italiana

Lettera a Mario Monti di Franca Rame

Gentile professor Mario Monti,
leggendo i giornali ogni giorno, sento il bisogno di rivolgerle alcune domande. Mi scusi l’ardire, ma mi sento molto inquieta.
 
Il 31 dicembre il mio giornale, Il Fatto Quotidiano, pubblica la lettera inviata dal lettore Carlo L. al direttore Antonio Padellaro: “Sono un assiduo lettore del Fatto (…), oggi sto con Monti senza se e senza ma; e sto con Bersani per la fatica che un uomo deve fare per controllare la 'ciurma'. Tenga le mie osservazioni nel conto che crede, ma non deluda quanti guardano alla concordia per il bene del Paese”.
Il direttore Padellaro, persona che stimo, risponde: “Ho scelto questa lettera perché esprime in modo affettuoso ma severo un’opinione abbastanza diffusa tra i lettori del Fatto (….). Davvero stiamo esagerando con le critiche a Monti? (….) Davvero non comprendiamo che bisognerebbe lasciarli lavorare in pace? (…) Abbiamo giudicato l’arrivo di Monti e della sua squadra un ottima notizia, lo abbiamo scritto e continueremo ad affermarlo. Sappiamo bene che la manovra era indispensabile ma se in essa, al di là degli annunci rassicuranti troviamo molto rigore, poca equità e niente sviluppo, dobbiamo forse tacere in omaggio alla 'tensione morale' di chi l’ha varata?”.
 
Conosco bene, presidente Monti, la situazione del nostro Paese sta diventando veramente pesante, seria e pure tragica. Basta cliccare su www.Italiaora.org per veder apparire qualcosa di sorprendente: in rosso un contatore gira vertiginosamente con accanto la voce: debito pubblico. La cifra è in questa frazione di secondo (ore 10) di € 1.919.838.900.900; soldi spesi in interessi sul debito pubblico € 53.340.632; soldi evasi al fisco €4.466.133.774.
Lasciamo per un attimo “interessi” e “fisco” e concentriamoci solo sul debito pubblico. Pubblico vuol dire nostro, vuol dire tuo, di tuo figlio, tua moglie, tuo nonno e bisnonno, vicino di casa ecc. Lo dividiamo per il numero degli italiani, neonati compresi (61.016.804): risultato € 31.464,45. Brutta sorpresa trovarsi sulle spalle € 31.464,45 di cui non hai responsabilità alcuna. Guardi il tuo bimbo di due mesi… e ti viene spontaneo gridargli: “Spendaccione!” Dal momento che noi riceviamo poco o nulla dal nostro Stato, ci viene normale andare a vedere su internet di chi è la responsabilità dei nostri guai. Da accurate analisi svolte da vari giornalisti, da Stella e Rizzo a quel Marco Travaglio che è pure il Diavolo in persona, evinciamo che i nostri parlamentari stanno benino in salute... e vivono pure meglio: dal 2004 hanno anche la sedicesima in busta paga. Quello che nel linguaggio comune è definito "stipendio", per loro diventa “indennità” e ammonta a 5.486 euro netti, a cui seguono la “diaria” pari a 3.503,11 euro e i rimborsi per le "spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori", roba da 3.690 euro, più 3.323 euro di rimborso viaggi, più 4 mila euro per il portaborse che il più delle volte è pagato molto meno, per giunta in nero. Completano la scheda le voci sull'assegno di fine mandato, le prestazioni previdenziali e sanitarie ovviamente gratuite.
Bene, bene! E non è finita: “i deputati usufruiscono di tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale”. Per i trasferimenti dal luogo di residenza all'aeroporto Roma-Fiumicino percepiscono un sostanzioso contributo. E’ finita qua? No: 3.098,74 euro per le spese telefoniche. La Camera fornisce ai deputati pure i telefoni cellulari. Insomma, tra annessi e connessi, chi gestisce il Paese percepisce 20 mila euro mal contati al mese. La sola Camera dei deputati costa al cittadino 2.215 euro al minuto!
Si sta promuovendo un referendum per l’abolizione dei privilegi di tutti i parlamentari, ma ne parla perlopiù solo Internet e pochi giornali e nessuna tv.
 
