metterla col golf tagliato, mi infila i due lembi nei pantaloni. Il camioncino si ferma per il tempo di farmi scendere... e se ne va.
     Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti. È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male... nel senso che mi sento svenire... non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo... per l’umiliazione... per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello... per lo sperma che mi sento uscire. Appoggio la testa a un albero... mi fanno male anche i capelli... me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia... è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca.
     Cammino... cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura.
     Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora... Sento le loro domande. Vedo le loro facce... i loro mezzi sorrisi... Penso e ci ripenso... Poi mi decido...
     Torno a casa... torno a casa... Li denuncerò domani.
 
    Buio.
 
(Questo brano è stato scritto nel 1975 e rappresentato nel 1979 in Tutta casa, letto e chiesa).
 
 

Serve un veto assoluto contro l'uso di proiettili all'uranio di DARIO FO, FRANCA RAME, JACOPO FO

 

Di seguito due articoli, del 1999 e del 2002 sul tema dell'uranio impoverito

CORRIERE DELLA SERA, lunedì 31 maggio 1999 

«Nel Golfo causarono migliaia di vittime, aborti, bimbi deformi».«Spargere del materiale radioattivo è un crimine di guerra». 

Caro direttore, 

il 17 aprile il portavoce Nato, generale Giuseppe Marani, ha dichiarato che «proiettili anticarro con uranio impoverito sono stati usati dai piloti alleati contro le forze serbe in Kosovo» e ha aggiunto che questi proiettili «non comportano alcun rischio» perché hanno un livello di radioattività «non superiore a quello di un orologio» (da il manifesto 20 aprile '99).

 
Permetteteci di dubitare del buon senso di questa affermazione. L'uranio impoverito, ci dicono i libri di fisica, ha una radioattività pari al 60% di quello naturale ed è un prodotto di scarto delle centrali nucleari. Fino a ieri veniva immagazzinato con mille precauzioni a costi altissimi.
Poi si è scoperto che poteva essere usato per ricoprire i proiettili anticarro. Al momento dell'esplosione si incendia sviluppando una temperatura altissima e buca l'acciaio come fosse burro. Bruciando si trasforma in una polvere sottilissima che si sparge nell'aria.
 
Molti studiosi hanno sollevato gravi dubbi sul fatto che sia innocuo. Già nel '79 un rapporto del «U.S. Army Mobility Equipement Research & Development Command» sosteneva che l'uso di questi proiettili metteva in pericolo «non solo le persone nelle immediate vicinanze ma anche quelle che si trovano a distanza sotto vento... le particelle... si depositano rapidamente nei tessuti polmonari esponendo l'ospite a una crescente dose tossica di radiazioni alfa, capace di provocare cancro e altre malattie mortali».
 
Un altro studio commissionato dall'esercito americano (Science Applications International Corp., luglio 1990) afferma: «L'uranio impoverito provoca il cancro quando penetra nell'organismo e la sua tossicità chimica causa danni ai reni». Nonostante questi avvertimenti i proiettili ricoperti di uranio impoverito furono usati nella guerra del Golfo. Subito dopo, nel novembre 1991, il quotidiano londinese The Independent pubblicò uno studio segreto dell'Ente atomico britannico (Ukaea) sui potenziali pericoli costituiti dalla radioattività presente nelle zone dei combattimenti in Iraq e Kuwait a causa di questi proiettili.
 
In questo momento il Pentagono si trova in grande imbarazzo perché dopo la guerra del Golfo più di 80.000 veterani si sono ammalati della cosiddetta Sindrome del Golfo; più di 4500 sono morti, centinaia sono i figli dei reduci nati deformi. Il 5 luglio 1998 il Washington Post ha pubblicato un articolo che avalla la tesi sostenuta da molti ricercatori: una delle cause principali di questa sindrome sono i proiettili all'uranio. La Rai ha commissionato su questo argomento un documentario al regista Alberto D'Onofrio e poi lo ha censurato.
 
Evidentemente però anche il Pentagono qualche dubbio lo deve avere: il San Francisco Examiner del 17 agosto '97 riporta il testo di un manuale di addestramento militare Usa che raccomanda di usare sempre guanti speciali toccando i proiettili e di indossare una maschera speciale mentre questi vengono sparati, concludendo: «Ricordate di stare sempre lontani, se possibile, dagli equipaggiamenti e il terreno contaminati».
 
Ma pare che la situazione in Iraq sia gravissima. Gli elicotteri Apache e gli aerei A10 sono dotati di un cannoncino a 7 canne in grado di sparare 4200 proiettili al minuto. Ogni proiettile è ricoperto da circa 300 grammi di uranio. Le stime più prudenti parlano di più di 300 tonnellate di uranio impoverito scaricate su Iraq e Kuwait. Decine di migliaia sarebbero i morti, gli aborti e le nascite deformi, centinaia di migliaia i malati.
 
Il professor Siegwart-Horst Gunther, presidente della Croce Gialla, ha condotto uno studio impressionante sulle malattie contratte da bambini che si erano trovati a giocare con i bossoli esplosi di questi proiettili e sulle nascite deformi di bimbi e animali nelle zone dei combattimenti.
L'esperienza di questo medico tedesco offre anche una prova indiretta della radioattività di questi proiettili. Egli riportò in Germania un bossolo esploso per poterlo fare analizzare e fu per questo condannato per violazione delle «leggi nucleari».
 
Le organizzazioni pacifiste americane hanno raccolto un dossier enorme sugli effetti di questi proiettili non solo in Iraq, ma anche in Bosnia dove si è riscontrato un notevole aumento di casi di leucemia nelle aree dove hanno operato gli A10 e in una zona del Costarica dove i proiettili all'uranio impoverito sono stati usati in una esercitazione.
 
Ce n'è abbastanza per non sentirsi tranquilli davanti all'ammissione dell'uso di queste armi in Kosovo. E certo non ci saranno molto grati i kosovari, visto che questo uranio è radioattivo per secoli, almeno 4000 anni, secondo le stime più prudenti.
 
Alle interpellanze parlamentari di Semenzato e Paissan, il governo ha risposto che l'Italia non usa queste armi e che si adopererà perché non si usino ma che non si sa nulla di preciso perché c'è il segreto militare.
Non è una risposta esauriente.
In una situazione così pericolosa non ci si può limitare a sperare che i pessimisti abbiano torto. Anche la nostra più viva speranza è che l'uranio impoverito sia innocuo, anzi preghiamo che si scopra che è un ottimo ricostituente, fa venire i denti più bianchi e ridà la voglia di far l'amore agli amanti stanchi. Ma se non è così?
 
Spargere materiale radioattivo è un gesto da tribunale per i crimini di guerra. E il fatto ci riguarda molto da vicino perché la polvere di uranio può essere trasportata dal vento anche per centinaia di chilometri.
 
Forse sarebbe il caso che non si continuasse a far finta di niente e l'Italia ponesse un veto assoluto all'uso di queste armi chiedendo l'apertura di un'indagine internazionale. Se poi si stabilirà con certezza che fanno bene alla salute saremo lieti di acquistare un centinaio di proiettili da tenere in giardino.
 
Speriamo che D'Alema non voglia rischiare di essere ricordato come un fiancheggiatore degli autori di un genocidio. Uno che quando gli chiedono: «Ma lei non sapeva niente?» risponde: «La Nato mi aveva assicurato...».
 
Per concludere vorremmo ricordare che la situazione è particolarmente insidiosa perché i proiettili all'uranio sono un affare colossale, permettono di trasformare le scorie nucleari (che è costosissimo conservare in modo sicuro) in una materia prima preziosa.
 
Le azioni delle imprese che producono questi ordigni stanno aumentando il loro valore rapidamente. Per fortuna, volendo, si potrebbero ripulire l'Iraq e gli altri territori contaminati, ma il costo di una simile impresa è stato stimato intorno ai 50-100 milioni di miliardi di lire. Forse poi una stangatina fiscale non sarà sufficiente a pagare il conto. Da Dario Fo & Franca Rame News
"Il C@C@O della domenica"
 
20 ottobre 2002
 
Massimo D'Alema ha fatto una dichiarazione per molti versi sconcertante.
Se n'e' uscito ventilando la possibilita' di modificare l'articolo 11 della Costituzione, nel quale si dichiara che l'Italia ripudia la guerra e che si impegna a usare le armi solo in caso di un'aggressione diretta.
Questa dichiarazione di D'Alema ci ha lasciati di stucco in quanto sottintende la piena accettazione della logica del conflitto preventivo.
D'Alema sostanzialmente si rende conto che la partecipazione dell'Italia alla guerra contro l'Afghanistan o l'Iraq o e' incostituzionale ma, invece di essere portato a riflettere sull'enormita' che si e' compiuta e si sta compiendo, e' talmente convinto che questa guerra contro gli stati canaglia sia giusta, da trovare ovvio che sia in errore la costituzione italiana e che quindi vada modificata.
E' in questo e' perfettamente in regola con la tendenza dominante. C'e' in giro un tale che ogni volta che lo accusano di un reato lo depenalizza.
Ora non vorremmo tediarvi ripetendo le motivazioni che ci spingono a pensare che questa guerra sia combattuta soprattutto per sporchi interessi petroliferi (non sapremmo come definirli altrimenti), ne vorremmo dilungarci sul particolare costituito dai miliardi di dollari spesi nel passato dagli Usa per finanziare i Talebani, Bin Laden e Saddam...Accenneremo soltanto ai decennali rapporti di amicizia e affari tra la famiglia Bush e Bin Laden e le enormi speculazioni in borsa che scommettevano sugli attentati prima dell'11 settembre. Ne' vorremmo essere prolissi sproloquiando sull'indiscutibile evidenza della sopravvivenza in vita di Bin Laden, il "mullah Omar" e tutta la direzione di Al Queida. I nostri gentili lettori sono di certo informati poi dei campi di concentramento, dei massacri, delle torture, dei proiettili all'uranio impoverito e dei bombardamenti un po' troppo frequenti che, per errore, hanno colpito matrimoni, convogli di profughi, scuole e centri del volontariato in Afghanistan e anche in Iraq dove da un decennio gli Usa bombardano quasi quotidianamente (anche se i mass media non ne parlano).
Insomma diamo per scontato di parlare a persone che hanno la sensazione che la guerra oggi sia il peggiore dei mali. Gia' ora assistiamo a un crescendo drammatico del terrorismo ma una guerra contro l'Iraq significherebbe il rischio di un'esplosione della tensione internazionale con conseguenze che neppure si possono immaginare.
E sinceramente ci stupisce oltremodo che un leader della sinistra si permetta di proporre la modifica dell'articolo 11 della Costituzione Italiana (che come si diceva una volta "e' costata tanti morti") senza aprire prima un dibattito all'interno del proprio partito e dell'Olivo. E ci pare ancor piu' incredibile che alle parole di D'Alema non sia seguita una insurrezione da parte dei militanti DS, che hanno intascato le dichiarazioni dell'Imperatore Massimo senza batter ciglio e senza aprir bocca.
Sconfortante.
E anche di cattivo gusto da parte di D'Alema verso il povero Fassino che ci fa la figura totale del Segretario Generale Fantoccio. Ce lo immaginiamo mentre nella notte telefona al suo Capo con i Baffi e lamentoso domanda:"Ma io cosa ci sto a fare?".
E, proprio un bel periodo per i progressisti in Italia.
Come diceva Moretti?

Morte accidentale di un anarchico - di Dario Fo

Il giornalista Pierluigi Battista sul Corriere di qualche giorno fa, mi sferra un attacco a spaccagambe e lo fa in una specie di recensione a un mio testo satirico, Morte accidentale di un anarchico, appena andato in scena per la quarta volta consecutiva negli ultimi cinque anni qui in Italia, con debutto a Milano.

Gli attori, a detta della maggioranza dei critici, sono eccellenti; i registi Elio De Capitani e Ferdinando Bruni, sono riconosciuti direttori scenici di notevole talento. Visto il numero straordinario di repliche effettuate in tutta la penisola da anni, è comprensibile il continuo ripetersi degli allestimenti.

Ma l’autore della stroncatura non se n’è accorto: crede che le continue repliche siano dovute a una mia ostinazione ideologica, non al successo e al gradimento del pubblico.

A dimostrare la tendenziosità esplicita dell’articolo in questione, dove mi si presenta come difensore di un’infamia perpetratasi più di trent’anni fa e autore mancante di pietas, viene subito all’occhio un particolare davvero sconcertante: il Battista non prende in considerazione né la chiave né il tema della commedia, e tanto meno il luogo fisico dove si svolge l’azione.

Nessun recensore di qualità al mondo sarebbe incorso in un simile pacchiano errore. Ma in verità non si tratta di errore. Piuttosto si tratta di una furbizia da Brighella, giacché con questo escamotage, si evita di portare in primo piano la questione fondamentale dell’opera, cioè la tragedia di Pinelli e la morte dell’anarchico dopo un volo dal quarto piano della questura di Milano.

Il Battista, da non confondere col santo del Battesimo a Gesù, non si chiede nemmeno se l’anarchico sia precipitato ancora vivo o già privo di vita, cioè se si sia trattato di un suicidio o di un omicidio. Va da sé che il “povero” Pinelli, come lo chiama il sensibile Battista, si sarebbe dato da sé la morte prendendo una considerevole rincorsa e superando a volo d’angelo la balaustra di 90 centimetri e, in seguito a una parabola adeguata alla forza di slancio, abbia raggiunto il suolo schiantandovisi.

Il Battista mi accusa inoltre di aver cucito la pièce “con materiali inquinati dal pregiudizio e dal fanatismo politico”.
Ora, quali sarebbero i materiali inquinati di cui mi sarei servito? Eccoli: niente meno che gli atti processuali del dibattito svoltosi in aula nel Tribunale di Milano appena qualche anno dopo la strage di Piazza Fontana e la più che sospetta defenestrazione di Pinelli, accompagnati dalla documentazione e dagli atti della revisione dell’inchiesta condotta dai giudici di Milano, in particolare da D’Ambrosio.

Ogni dialogo o dichiarazione nella commedia è tratto quindi da documenti assolutamente autentici e soprattutto sconvolgenti. Come diceva Molière: “la realtà è sempre più impossibile della fantasticheria scenica”.

Tanto per cominciare, in Morte accidentale di un anarchico, già nel primo atto viene riproposta la dichiarazione del questore di Milano, Marcello Guida, che, intervistato dal telegiornale Rai, il 15 dicembre 1969, solo qualche ora dopo l’avvenuta morte di Pinelli, racconta come si sia svolto il suicidio dell’anarchico in questione. Il dottor Marcello Guida, capo superiore della Polizia, davanti alle telecamere recita la propria entrata in scena nell’ufficio dove era “trattenuto” il “povero” Pinelli, invitato amichevolmente in Questura per semplici accertamenti.

Il Guida gli si rivolge perentorio dicendo: “Il suo compagno Valpreda, or ora interrogato, ha ammesso di essere l’autore della strage della Banca dell’Agricoltura di Milano: è lui che ha messo la bomba”. Al che il Pinelli, sbiancando in viso si sarebbe levato in piedi gridando: “E’ la fine dell’anarchia!” e, montando nella disperazione, si sarebbe gettato dalla finestra.

Ora urge condurre una breve analisi. Sappiamo che Valpreda finì in carcere e subì più di un processo; dopo tre anni di detenzione i giudici lo riconobbero assolutamente innocente. Quindi il questore Guida nella sua sparata verso Pinelli aveva spudoratamente mentito: Valpreda non solo non aveva compiuto l’atto criminale, ma fin dall’inizio si era dichiarato completamente estraneo ai fatti, per ciò nella commedia si sottolinea che il questore di Milano si è servito di un’infamia per indurre il Pinelli a una crisi e fargli ammettere d’aver partecipato alla messa in atto della strage.
Non si tratta quindi solo di un espediente poliziesco ma di un vero e proprio crimine.

E ancora, quando fa esplodere l’espressione disperata in Pinelli “E’ la fine dell’anarchia!”, il signor questore lo descrive nell’atto di gettarsi immediatamente dalla finestra, dimenticandosi di due sostanziali dettagli.
Quella notte la temperatura esterna, a Milano, era sotto lo zero, solo un pazzo poteva tenere le finestre spalancate con un gelo simile. Quindi dobbiamo arguire che la finestra fosse chiusa e se la sarebbe aperta da sé solo il Pinelli; ancora, retrocedendo, l’anarchico avrebbe preso una buona rincorsa e prodotto il tuffo letale. Oppure, qualche amabile poliziotto, che casualmente si trovava presso la finestra, lo avrebbe aiutato esclamando: “Prego s’accomodi!”.

Durante il dibattito processuale il giudice chiedeva come mai nessuno dei poliziotti presenti, che per loro ammissione si ritrovavano nei pressi della finestra, non fosse intervenuto cercando di bloccare il gesto suicida del Pinelli. Due dei poliziotti, imbarazzati, non sapevano cosa rispondere, ma un terzo, il brigadiere Vito Panessa, dichiarava: “In verità io personalmente mi sono preoccupato, tant’è che ho afferrato l’anarchico quasi al volo per un piede, ma mi è sfuggito egualmente, lasciandomi però in mano la sua scarpa...”. Il giudice, dopo una veloce inchiesta, scopriva che il Pinelli sfracellato al suolo portava ai piedi ancora tutte e due le scarpe. Quindi bisognava decidere: o Pinelli era tripede o i poliziotti a loro volta mentivano.