Due mesi fa, constatato che la situazione “Italia” e il problema con l’Europa è serio e tragico, il presidente Napolitano ha chiamato lei, professor Mario Monti, a governare: "L’Italia è affidabile e Monti lo dimostrerà". A leggere il suo curriculum (presidente dell'Università Bocconi dal 1994, commissario europeo per il Mercato Interno tra il 1995 e il 1999 e per la Concorrenza fino al 2004, senatore a vita dal 9 novembre 2011 e dal 16 novembre presidente del Consiglio nonché ministro dell'Economia e delle Finanze dello suo stesso governo), direi proprio che lei abbia le carte in regola. Ma, dalla sua nomina a oggi 6 gennaio, sono passati 58 giorni. Che è accaduto in questi 58 giorni?
L’evento più eclatante che ha fatto levitare il giudizio del Paese da freddino a caldino nei suoi confronti è stato certamente il blitz a Cortina. Ma il resto? Proseguo facendo mie le domande di Padellaro.
Come mai, signor Presidente del Consiglio, ha nominato super-ministro (Sviluppo economico, Infrastrutture, Trasporti e Telecomunicazioni) il banchiere Corrado Passera? Non lo sapeva che era gravato da un pesante conflitto d’interessi? Ci voleva il Fatto per informarla?
Come mai non ha ancora annullato l'acquisto per 15 miliardi (la metà esatta della sua manovra finanziaria) dei famigerati 131 cacciabombardieri americani?
E delle licenze gratis ai boss delle slot machine, che mi dice? Lei sa quante famiglie in Italia si sono rovinate e continuano a rovinarsi, con giovani e anziani tramutati in “corpo unico” con quelle macchine infernali? Le sembra dignitoso ridurre lo Stato italiano a biscazziere?
Intende intervenire per bacchettare sulle gengive la signora Polverini e la sua giunta per i vitalizi distribuiti a piene mani ai politici, anche quelli silurati, amici suoi? E delle incredibili spese dell’Agenzia del Territorio diretta dalla sorella di Alemanno che ne pensa? E delle sue 30 uova di struzzo decorate e donate a tizio e caio… ma dallo Stato pagate? Gliele rompiamo a martellate?
Siamo in tanti ad aspettare che lei mantenga i suoi encomiabili propositi di tagliare le unghie rapaci alla casta. Tra Senato e Camera, a sgovernarci ci sono 945 individui, molti dei quali non so proprio cosa governino oltre ai propri interessi. Ai miei tempi (sono stata senatrice votata dagli italiani di 5 regioni, per 19 mesi. Prima che cadesse il governo Prodi mi sono dimessa, stanca di vedere cestinata ogni mia proposta di giustizia sociale) ricevevo 15 mila euro al mese. Cifra oggi di gran lunga superata.
Non sono certo la prima a restare perplessa di fronte a una manovra economica che colpisce in modo indifferenziato i contribuenti, fra aumenti del carburante e mazzate ai pensionati. Unendo la mia voce a quella di tanti, vorrei sottolineare che da questa crisi non si può pensare di uscire semplicemente mettendo qualche cerotto al sistema. Dobbiamo pensare a un nuovo modello di sviluppo che segni una vera rottura con il passato. Non possiamo continuare con un sistema che permette a pochi furbi di far colare a picco un’intera economia e che al contempo premia chi questo fallimento ha voluto e usato per arricchirsi.
 
Oggi molti italiani la appoggiano, ma si aspettano anche una vera riforma del sistema, a cominciare dalle follie burocratiche e dagli sprechi, che sono il terreno sul quale fioriscono la corruzione e l’evasione fiscale. Deludere queste aspettative non sarebbe solo ingiusto e impopolare, ma non ci farebbe neppure uscire dalla crisi, anzi la aggraverebbe ancor di più.
Non c’è tempo da perdere: già oggi milioni di italiani devono fare i conti con una situazione economica disperata. Il diffondersi della miseria non può essere considerato un inevitabile effetto collaterale. Non lo è. Al contrario affrontare le difficoltà degli ultimi è l’unica via. La via del rigore senza solidarietà porta al collasso. Pensando a tutto il moltissimo che dovrà fare nei prossimi giorni, speriamo mesi, le auguro buon lavoro con tutto il cuore e la saluto cordialmente.
 