A ‘sto punto chi di noi due, Dario Fo e Pierluigi Battista, possiede il “demone ideologico”? Io che racconto i fatti traendoli dai verbali e dagli atti processuali o il Battista che li ignora, e demonizza chi la pensa in modo diverso da quello ufficiale, che poi è il suo? E a quale altro linciaggio vado incontro se mi permetto di ricordare, che dalle immagini del servizio televisivo, a fianco del grande bugiardo statale, il Guida, si notava proprio il commissario Calabresi che ad ogni dichiarazione del suo superiore, il questore, assentiva col capo e con adeguate espressioni per niente imbarazzato!?

Di questo particolare da niente, che sottintende un’operazione volta a deviare le indagini su un massacro organizzato da forze dell’estrema destra, oggi abbiamo idee più chiare.
E questo, grazie all’inchiesta del giudice Salvini che ha indagato sui corpi dello Stato, occulti e palesi, raccogliendo una straordinaria documentazione che ci svela come il centro operativo, situato nella caserma Pastrengo di Milano, fosse in possesso perfino di aerei privati coi quali trasportare, secondo l’occorrenza, di volta in volta dalla Spagna e ritorno, la manodopera criminale con tanto di passaporto, stipendio e copertura. Manodopera che, giunta nei luoghi preordinati, metteva in atto azioni terroristiche.

Il Battista non fa alcun cenno a questa situazione da fantascienza criminale e taccia me, autore della commedia, che invece ne parlo, di mancanza di pietas. Non è che qualche volta la pietas viene confusa con l’hypocrites?

Ma il Battista, strada facendo si eccita e va giù sempre più pesante. A proposito dell’omicidio Calabresi e dal particolare che, secondo il mio modo di vedere, e non soltanto mio, gli autori del crimine siano da ricercare in tutt’altra direzione, per esempio fra le varie organizzazioni di polizia segreta di cui abbiamo accennato, così vivaci ed efficienti nel nostro Paese, il giornalista mi accusa di disegnare “con furore incomprensibile una dietrologia di seconda mano”.
Ma che vuol dire dietrologia di seconda mano? Forse si allude a un’altra di prima mano più attendibile?

Come vado sostenendo ormai da anni, il delitto Calabresi ha inizio dal momento in cui al commissario tolgono la scorta di protezione: solo dopo tre giorni mettono a punto l’omicidio. Calabresi era conscio che qualcuno si sarebbe giovato del saperlo indifeso e abbandonato, tanto che commentò: “Se qualcuno vuol colpirmi, questo è il momento giusto!”.

E chi poteva essere al corrente di quell’isolamento, se non le polizie segrete e deviate, preoccupate di mantenere il silenzio?!
E tu guarda è proprio a ‘sto punto che il Battista scodella l’accusa di dietrologia fanatica e insensata. Forse gli sfugge il numero impressionante di poliziotti, sottufficiali e ufficiali superiori che troppo sapevano e che nell’ultimo mezzo secolo sono scomparsi attraverso strani suicidi, brutali incidenti o palesemente assassinati, basta ricordarsi l’elenco dei testimoni della strage di Ustica, uomini di coraggio a cui s’è tolta la parola, ultimo addirittura un generale accoltellato a Bruxelles. * Tutti dietrologi ossessionati?

Quindi, al contrario di Battista, io personalmente sono più che convinto che Sofri e i suoi compagni condannati per quel delitto siano assolutamente innocenti e che Leonardo Marino, l’accusatore, unico testimone in forza alla polizia, sia stato letteralmente plagiato, o meglio ammaestrato, dal gruppo speciale di Carabinieri che l’ha tenuto a lezione per più di un mese. Particolare questo che è venuto alla luce soltanto dopo un anno dall’inizio del processo, grazie alla testimonianza, imprevista e imprevedibile, di un sacerdote al corrente dell’operazione di imboccamento di Marino da parte della Benemerita.

Così ecco che al processo Marino testimonia di tutta l’operazione che doveva portare all’assassinio di Calabresi. Soltanto che, ahimé, riferisce particolari che risultano spesso errati o addirittura falsi.
Per esempio il testimone si auto-accusa di due rapine realizzate con l’appoggio di tre suoi compagni di Lotta Continua che vengono prontamente arrestati. Ma i compagni, incriminati per chiamata di correo, di lì a qualche mese vengono assolti per non aver commesso il fatto, invece Marino resta dentro.

Gola profonda Marino testimonia, anzi giura, che una delle ragazze del commando sta preparando nelle valli del Canavese un poligono di tiro: ma nello stesso giorno indicato, si scopre che la ragazza si trovava ricoverata in un ospedale di Torino, intenta a partorire il suo primo bambino.
Inoltre, il testimone descrive con precisione la macchina che personalmente guidava nell’attentato: “Era beige”, assicura. Ma in verità appresso si scoprirà che era blu.

Ma dove ha rubato questa macchina? “Nei pressi delle carceri di San Vittore, lato sinistro del viale” dichiara. Errore: la macchina si trovava sul lato destro della strada. “La portiera che ho forzato – dice ancora – era a destra”. Errore: la portiera forzata era quella di sinistra.

Afferma che in macchina non c’era nulla, vuota. E invece i poliziotti ritroveranno la vettura abbandonata qualche ora dopo ingombra di oggetti, i più disparati: palle da tennis in quantità, un paio d’occhiali, un ombrello, una pipa, un cappello, una lampada a pila, delle riviste, carte geografiche di aree orientali, una radio ricetrasmittente truccata in grado di ascoltare le frequenze della polizia (aggiustamento che può essere in grado di realizzare solo un tecnico d’alta professionalità, probabilmente legato a organizzazioni militari), una scatola di fiammiferi, un impermeabile, uno specchietto retrovisore - optional - e sul tetto della macchina, ben evidente, si scopre una lunghissima antenna radio, inarcata, lunga un paio di metri, ma lui non l’ha vista. Non ha visto nemmeno tutta la mercanzia di cui era ingromba la macchina…
Ma come mai questo svarione?

È semplice, poliziotti della PS che hanno ritrovato la macchina del delitto, hanno tenuto celata la presenza di oggetti nell’interno del reperto, quindi non essendone a conoscenza i Carabinieri, come potevano essi procurare l’informazione a Marino?
Ecco il perché della scena muta davanti al giudice.

Ad ogni modo, per concludere questo frammento d’indagine, è chiaro che Marino in quella vettura non c’è mai stato, non ha mai guidato quella macchina. L’unica cosa certa è che gli assassini con quell’auto hanno compiuto il delitto Calabresi. Ma senza di lui. Lui non c’era. Lui è completamente innocente. Un innocente venduto!

Proseguendo, la macchina, secondo gli inquirenti della PS, è stata ritrovata intieramente pulita, e quindi priva di impronte. Inoltre, il proprietario della macchina, al momento di ritirare la vettura a lui rubata, si è reso conto, che le due ruote anteriori erano state sostituite con pneumatici nuovi di zecca. Roba da specialisti del crimine! Ma a queste notizie Marino cade dalle nuvole.

Il tragitto ricostruito dalla polizia in seguito alle testimonianze dei passanti sulle varie strade percorse dalla macchina in fuga dopo l’attentato, non ha niente a che vedere con quello disegnato dal Marino. Anzi, è completamente diverso. Ma gli inquirenti badano bene di non contestare l’evidente diversità… Per carità, se si cominciano ad analizzare tutti gli errori commessi e le frottole raccontate da Marino non la finiamo più!
Altro particolare interessante: grazie a varie testimonianze, alla guida della macchina, c’era una donna, bionda, e dall’aria elegante.
Non c’è traccia di lei.

Quindi, sedici anni dopo l’efferato delitto, appare Marino e gli inquirenti esclamano: “Eccolo! È lui la signora bionda, elegante!” Di certo, ne è una prova la folta capigliatura fortemente arricciata di foggia negroide che gli decora il capo!
Altro grosso particolare, meglio dire grossolano, è il fatto che Marino, scelto come autista della macchina dell’attentato, non conosce Milano, ci è stato poche volte; egli vive a Torino, sua città d’origine. Ma non importa. Importanti sono l’istinto e l’ideale!
Durante l’interrogatorio, il giudice chiede al testimone il nome e le sembianze del personaggio determinante, cioè il basista, ovvero colui che avrebbe dovuto dirigere l’intiera operazione. Marino non ricorda né nome né figura, ma qualcuno gli offre una dritta: si chiama Luigi. “Adesso mi viene in mente! – esclama il Marino – Si tratta di Luigi Bobbio!” Ma, bumpete!, non può essere lui: ha un alibi perfetto. Poi annaspa su altri nomi ma sono tutti inattendibili. Finalmente s’imbatte nell’uomo giusto: Noia, Luigi Noia. I Carabinieri accompagnano il Marino, meglio lo portano nella casa che lui dovrebbe conoscere bene, ma non se la ricorda. Il Noia viene comunque incriminato.