Franca Rame
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[STAMPA] Appello del Sindacato Pensionati Italiani CGIL

Non si esce dalla crisi senza equità e giustizia sociale.
Oltre ottanta personaggi del mondo della cultura, dell’economia, dell’università e dello spettacolo hanno sottoscritto l’appello dello SPI CGIL rivolto al governo e al Parlamento

 

ROMA - Oltre ottanta personaggi del mondo della cultura, dell’economia, dell’università e dello spettacolo hanno sottoscritto l’appello dello SPI CGIL rivolto al governo e al Parlamento «Non si esce dalla crisi senza equità e giustizia sociale». Tra le tante adesioni spiccano quelle del giurista Stefano Rodotà, degli scrittori Andrea Camilleri, Giorgio Bocca e Ermanno Rea, degli attori Dario Fo, Franca Rame, Moni Ovadia e Lella Costa, del magistrato anti-mafia Antonio Ingroia, del fondatore di Libera don Luigi Ciotti e di quello di Emergency Gino Strada, di don Andrea Gallo, della scienziata Margherita Hack e dei Presidenti delle Associazioni familiari delle vittime delle stragi di Piazza della Loggia e di Piazza Fontana Manlio Milani e Carlo Arnoldi.

«Nella manovra che viene imposta al paese - si legge nell’appello - manca un chiaro e concreto segno di equità, il rigore è a senso unico e la giustizia sociale è inesistente». Per lo SPI non è, infatti, equo far pagare il costo della crisi ai pensionati, ai lavoratori e ai giovani di questo paese mentre si registra ancora troppa reticenza nel definire una patrimoniale, nell’aumentare il prelievo sui capitali scudati e nell’affrontare questioni quali l’evasione fiscale, gli sprechi e i privilegi.

«Pretendiamo - continua l’appello - un paese che dia lavoro, un futuro per i giovani, serenità agli anziani e un welfare basato sulla giustizia sociale. Dalla crisi si esce solo con più equità e meno sacrifici scaricati sui soliti noti». «Lo SPI - si legge in conclusione - non starà fermo a guardare e a subire ma continuerà a combattere affinché l’Italia diventi un paese migliore, più giusto e più equo».

clicca qui e scarica l'appello

fonte: diariodelweb.it

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Morti sul lavoro - Osservatorio Indipendente di Bologna

Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro
Attivo dall’1 gennaio 2008 in ricordo dei sette lavoratori della Thyssenkrupp
e di tutti i lavoratori morti sul lavoro

COMUNICATO STAMPA del 12/12/2011
Superati anche i morti dell’intero 2008

Oggi 12 dicembre 2011 con 638 morti sui luoghi di lavoro e 1110 (stima minima) se si sommano i lavoratori morti in itinere e sulle strade, registriamo + 7,4% sull’intero 2010, alla fine dell’anno arriveremo ad un’aumento di oltre 10%, e su un dato certo, quello dei morti sui luoghi di lavoro rilevati e archiviati giornalmente dall’Osservatorio dall’1 gennaio 2008. Alla fine dell’anno si stimano complessivamente oltre 1160 morti contro i 1080 del 2010. Un andamento veramente sconsolante, anche rispetto al pessimo 2010 dove a fine anno registrammo +5,5 rispetto al 2009. Si torna così indietro di 4 anni in quest’autentica emergenza sociale: il 20 novembre sono stati superati i morti sui luoghi di lavoro dell’intero 2010, il 2 novembre quelli dell’intero 2009.

In questo momento 12 regioni hanno già eguagliato o superato, alcune con percentuali superiori al 100%, i morti sui luoghi di lavoro dell’intero 2010. Le altre regioni stanno avendo un calo molto contenuto rispetto ad un pessimo 2010. Su queste tragedie non è possibile nessuna distinzione tra amministrazioni di Centro-Destra o di Centro-Sinistra. Dai dati raccolti dall’Osservatorio emerge in modo molto evidente che il calo sulle morti sul lavoro che le statistiche ufficiali registrano (ma non l’Osservatorio) è dovuto soprattutto al calo delle morti nell’itinere e dei lavoratori che lavorano sulle strade e questo senza merito di alcuno ma solo ai mezzi di trasporto tecnologicamente più sicuri. Per fortuna anche i lavoratori acquistano automobili più sicure una volta rottamate le vecchie: quando le statistiche ufficiali parlano di calo occorre pensare soprattutto a quest’aspetto.