Gli inquirenti esultano: “Finalmente abbiamo il basista!”. Secondo la testimonianza del Marino, al tempo dei fatti, il Noia era privo di baffi e barba, sempre ben rasato. Ma il fratello del Noia, fotografo dilettante, aveva scattato una foto, esattamente nei giorni del delitto, in cui appariva il presunto basista con baffi e barba fluenti, intento a leggere un giornale. Il giornale è il “Corriere della Sera”.

Il fratello si reca allora all’archivio del Corriere; analizzando i titoli che appaiono nella foto e alcune immagini scopre che la data di quel quotidiano è esattamente il 18 maggio 1972, il giorno dopo dell’omicidio Calabresi. Quindi doveva possedere quella barba fluente anche il giorno prima, una barba del genere non ricresce in una notte, ergo non è lui. Gli inquirenti devono forzatamente riconoscere la sua innocenza. Il Noia non è il basista.
Qualcuno si è inventato tutto. Ma senza quella foto oggi il Noia sarebbe stato condannato a vent’anni di carcere con i suoi compagni di Lotta Continua. E ci starebbe ancora, forse, in carcere.

Questo ci dice della serietà di tutto quel processo, dove il perno dell’accusa ruota intorno alla figura di
Marino un personaggio che i giudici di Torino avevano dichiarato testimone assolutamente inattendibile.
In seguito a tutte queste lacune e incongruenze che mal occultano un vero e proprio complotto, nel processo d’Appello del 1993 i giudici popolari, all’unanimità si rifiutano di ritenere colpevoli del delitto i tre imputati di Lotta Continua e il loro voto è determinante per la sentenza finale: Sofri, Pietrostefani e Bompressi sono da ritenersi innocenti, quindi da liberare.

Ma qui, entra in campo l’orrenda trappola: pur di ribaltare il verdetto, i giudici della Cassazione decidono di mettere in atto la cosiddetta sentenza suicida, cioè a dire, il giudice estensore espone, nel documento finale, la cronaca del processo e le motivazioni della sentenza in modo caotico e confuso, così da rendere tutto inattendibile. A questo punto il giudice superiore è tenuto ad annullare non solo il processo, ma anche la sentenza, quindi tutto da capo e i tre di Lotta Continua tornano sul banco degli imputati. Una truffa giuridica maestrale!

Che ne dice il Battista? Si tratta o no di una sindrome di ostinazione machiavellica, anzi demoniaca, quasi criminale vissuta dentro una stagione politica tetra e asfissiante?

Ma il botto finale del censore, pardon del recensore, è la messa in campo, nel suo articolo pubblicato sul Corriere, di un personaggio davvero terrorizzante.
Renato Farina, che suggerisce l’intervento censorio del Governo nei riguardi di questa mia pièce. Ma chi è Renato Farina, che il Battista usa come ariete da sfondamento nei nostri riguardi?

È un giornalista arruolato nei servizi segreti, il SISMI, nome in codice Betulla; è stato indagato insieme a Niccolò Pollari, alto ufficiale, direttore del SISMI, per il rapimento di Abu Omar, trasportato dall’Italia in Egitto a disposizione della Cia che l’avrebbe addirittura torturato. Per questo la Procura della Repubblica, qualche mese fa, ha radiato Renato Farina dall’albo dei giornalisti! Ma lui continua a collaborare con Libero, come opinionista, Feltri lo protegge.
Bene, caro Battista, ognuno ha le conoscenze che merita!

 


FINANZIARIA: dichiarazioni di voto finale

Cari Amici,
finalmente ieri sera abbiamo approvato la prima lettura della finanziaria! Adesso tocca alla Camera dei Deputati. Sono tornata a casa a mezzanotte, dopo quasi 15 ore di lavori tra  tensione e incertezza... Ma è successo qualcosa di eccezionale: la finanziaria è stata approvata senza ricorso alla fiducia. Questo non accadeva da moltissimi anni!
Vi propongo tre  interventi in dichiarazione di voto: quello della Senatrice Finocchiaro, poi i Senatori Rossi e Ripamonti.  meravigliosi!
  
FINOCCHIARO (Ulivo). Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto rivolgo un ringraziamento vero al presidente Marini per primo e poi ai senatori Enrico Morando, Giovanni Legnini ed Antonio Boccia, oltre che alle senatrici ed ai senatori appartenenti al mio Gruppo e a quelli della maggioranza. Lo faccio in apertura perché non è la clausola di stile con cui normalmente noi chiudiamo i nostri interventi. È davvero un grazie sentito.
Colleghi, il nostro giudizio su questa finanziaria è ampiamente favorevole. Lo era sul testo del Governo, lo è sul testo che il Senato consegnerà alla Camera. Abbiamo mantenuto le nostre promesse. E non richiamerò i contenuti della finanziaria perché il suo esame è stato svolto in Aula in questi giorni ed è così ravvicinato da rendere quei contenuti noti all'Assemblea.
Quello che voglio dire, se i colleghi me lo consentono, è che l'approvazione della legge finanziaria qui al Senato, con questa maggioranza, senza il ricorso al voto di fiducia, ha un valore politico assai più importante dell'approvazione della legge in sé. Molti commentatori politici l'hanno già definito: "il cambio di fase", la "svolta", il "nuovo scenario". È così.
Mi rivolgo ai colleghi dell'opposizione. Mi rivolgo, in particolare, ai colleghi dell'UDC, di Alleanza Nazionale, della Lega e ai tanti colleghi di Forza Italia trascinati nell'insensatezza di una strategia politica decisa ed imposta dal presidente Berlusconi. (Commenti dal Gruppo FI). Una strategia politica decisa, imposta e sbagliata, innanzitutto per l'Italia, disastrosa per il centro‑destra, che è rimasto schiacciato nella morsa di un'attesa che si è snocciolata, sin dai primissimi giorni della legislatura, giorno dopo giorno, voto dopo voto, provvedimento dopo provvedimento, in attesa della cosiddetta spallata. Termine da partita di rugby. E che non è venuta su questa finanziaria, colleghi, per 715 votazioni.
E mentre questo accadeva, sulla stampa, nelle dichiarazioni pubbliche e private una ridda di indiscrezioni, di pettegolezzi, di retroscena. Espliciti anche sui tentativi di corruzione - come si chiama ovunque nel mondo - corruzione politica di nostri senatori. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV, Misto-CS e Misto-Pop-Udeur. Proteste dal Gruppo FI).
 
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di lasciar concludere la senatrice Finocchiaro.
 
FINOCCHIARO (Ulivo). Ne hanno parlato esplicitamente alcuni di voi, con accenti lievi ed irridenti, come se si trattasse di una cosa così, che si fa, si può fare e si può anche dire.
A segnalare che ad essere corrotta è, innanzitutto, un'idea della politica. Di più, mi sbagliavo, perché quella non è politica, ma cattiva pratica.
E non è - ne sono assolutamente certa - di tutto il centro-destra. Al contrario, e per sovrapprezzo, la cattiva pratica ha scacciato la politica. E vi ha condannato tutti, senza distinzioni, all'imbarazzato silenzio e all'attesa.
Mi tornava in mente stamane una poesia di Kavafis, che molti di voi conosceranno e di cui voglio ricordare qui soltanto qualche verso, anche per rasserenare il clima: «Che cosa aspettiamo così riuniti sulla piazza? Stanno per arrivare i barbari oggi. Perché un tale marasma al Senato? Perché i senatori restano senza legiferare? È che i barbari arrivano oggi. Che legge voterebbero i senatori? Quando verranno, i barbari faranno la legge». E finisce: «Come sono divenuti gravi i volti! Perché le strade e le piazze si svuotano così in fretta e perché rientrano tutti a casa con un'aria così triste? È che è scesa la notte e i barbari non arrivano. E della gente è venuta dalle frontiere dicendo che non ci sono affatto i barbari. E ora, che sarà di noi senza barbari? Loro erano comunque una soluzione».
È stato così. E molti di voi, colleghi, sanno che non c'è soluzione fuori dalla politica. Lo capisco anch'io che, come dice il presidente Berlusconi, sono comunque una donna. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur). La senatrice Bonfrisco non applaude, ma mi sorride, capisco.
Molti di voi autorevolissimi rappresentanti del centro-destra hanno dichiarato che, nel momento in cui questa finanziaria verrà qui approvata, si aprirà una nuova stagione per l'Italia e per la politica, perché a finire sarà la declinazione del bipolarismo come muro contro muro, spallate e ginocchiate, e si aprirà finalmente un nuovo tempo per il Paese, e per ciascuno di noi. Il tempo della riforme di cui discutere insieme, di una nuova legge elettorale, delle grandi questioni nazionali. Ciascuno dalla propria parte, ma insieme per l'Italia.
Anche perchè, lo sapete voi come noi, non c'è più tempo. I barbari non sono arrivati e ne abbiamo sprecato troppo. E questo è imperdonabile.
Non voglio tuttavia sottrarmi ad una riflessione sulla nostra maggioranza che vorrei fare in termini meno stucchevoli della proclamazione di una vittoria.
È una mia riflessione di questi giorni a cui l'intervento di Natale D'Amico, ieri, ha dato un contribuito essenziale. Ed è una riflessione che mi permetto di sottoporre anche al Governo...
 