E questo cosa significa? Che nessuna Istituzione nazionale o locale si è occupata in modo continuativo e articolato delle morti sul lavoro che portano il lutto in tantissime famiglie. Solo la presenza del Sindacato in un luogo di lavoro sembra produrre effetti positivi sugli infortuni sul lavoro.

Il tanto vituperato sud ha complessivamente un andamento migliore del centro-nord. E non si parli di “indice occupazionale” per giustificare la differenza tra le regioni. “L’indice occupazionale” è una “balla” da spendere verso l’opinione pubblica per giustificare un cattivo andamento locale su questo fronte. Regioni del centro-nord considerate civilissime sotto molti altri aspetti, compresa quella dell’Osservatorio, con amministrazioni di destra o di sinistra, hanno un numero incredibile di morti sul lavoro, non nelle Fabbriche come si è portati a credere, ma in agricoltura, in edilizia e nei servizi alle imprese. Anche in una provincia altamente industrializzata come quella di Brescia, che guida da diversi anni la triste classifica delle morti sui luoghi di lavoro, gli infortuni mortali sono soprattutto tra edili e agricoltori. E edili e agricoltori ci sono in eguali misure in tutto il paese. “L”indice occupazionale” non ha neppure un valore statistico: a morire per oltre il 60% sono anziani agricoltori e edili che lavorano in nero o grigio. In agricoltura, che registra da sola il 33% di tutte le morti sul lavoro, tantissime vittime sono pensionati, schiacciati dal trattore che si ribalta e li travolge. Sono 131 in Italia dall’inizio dell’anno gli agricoltori uccisi dalla bara in movimento che è il trattore. Questi lavoratori non sono neppure considerati morti sul lavoro perchè già in pensione: spesso, lavorando sui campi, cercano solo di arrotondare le loro magre pensioni eche hanno il merito di coltivar tantissime aree del paese che altrimenti sarebbero abbandonate e in preda all’incuria e ai disastri ambientali. Ma la cosa che fa indignare di più è che basterebbe poco per salvare loro la vita con interventi mirati sulla cabina per evitare che siano sbalzati fuori dal trattore, nel caso di manovre sbagliate. In edilizia a morire sono giovani edili meridionali e stranieri anche nei cantieri del centro-nord: in aziende piccolissime, che lavorano spesso con commesse ottenute in sub appalto in nuove costruzioni, o in ristrutturazioni di case e appartamenti. Alcuni edili lavorano in nero e talvolta il “padrone” neppure esiste: ci sono pensionati o lavoratori che svolgono altre attività autonomamente, e senza responsabilità di terzi, mettendosi a fare lavori pericolosi in agricoltura, edilizia, giardineria, ecc. Molti s’improvvisano giardinieri e muoiono travolti dall’albero che segano o cadendo dall’albero che stanno potando. Altri s’improvvisano elettricisti, o muratori che vanno sui tetti senza impalcature a dare una mano ad un familiare, o all’amico e cadono al suolo sfracellandosi. Tutte queste tragedie non hanno nessuna copertura assicurativa. E si potrebbe continuare con una casistica molto corposa. La mancata esperienza e della dotazione di strumenti sicuri, in lavori rischiosi, provocano delle autentiche carneficine. E’ un aspetto controverso, ma è giusto denunciarlo se si vogliono salvare vite umane e far comprendere che ci sono lavori pericolosissimi che non si possono improvvisare, e che chi li fa, o li fa fare, si assume tutte le responsabilità del caso quali denunce penali e pagamento dei danni ai familiari delle vittime. Noi consideriamo anche queste vittime “morti sul lavoro”. Anche in questi casi l’INAIL, non essendo assicurati all’Istituto, non li annovera tra i propri “morti sul lavoro”: come del resto non lo sono gli anziani agricoltori e i militari e in tantissime altre situazioni che non stiamo ad elencare. Altra cosa sono i tantissimi “sfruttatori” che speculano su poveri immigrati e italiani bisognosi di lavorare, artigiani o piccole imprese che hanno lavoratori in nero, in grigio, o assunti regolarmente con contratti precari e stipendi da fame, ma che lavorano anche 10 o 12 ore al giorno mettendo così a rischio la propria vita. Lavorano col ricatto del licenziamento, mai esplicitato, ma che incombe sulle loro teste per tantissimi aspetti lavorativi, comprese le contestazioni sulla mancanza di “Sicurezza”. A volte sono proprio i proprietari della piccola impresa a morire per infortuni sul lavoro. Se si esclude l’agricoltura che ha aspetti particolari, si muore per la maggior parte nelle piccole e piccolissime aziende, nei servizi alle imprese e nei cantieri. Nelle aziende sindacalizzate, nonostante gli occupati siano milioni, le morti sui luoghi di lavoro sono pochissime, intorno al 2-3% sul totale. In questi giorni si parla di un aumento dell’età della pensione: vorrei ricordare che oltre il 25% di tutti i morti sui luoghi di lavoro ha oltre 60 anni: è disumano far continuare a lavorare persone in età avanzata che svolgono lavori faticosi e pericolosi. Vuol dire far aumentare in modo vertiginoso le morti sul lavoro. Anche i giovani lavoratori precari senza il diritto di contestare la mancata “Sicurezza” pena il licenziamento, pagano un prezzo elevatissimo di sangue. Poi ci sono le morti in itinere e sulle strade che ogni anno sono pecentualmente dal 50 al 55% di tutte le morti sul lavoro e anche in questo caso sono possibili interventi mirati per prevenirle.