PARAVIA (AN). Ma quale maggioranza?
 
FINOCCHIARO (Ulivo). Ieri, Natale D'Amico... (Commenti del senatore Paravia).
 
PRESIDENTE. Senatore Paravia, la prego.
 
FINOCCHIARO (Ulivo). La maggioranza che ti ha battuto per 715 volte in quest'Aula e che tra 5 minuti ti batterà ancora una volta. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur. Vivaci commenti dai banchi dell'opposizione).
 
PARAVIA (AN). Arrogante! Arrogante!
 
FINOCCHIARO (Ulivo). Ieri, Natale D'Amico ha difeso - in quest'Aula - un articolo che quasi tutti, giornali compresi, hanno definito una "concessione" alla sinistra radicale. Sbagliato. Perché quell'articolo, quella formulazione ormai apparteneva a tutti, uno per uno, delle senatrici e dei senatori della maggioranza. Lo stesso potrei dire per altre parti della legge. Perché quest'anno, molto di più di quanto sia accaduto, paradossalmente, lo scorso anno - lo dico anche al Presidente del Consiglio - quella parte della legge finanziaria che è stata elaborata qui non è stata la tessitura paziente di un patchwork in cui trovare una composizione ponderata. Nella parte costruita qui al Senato è stato molto di più.. È stato il frutto del lavoro, ovviamente durissimo... (Commenti dal Gruppo AN). Ma non siete capaci di fare parlare qualcuno senza interrompere? (Applausi dal Gruppo Ulivo. Commenti dai banchi dell'opposizione). Non siete proprio capaci!
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, senatrice Finocchiaro. Vi prego, colleghi. Francamente resto abbastanza stupefatto del fatto che i colleghi dei Gruppi dell'opposizione hanno svolto i loro interventi, sviluppando anche critiche molto severe e aspre verso il Governo, era loro diritto, senza che nessuno di loro fosse interrotto. Vorrei che lo stesso avvenisse nei confronti della senatrice Finocchiaro. La prego di proseguire, senatrice.
FINOCCHIARO (Ulivo). È stato il frutto di un lavoro, certamente durissimo, molto paziente, di mettere a frutto insieme culture politiche diverse, ma soprattutto (lasciatemelo dire) di apprezzarne l'utilità per il cambiamento, la crescita, la coesione del Paese. Il che dimostra soprattutto una cosa: che c'è più forza espressiva comune in questa maggioranza di quanta noi stessi non pensiamo. Altrimenti non ce l'avremmo mai fatta. Lo dico perché capisco, bene, disagi e difficoltà politiche che si segnalano. E penso che vadano prese molto, molto sul serio. Perché l'abbiamo sperimentato proprio sul campo più aspro di questa finanziaria, in queste settimane in cui tutti gli osservatori politici si attendevano che qui finisse.
Ma lo dico perché forse è irrituale rispetto ai canoni che governano normalmente i discorsi politici - normalmente maschili - perché a me è capitato di capirlo molto più lucidamente di quanto fosse mai accaduto in questo anno e mezzo, così che il lavoro che abbiamo prodotto al Senato non ci appartiene a pezzetti per Gruppi, ma appartiene a tutta la maggioranza.
Voi ci avevate sottovalutati, ma noi ci eravamo sottovalutati.
Da oggi ricominciamo, colleghi. Ricominciamo a ragionare, a confrontarci con tutte le forze politiche, con i Gruppi parlamentari, con i colleghi che sceglieranno di discutere di riforme, a cominciare da quella elettorale e da quella istituzionale.

Perché l'attesa è finita, perché comincia di nuovo il futuro della politica e il futuro dell'Italia. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV, Misto-CS, Misto-Pop-Udeur e dei senatori Levi-Montalcini, Scalfaro e dai banchi del Governo. Molte congratulazioni).
ROSSI Fernando (Misto-Mpc). Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo la sesta o la settima potenza del mondo, conviviamo con milioni di poveri; con pensioni di invalidità a 243 euro al mese; abbiamo giovani - diversamente da quanto pensano alcuni colleghi del centro-destra - non del sottoproletariato, ma di categorie e fasce sociali che una volta si sarebbero dette benestanti, che, dopo anni di studio e qualche master, sono precari. Cresce l'incertezza sul futuro, da questa incertezza vengono le paure per l'immigrazione e per l'ordine.
La sesta potenza del mondo deve affrontare questi problemi.
Siamo in difficoltà nella competizione economica internazionale con altri sistemi Paese che si muovono sul basso costo delle materie prime e della manodopera e sulla mano libera nell'impatto ambientale. L'unica nostra possibilità è la competizione nella ricerca e nell'innovazione.
Abbiamo un apparato pubblico dove non ci muoviamo sulla base del merito e dell'efficienza, abbiamo partiti che nelle varie realtà vanno all'attacco e al saccheggio del denaro pubblico come strumento per la guerra di clientela con altre forze politiche e questo è un problema grande del Paese.
Una finanziaria dovrebbe servire ad affrontare tali problematiche e rimettere in marcia il Paese. Il centro-destra afferma che è una finanziaria contro qualcuno: non è vero, purtroppo è una finanziaria che non aiuta la partenza del Paese. Qualcosa si è ottenuto con questa finanziaria, poche cose, ma come riequilibrio sociale dei risultati ci sono. Ci sono anche delle ombre nel rapporto con il sistema bancario, ma degli impegni ne abbiamo sentito.
Il nostro Movimento vota a favore della finanziaria con l'unica motivazione che dopo questo Governo ci sarebbe di peggio. (Applausi della senatrice Rame).

 
RIPAMONTI (IU-Verdi-Com). Signor Presidente, sono onorato di svolgere la dichiarazione di voto a nome dei senatori di Insieme con l'Unione-Verdi-Comunisti italiani, di Rifondazione Comunista e della Sinistra Democratica. Credo ci saranno altri passaggi nelle prossime settimane e nei prossimi mesi a dimostrazione che è avviato un percorso ed un processo importante non solo per le forze che vi partecipano, ma anche per tutto il sistema politico italiano.
È questa una buona occasione per votare una buona finanziaria. La scommessa della politica economica del Governo è di tenere insieme il risanamento, l'equità e lo sviluppo. Voglio ricordare, signor Presidente, un aspetto di cui non si parla più, di cui probabilmente anche noi ci siamo dimenticati: questa è una finanziaria nella quale non c'è una manovra correttiva, a dimostrazione che i conti pubblici sono a posto e soprattutto che è nella volontà del Governo e della maggioranza di non mettere le mani nelle tasche degli italiani. (Applausi dai Gruppi IU-Verdi-Com, RC-SE e SDSE).
Vedete, la destra ha parlato di manovra di spesa: è invece una manovra di equità, indirizzata soprattutto verso i settori sociali più deboli; una manovra di sviluppo per far crescere il Paese attraverso il sostegno alle imprese e soprattutto per aumentare la capacità di spesa dei settori sociali più deboli, che poi incidono maggiormente sull'aumento dei consumi se hanno qualche soldo in più in tasca.
Ripeto, la destra ha parlato di finanziaria di spesa, invece il dato più clamoroso è che si aggrediscono in modo significativo i costi della politica. Voglio ringraziare, a nome di tutti, il senatore Villone, che ha posto con più forza, attraverso i suoi emendamenti questo tema. (Applausi dai Gruppi IU-Verdi-Com, RC-SE e SDSE). Si tratta di interventi rilevanti come mai si sono realizzati nella storia di questi anni, salvaguardando la partecipazione dal basso, cioè i costi della democrazia, e intervenendo invece in alto sui costi relativi ai parlamentari, sulla composizione del Governo, sugli stipendi altissimi dei dirigenti pubblici, sulla soppressione degli enti inutili, sul riordino degli enti intermedi tra i Comuni e le Province.
È una finanziaria popolare e indirizzata alla sostenibilità, come chiave di uno sviluppo sano, equo, sostenibile e duraturo. In prima lettura, altro dato significativo, l'abbiamo ulteriormente migliorata rispetto alla proposta iniziale, a dimostrazione - io credo - che questa maggioranza sta ritrovando la sua coesione interna, la sua unità, la consapevolezza della sfida alla quale tutti siamo chiamati.
Voglio ricordarne alcuni passaggi. Per il 2008 si prevede un intervento sul fiscal drag a favore dei lavoratori dipendenti. Le maggiori entrate, il cosiddetto tesoretto, del quale si è parlato in queste settimane, è destinato alla riduzione della pressione fiscale per i lavoratori dipendenti.
Si prevede l'abolizione del ticket (10 euro) sulla diagnostica, per un costo di 834 milioni di euro. Abbiamo trovato una copertura solida, una copertura che funziona. Non capisco perché ci sia stata questa opposizione da parte della destra nei confronti di una misura simile. Non si capisce perché la destra abbia impostato una campagna contro questa iniziativa, che credo vada invece incontro ad un'esigenza del nostro Paese.
Si prevede la stabilizzazione dei precari nella pubblica amministrazione. Non è, come si è detto in queste settimane, un regalo a chi entra nella pubblica amministrazione grazie a favori politici. È un atto di giustizia nei confronti di chi, per anni, ha prestato la propria opera, garantendo il funzionamento di uffici e di servizi, assicurando competenze e professionalità.
Si prevede la riforma complessiva, voglio ricordarlo, perché è un altro aspetto importante, del sistema degli incentivi per lo sviluppo delle fonti rinnovabili. L'Italia si mette al pari con l'Europa. L'Italia si avvia su una strada virtuosa e sostenibile che va vista insieme all'eliminazione dei CIP 6, cioè di quegli incentivi che venivano assegnati agli inceneritori per bruciare schifezze e che venivano pagatidai cittadini, attraverso la bolletta elettrica. Uno scandalo che abbiamo cancellato e ora sono finalmente disponibili 600 milioni di euro l'anno per le fonti rinnovabili. Inoltre, c'è la possibilità di avere tariffe più basse per i consumatori.
Abbiamo poi istituito il fondo per l'uranio impoverito, per garantire il riconoscimento al personale militare e civile e gli indennizzi per coloro che si sono ammalati per il contatto con queste sostanze che provocano cancro e infermità. Il fondo è destinato anche alla bonifica dei siti contaminati, come poligoni e mezzi navali utilizzati per il trasporto di questi materiali nocivi per la salute.
Credo siano passaggi importanti, che però dobbiamo confrontare con le proposte che abbiamo sentito in queste settimane, durante l'esame della finanziaria, da parte dell'opposizione, da parte della destra. L'opposizione, bisogna dirlo chiaramente, ha detto che sarebbe stato meglio non far niente, non approvare la finanziaria e andare all'esercizio provvisorio. C'è stata un'intervista autorevole sul "Corriere della sera" dell'ex ministro Tremonti, che ha detto che per l'Italia sarebbe stato meglio andare all'esercizio provvisorio. Lasciamo perdere l'esposizione negativa che potrebbe avere il nostro Paese sui mercati internazionali se noi dovessimo compiere realmente una scelta di questo tipo, ma la destra dovrebbe dire, non soltanto a quest'Aula, ma anche al Paese, cosa significa esercizio provvisorio, cosa significa non approvare questa finanziaria.
Ebbene, significa non garantire la quattordicesima mensilità per le pensioni basse. Significa che non c'è più la detrazione dell'ICI. Significa che non ci sono più i contributi per gli affittuari. Significa che si ritorna allo scalone Maroni il 1° gennaio 2008 e si introduce la pensione a sessant'anni.
Questo significa l'esercizio provvisorio. Significa che non c'è la riduzione della pressione fiscale per le imprese. Significa che non c'è la riduzione dei costi della politica. Significa che non c'è più il fondo di garanzia per chi ha contratto un affitto e lo vede crescere per l'aumento dei tassi di interesse. Questo è ciò che occorre dire al Paese. Se si dicono queste cose al Paese, il Paese capisce la nostra politica, quella attuata da questa maggioranza e da questo Governo. (Applausi dal Gruppo IU-Verdi-Com).
Penso che il Paese sia d'accordo con noi. Questa è una finanziaria giusta che farà bene al Paese. Il nostro è un voto convinto, è uno stimolo al Governo ad andare avanti, perché abbia come riferimento il suo programma e la sua maggioranza. Il Governo non si faccia distrarre dalle maggioranze di nuovo conio o da chi ritiene di essere autosufficiente.
La verità è che dopo la finanziaria si apre una nuova stagione politica, per il centro-sinistra certamente, ma anche per il centro-destra. La spallata è fallita, la campagna acquisti dei senatori è più complicata del previsto e allora c'è stata una reazione - concedetemelo - quasi rabbiosa da parte di Forza Italia. Forza Italia, in particolare, ha drammatizzato lo scontro per tenere viva l'attenzione sulla sua raccolta di firme per votare subito. Se c'è un voto da dare subito è il voto su questa finanziaria perché questo è il nostro impegno per il Paese e il centro-destra deve ridiscutere le modalità e le strategie della sua opposizione e la sua leadership.
Questa è la nuova stagione politica che si apre. Noi siamo pronti, per questo votiamo la finanziaria e diciamo al Governo di andare avanti. (Applausi dai Gruppi IU-Verdi-Com, RC-SE, SDSE, Ulivo e Aut. Congratulazioni).
 


SENATO. DI PIETRO: FRANCA RAME? IDV E' COMUNQUE ORGOGLIOSO DI LEI

Grazie, caro Antonio! Franca

 (DIRE) Roma, 15 nov. - "L'Italia dei valori e' orgogliosa di aver contribuito a far stare Franca Rame in Parlamento; credo lo spirito di servizio, l'abnegazione, la sua operativita' e la sua dignita' siano un motivo di orgoglio per noi". Il ministro e leader Idv Antonio Di Pietro parla per la prima volta pubblicamente dello 'strappo' di Franca Rame al senato, in dissenso per un voto sulla societa' Stretto di Messina durante l'esame nelle scorse settimane del decreto fiscale collegato alla finanziaria. E lo fa proprio nel transatlantico di Palazzo Madama, mentre la senatrice e' in aula a votare gli ultimi emendamenti alla manovra 2008.
Di Pietro non svela se si sono incontrati, lui e Rame, dopo l'annuncio della fuoriuscita dal gruppo. Dice solo: "Magari ci siamo sentiti telefonicamente". Non racconta, il ministro, se ha provato a convincere la senatrice a tornare sui suoi passi: "Rame e' persona che sta in Parlamento per quel che e'- taglia corto Di Pietro- si puo' condividere o non condividere alcune sue posizioni, cosi' come e' legittimo non condividere le mie".

  


Il triangolo nero

Violenza, propaganda e deportazione. Un manifesto di scrittori e artisti contro la violenza su rom, rumeni e donne
 