 

Qui sotto l’andamento regionale e provinciale delle morti sui luoghi di lavoro.

Carlo Soricelli

Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro. per approfondimenti http://cadutisullavoro.blogspot.com

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Situazione sul territorio
Qui sotto la situazione in ogni regione comparata con i morti sui luoghi di lavoro di tutto il 2010, col colore rosso sono evidenziate le regioni che hanno già eguagliato o superato i morti sui luoghi di lavoro dell’intero 2010:

Piemonte 48 registra + 71,4% in più dell'intero 2010 (28 morti)
Liguria 15 morti come nell'intero 2010 (15 morti)
Val d’Aosta 3 morti come nel 2010
Lombardia 73 morti -9,8 % sull’intero 2010 (81 morti)
Trentino Alto Adige 22 morti -31,2% sull’intero 2010 (32)
Friuli Venezia Giulia 12 morti +71,4% dell’intero 210 ( 7 morti)
Veneto, 47 morti registra – 11,3% sull’intero 2010 (53 morti)
Emilia Romagna 53 morti + 32,5% sull’intero 2010 (40 morti).
Toscana 41 morti +41,3% sull’intero 2010 (29 morti)
Marche 18 morti + 28,5% rispetto al 2010 (14 morti)
Umbria 17 nel 2011, +142% rispetto al 2010 (7 morti)
Abruzzo 27 morti + 28,5% rispetto al 2010 (21 morti)
Lazio 42 morti lo stesso numero di morti dell'intero 2010 (42 morti)
Molise 4 morti + 33% rispetto all'intero 2010 (3 morti)
Campania 38 morti -20,8% sull’intero 2010 (48)
Puglia 38 morti -15,5 % rispetto all’intero 2010 (45 morti)
Calabria 20 +11% rispetto all’intero 2010 (18 morti)
Basilicata 5 morti – 16,6% rispetto all’intero 2010 (6 morti)
Sicilia 42 morti lo stesso numero di morti del 2010 (42 morti).
Sardegna 22 morti - 8,3 dell’intero 2010 (24 morti)

Nel numero totale delle vittime segnalate nelle province mancano i lavoratori morti sulle strade, autostrade, itinere e i militari morti in Afghanistan, con questi si arriva a a sfiorare 1100 morti sul lavoro dall’inizio dell’anno (stima minima).

Le province con più di 5 morti sui luoghi di lavoro
Brescia 20, Torino 17 - Roma 15, Bolzano e Milano 14 - Bologna 12 e Frosinone12 - Chieti 11 - Vicenza, Venezia L'Aquila, Bergamo, Catania, BAT, Perugia, Napoli e Reggio Emilia 10 – Savona e Benevento 9 – Ragusa, Lecce, Foggia, Macerata, Arezzo, Trento, Padova e Cuneo 8 – Salerno, Treviso, Avellino, Firenze, Cosenza, Viterbo e Latina 7 - Terni, Trapani, Piacenza, Parma, Como, Catanzaro, Oristano 6 – Rovigo, Messina, Palermo, Bari, Alessandria, Brindisi, Nuoro, Cagliari, Caserta, Grosseto, Livorno, Forli-Cesena, Mantova, Varese, Asti, Udine 5.