 
La storia recente di questo paese è un susseguirsi di campagne d'allarme, sempre più ravvicinate e avvolte di frastuono. Le campane suonano a martello, le parole dei demagoghi appiccano incendi, una nazione coi nervi a fior di pelle risponde a ogni stimolo creando "emergenze" e additando capri espiatori.        
Una donna è stata violentata e uccisa a Roma. L’omicida è sicuramente un uomo, forse un rumeno. Rumena è la donna che, sdraiandosi in strada per fermare un autobus che non rallentava, ha cercato di salvare quella vita. L'odioso crimine scuote l'Italia, il gesto di altruismo viene rimosso.
Il giorno precedente, sempre a Roma, una donna rumena è stata violentata e ridotta in fin di vita da un uomo. Due vittime con pari dignità? No: della seconda non si sa nulla, nulla viene pubblicato sui giornali; della prima si deve sapere che è italiana, e che l’assassino non è un uomo, ma un rumeno o un rom.
Tre giorni dopo, sempre a Roma, squadristi incappucciati attaccano con spranghe e coltelli alcuni rumeni all'uscita di un supermercato, ferendone quattro. Nessun cronista accanto al letto di quei feriti, che rimangono senza nome, senza storia, senza umanità. Delle loro condizioni, nulla è più dato sapere.
Su queste vicende si scatena un'allucinata criminalizzazione di massa. Colpevole uno, colpevoli tutti. Le forze dell'ordine sgomberano la baraccopoli in cui viveva l'assassino. Duecento persone, tra cui donne e bambini, sono gettate in mezzo a una strada.
E poi? Odio e sospetto alimentano generalizzazioni: tutti i rumenisono rom, tutti i rom sono ladri e assassini, tutti i ladri e gli assassini devono essere espulsi dall’Italia. Politici vecchi e nuovi, di destra e di sinistra gareggiano a chi urla più forte, denunciando l’emergenza. Emergenza che, scorrendo i dati contenuti nel Rapporto sulla Criminalità (1993-2006), non esiste: omicidi e reati sono, oggi, ai livelli più bassi dell’ultimo ventennio, mentre sono in forte crescita i reati commessi tra le pareti domestiche o per ragioni passionali. Il rapporto Eures-Ansa 2005, L'omicidio volontario in Italia e l’indagine Istat 2007 dicono che un omicidio su quattro avviene in casa; sette volte su dieci la vittima è una donna; più di un terzo delle donne fra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, e il responsabile di aggressione fisica o stupro è sette volte su dieci il marito o il compagno: la famiglia uccide più della mafia, le strade sono spesso molto meno a rischio-stupro delle camere da letto. Nell’estate 2006 quando Hina, ventenne pakistana, venne sgozzata dal padre e dai parenti, politici e media si impegnarono in un parallelo fra culture. Affermavano che quella occidentale, e italiana in particolare, era felicemente evoluta per quanto riguarda i diritti delle donne. Falso: la violenza contro le donne non è un retaggio bestiale di culture altre, ma cresce e fiorisce nella nostra, ogni giorno, nella costruzione e nella moltiplicazione di un modello femminile che privilegia l’aspetto fisico e la disponibilità sessuale spacciandoli come conquista. Di contro, come testimonia il recentissimo rapporto del World Economic Forum sul Gender Gap, per quanto riguarda la parità femminile nel lavoro, nella salute, nelle aspettative di vita, nell’influenza politica, l’Italia è 84esima. Ultima dell’Unione Europea. La Romania è al 47esimo posto.
Se questi sono i fatti, cosa sta succedendo?
Succede che è più facile agitare uno spauracchio collettivo (oggi i rumeni, ieri i musulmani, prima ancora gli albanesi) piuttosto che impegnarsi nelle vere cause del panico e dell’insicurezza sociali causati dai processi di globalizzazione.
Succede che è più facile, e paga prima e meglio sul piano del consenso viscerale, gridare al lupo e chiedere espulsioni, piuttosto che attuare le direttive europee (come la 43/2000) sul diritto all’assistenza sanitaria, al lavoro e all’alloggio dei migranti; che è più facile mandare le ruspe a privare esseri umani delle proprie misere case, piuttosto che andare nei luoghi di lavoro a combattere il lavoro nero.
Succede che sotto il tappeto dell’equazione rumeni-delinquenza si nasconde la polvere dello sfruttamento feroce del popolo rumeno.
Sfruttamento nei cantieri, dove ogni giorno un operaio rumeno è vittima di un omicidio bianco.
Sfruttamento sulle strade, dove trentamila donne rumene costrette a prostituirsi, metà delle quali minorenni, sono cedute dalla malavita organizzata a italianissimi clienti (ogni anno nove milioni di uomini italiani comprano un coito da schiave straniere, forma di violenza sessuale che è sotto gli occhi di tutti ma pochi vogliono vedere).
Sfruttamento in Romania, dove imprenditori italiani - dopo aver "delocalizzato" e creato disoccupazione in Italia - pagano salari da fame ai lavoratori.
Succede che troppi ministri, sindaci e giullari divenuti capipopolo giocano agli apprendisti stregoni per avere quarti d’ora di popolarità. Non si chiedono cosa avverrà domani, quando gli odii rimasti sul terreno continueranno a fermentare, avvelenando le radici della nostra convivenza e solleticando quel microfascismo che è dentro di noi e ci fa desiderare il potere e ammirare i potenti. Un microfascismo che si esprime con parole e gesti rancorosi, mentre già echeggiano, nemmeno tanto distanti, il calpestio di scarponi militari e la voce delle armi da fuoco.
Succede che si sta sperimentando la costruzione del nemico assoluto, come con ebrei e rom sotto il nazi-fascismo, come con gli armeni in Turchia nel 1915, come con serbi, croati e bosniaci, reciprocamente, nell’ex-Jugoslavia negli anni Novanta, in nome di una politica che promette sicurezza in cambio della rinuncia ai principi di libertà, dignità e civiltà; che rende indistinguibili responsabilità individuali e collettive, effetti e cause, mali e rimedi; che invoca al governo uomini forti e chiede ai cittadini di farsi sudditi obbedienti.
Manca solo che qualcuno rispolveri dalle soffitte dell’intolleranza il triangolo nero degli asociali, il marchio d’infamia che i nazisti applicavano agli abiti dei rom.
E non sembra che l'ultima tappa, per ora, di una prolungata guerra contro i poveri.
Di fronte a tutto questo non possiamo rimanere indifferenti. Non ci appartengono il silenzio, la rinuncia al diritto di critica, la dismissione dell’intelligenza e della ragione.
Delitti individuali non giustificano castighi collettivi.
Essere rumeni o rom non è una forma di "concorso morale".
Non esistono razze, men che meno razze colpevoli o innocenti.
Nessun popolo è illegale.
 
Per sottoscrivere: http://www.petitiononline.com/trianero/petition.html
 
Adesioni aggiornate alle 22.31 di martedì 13 novembre 2007:
 
Elaborato da
Alessandro Bertante, Gianni Biondillo, Girolamo De Michele, Valerio Evangelisti, Giuseppe Genna, Helena Janeczek, Loredana Lipperini, Monica Mazzitelli, Marco Philopat, Marco Rovelli, Stefania Scateni, Antonio Scurati, Beppe Sebaste, Lello Voce, Wu Ming.
 
Primi firmatari
Bruno Arpaia – Articolo 21– Andrea Bajani – Nanni Balestrini – Ivano Bariani – Remo Bassini – Silvio Bernelli – Stefania Bertola – Bernardo Bertolucci - Sergio Bianchi – Gianni Biondillo – Ginevra Bompiani – Laura Bosio – Botto&Bruno - Silvia Bre – Enrico Brizzi – Luca Briasco – Lanfranco Caminiti – Rossana Campo – Paola Capuzzo – Massimo Carlotto – Lia Celi – Mauro Covacich - Derive Approdi – Jacopo De Michelis – Filippo Del Corno – Erri De Luca - Mario Desiati – Igino Domanin – Francesco Forlani – Enzo Fileno Carabba – Marcello Flores – Marcello Fois – Enrico Ghezzi – Tommaso Giartosio – Lisa Ginzburg – Roberto Grassilli – Andrea Inglese – Franz Krauspenhaar – Kai Zen – Nicola Lagioia – Gad Lerner – Giancarlo Liviano – Carlo Lucarelli – Gordiano Lupi – Marco Mancassola – Luca Masali – Raul Montanari – Giuseppe Montesano – Giulio Mozzi – Moni Ovadia - Chiara Palazzolo – Valeria Parrella – Giuseppe Pederiali – Sergio Pent – Tommaso Pincio – Guglielmo Pispisa – Gabriele Polo – Andrea Porporati – Alberto Prunetti – Christian Raimo – Veronica Raimo – Ugo Riccarelli – Marco Rovelli – Clara Sereni – Piero Sorrentino – Carola Susani – Stefano Tassinari – Annamaria Testa – Laura Toscano – Emanuele Trevi – Filippo Tuena – Raf Valvola Scelsi – Giorgio Vasta – Grazia Verasani – Sandro Veronesi – Marco Vichi – Simona Vinci – Yo Yo Mundi - Franca Rame
 
Altre adesioni:
Fulvio Abbate – Cristina Ali Farah - Enzo Aggazio – Loredana Aiello – Max Amato – Cris Amico – Cinzia Ardigò – Roberto Armani – Paolo Arosio – Rossano Astremo – Eva Banchelli – Guido Barbuijanni – Adriano Barone – Daniela Basilico – Antonella Beccaria – Gigi Bellavita – Violetta Bellocchio – Paola Bensi – Alessandro Beretta – Alberto Bertini – Marco Bettini – Paolo Bianchi – Valter Binaghi – Enrico Blasi –Augusto Bonato – Carlo Bordini –Valentina Bosetti – Giovanni Bozzo – Anna Bressanin – Annarita Briganti – Gianluca Bucci – Elisabetta Bucciarelli – Manuela Buccino – Franco Buffoni – Errico Buonanno – Giusi Buondonno – Daniele Caluri – Nives Camisa – Carlo Carabba – Eleonora Carpanelli – Silvia Castoldi – Ettore Calvello – Francesco Campanoni - Fabrizio Centofanti – Marcello Cimino – Paolo Cingolani – Beatrice Cioni – Francesca Corona – Stefano Corradino – Marina Crescenti – Vittorio Cartoni – Marcello D’Alessandra – Cristina D’Annunzio – Gabriele Dadati – Manuela Dall’Acqua – Patrizia Debicke van der Noot – Lello Dell’Ariccia – Paolo Delpino – Valentina Demelas – Prisca Destro –Donatella Diamanti – Tecla Dozio – Nino D’Attis – Bruna Durante – Arturo Fabra – Franco Fallabrino – Giulia Fazzi – Giorgia Fazzini – David Fiesoli – Lissa Franco – Gabriella Fuschini – Daniela Gamba – Barbara Garlaschelli – Maria Nene Garotta – Luisa Gasbarri – Massimiliano Gaspari – Catia Gasparri – Valentina Gebbia – Lucyna Gebert – Lello Gurrado – Francesca Koch - Rossella Kohler – Daniela Lampasona – Federica Landi – Albertina La Rocca – Filippo Lazzarin – Elda Levi – Mattea Lissia – Giorgio Lulli – Monica Lumachi – Alessandro Maiucchi – Ilaria Malagutti – Felicetta Maltese – Emanuele Manco – Federica Manzon – Roger Marchi – Mauro Marcialis – Adele Marini – Gianluca Mascetti – Laura Mascia – Giusy Marzano – Anna Mascia – Mara Mattoscio – Stefano Mauri – Lorenzo Mazzoni – Ugo Mazzotta – Michele Mellara – Michele Meomartino – Sandro Mezzadra – Camilla Miglio – Paola Miglio – Laura Mincer – Olek Mincer – Mauro Minervino – Roberto Mistretta – Elena Mora – Giorgio Morale – Elio Muscarella – Nino Muzzi – Anna Negri – No Reply – Giovanni Nuscis – Dida Paggi - Valentina Paggi – Enrico Palandri – Enrico Pau – Alessandra Pelegatta – Leonardo Pelo – Graziella Perin - Seba Pezzani – Santo Piazzese – Alessandro Piva – Serena Polizzi – Massimo Polizzi – Nicola Ponzio – Kiki Primatesta – Maddalena Pugno – Paolo Reda – Luigi Reitani – Jan Reister – Sergio Rilletti – Mirella Renoldi – Patrizia Riva – Monica Romanò – Alessandro Rossi – Anna Ruchat – Marta Salaroli – Carlo Salvioni – Bianca Sangiorgio – Veronica Santo – Simone Sarasso – Dimitri Sardini – Monica Scagnelli – Angela Scarparo – Gabriella Schina – Elvezio Sciallis – Marinella Sciumè – Gian Paolo Serino – Matteo Severgnini – Michèle Sgro – Carlo Arturo Sigon – Nicoletta Sipos – Antonio Spaziani – Mario Spezi – Susi Sacchi – Stalker/Osservatorio nomade – Claudia Stra’ – Luigi Taccone – Giorgio Tinelli – Veronica Todaro – Sara Tremolada – Francesco Trento – Giovanna Tridente – Tonino Urgesi – Chiara Valerio – Sasa Vulicevic – Maria Luisa Venuta – Roberto Vignoli – Diego Zandel – Salvo Zappulla
 
 
 
 
 
 


NON SI VIVE DI SOLO PANE

di  Antonietta M. Gatti
 
Da quando Enzo Biagi è morto i particolari della sua emarginazione sono venuti a galla.
Qualcuno ha sentito che le sue parole ferivano più di una spada, quindi ha dato ordine di “far qualcosa”. Si è detto che fu emanato quello che è stato subito battezzato l’“editto bulgaro” contro di lui (Berlusconi lo emanò da Sofia). Adesso si chiama così. Una volta si chiamava carognata, poi pugnalata alle spalle, quindi mobbing.
La verità è che i diretti superiori di Biagi si sono sentiti in dovere di far qualcosa.
Non vorrei essere stata nei loro panni perché da una parte avevano l’opinione pubblica con cui fare i conti, dall’altra dovevano rispondere a una persona cui non potevano dire di no se volevano continuare a stare su quella sedia e ad avere uno stipendio (lauto) alla fine del mese. In modo farsesco, impacciato, tutt’altro che intelligente ma efficace ci sono riusciti.
Lo hanno emarginato, gli hanno impedito di far conoscere il suo pensiero, lo hanno imprigionato in nella gabbia dei suoi pensieri.  Hanno messo il suo cervello in salamoia, sperando che diventasse asfittico. Hanno chiuso il volume della sua voce. Semplice.
La mafia uccide con la “lupara”, in altri ambienti si uccide un’anima, un cervello con il volume della voce.
Ma ora devono fare i conti con qualcosa di diverso: hanno creato un martire.
Chi soffocherà quel venticello di disdegno che sta salendo dal basso verso le più alti sfere?
Un uragano comincia sempre così, con un venticello che via via diventa sempre più impetuoso, sino a che diventa furia incontrollata.
In questo caso non si può spegnere l’audio, semplicemente perché non c’è il bottone.
Ma di martiri in giro ce ne sono sempre di più.
La gente cui si deve chiudere la bocca semplicemente perché non le si può spegnere il cervello sta aumentando. Si chiama censura delle idee. Chi denuncia è a sua volta denunciato.
Non si possono toccare le alte sfere. Non c’è diritto di critica.
Chi mi ospita ha subito in passato questa censura. E’ stato allontanato dal suo luogo di lavoro. Le si è impedito di lavorare perché le sue idee non erano “in linea”. Le idee “curve” hanno sempre dato molto fastidio. Ma ugualmente gli emarginati sono riusciti ad inventarsi un altro lavoro, sicuramente  diverso. Hanno detto ciò che pensavano in circoli privati, in stadi, dovunque ci fosse qualcuno desideroso di sapere, di conoscere un altro punto di vista.
Io stessa ho subito la censura dei colletti bianchi. E’ sottile, meno goffa, perché fa riferimento a regole, a virgole, a commi che nessuno deve seguire, tranne te.
A te viene imposto di seguire anche la nota a piè di pagina, magari secondo un’interpretazione particolare. Impossibile farlo? Non è affar loro.
Se la tua ricerca lede interessi o di una persona o di un gruppo, non hai possibilità di lavorare. Per esempio, ti vengono a dire che il laboratorio dove lavori non è a norma 626, come se fosse compito del lavoratore sopperire ad una carenza che spetta al datore di lavoro risolvere. Così ti chiudono non la ricerca (in Italia la ricerca è libera!) ma il luogo dove quella ricerca la svolgi. Semplice.
Abbiamo in questo momento altri casi emblematici di persone alle quali tolgono le inchieste perché le  indagini si dirigono verso l’alto. Allora ti “fregano” lavorando di regolamenti, di commi che non hai seguito alla lettera, in modo da far apparire che sei tu a non aver fatto il tuo dovere. Va detto, per amore di verità, che seguire dette procedure in quell’ambiente significa affossare tutto. Se, però, sei inattaccabile dal punto di vista della “carta”, si lavora di calunnia. Nei salotti buoni il capo di turno si lascia sfuggire un pettegolezzo, un’insinuazione ed in men che non si dica ti ritrovi con malattie mentali, amanti, frequentazioni sospette e via discorrendo. Tutti si allontanano da te. Sei solo. Hanno trovato il modo di togliere la mela buona dal cesto delle mele marce.
Così continuiamo ad emarginare le nostre menti più belle e vedrete che cosa ci rimarrà fra poco: pochi cervelli e per di più putridi, buoni neanche per il gatto. Ma il potere sarà salvo come pure i soldi che intorno al potere inevitabilmente ruotano. Potete stare tranquilli: quelli vi usciranno dalla bara, tanti ce ne sono. Diceva Verga “Roba mia vientemene cummè”, quando il protagonista avido sta per morire e si rende conto che ha speso la sua vita ad accumulare soldi che non si può portare nell’aldilà. E l’accumulo di potere non fa differenza.
In tutte queste storie non c’è morale, non c’è odio; c’è, invece, apatia, disamore per tutto e per tutti.
Ci stiamo avvicinando ad una morte nella mente, o, meglio, nell’anima, e nel corpo. Quando saremo tutti ridotti a livello di zombie, cari potenti , che cosa farete? Come i parassiti più stupidi avrete consumato l’ospite che vi nutriva, perché a quel livello noi non avremo più nemmeno la forza (e l’interesse) per andare a votarvi. Vi ritroverete in un cimitero dove l’unica voce è la vostra. Vi farete l’eco per farvi compagnia. E sarà allora che anche il vostro cervello vi tradirà.