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[STAMPA] Appello a Rita Borsellino Firmano anche Dario Fo e Franca Rame

Sindaco, un appello a Rita Borsellino Firmano pure Dario Fo e Franca Rame

Una lettera firmata da cittadini, studenti, professionisti ma anche da rappresentanti del mondo della cultura e dell'arte: "Serve un rinascimento per la città"

Leggi tutto: http://www.palermotoday.it/politica/elezioni-comunali-2012/elezioni-sindaco-appello-borsellino-intellettuali.html
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rita borsellinoGli intellettuali prendono carta e penna per un appello a Rita Borsellino, candidata alle primarie per il sindaco di Palermo. Un invito accorato che arriva oltre che dal mondo della cultura e dell'arte, anche da cittadini, studenti e professionisti. Hanno infatti firmato, tra gli altri, Dario Fo, Franca Rame, Vincenzo Consolo, Renato Scarpa, Ernesto Maria Ponte, Vincenzo Guarrasi, Mario Azzolini, Giuseppe Cutino, Enrico Deaglio, Simonetta Agnello Hornby.

Annuncio promozionale Il contenuto dell'appello e le adesioni fin qui raccolte saranno presentate alla stampa domani alle ore 15.30 presso il salone della Chiesa Evangelica Valdese di Palermo. «Al di là delle scelte dei partiti e degli accordi politici intendiamo appellarci a Rita Borsellino pubblicamente per disegnare il nuovo rinascimento per Palermo e iniziare a ricostruire tutti insieme il prossimo futuro della città», spiegano i promotori dell'appello. Alla presentazione ci saranno Virgilio Bellomo, ingegnere, Titti De Simone, giornalista e scrittrice, Marco Pomar, Anna Bucca, presidente Arci Sicilia.

fonte: palermotoday.it

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[VIDEO] Le Pillole di Vox - Dario Fo

Il premio Nobel Dario Fo e sua moglie l'attrice Franca Rame ospiti sul palco del Teatro Valle Occupato per un incontro e un confronto con i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo, che da giugno hanno occupato il Valle e stanno lavorando allo statuto della Fondazione. Qui un estratto della serata catturato dalle telecamere de Le Pillole di Vox...

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[STAMPA] Crisi: Dario Fo, l'opposizione rinunci a tutti i privilegi!

(ASCA) - Roma, 10 nov - ''L'opposizione dovrebbe rinunciare a tutti i privilegi. Tutti insieme dovrebbero rifiutare la paga e prendere quanto un assessore di un Comune di provincia''.

Dario Fo in un'intervista a Left in edicola di nuovo insieme a L'Unita', suggerisce alla sinistra un gesto eclatante. ''Dovrebbero dire: noi da questo momento non accettiamo piu' questi soldi. Sarebbe un colpo straordinario. Spiazzerebbero davvero gli altri, che sono in Parlamento solo per denaro. Con una mossa cosi' farebbero saltare tutto, dalle auto blu ai privilegi''.

''In questo momento bisogna dare segnali forti e chiari, altrimenti si va avanti con le denunce e poi non succede nulla'', insiste Dario Fo per il quale ''il fatto piu' grave e' che Berlusconi ha gestito la crisi mettendo tutto in burletta, raccontando le barzellette, dicendo che va tutto bene, che la nostra economia tira che e' un piacere, che stiamo meglio degli altri, cioe' mentendo spregiudicatamente, malgrado gli allarmi di chi ha sempre detto che la situazione e' gravissima e stiamo andando tutti a rovescio. A farne le spese sono soprattutto i giovani, che non trovano lavoro - aggiunge Fo - Siamo arrivati a due milioni di disoccupati. Non era mai successo in Italia, nemmeno nei periodi piu' orrendi''.

Ma cosa puo' fare la gente? ''Soprattutto deve essere informata. Non si puo' andare avanti a caso. Bisogna stare attenti ai discorsi, darsi da fare, partecipare ai convegni intelligenti. I ragazzi lo hanno capito, tant'e' vero che sono di una vivacita' impressionante'', conclude Dario Fo che insieme a L'Unita' organizza per sabato 12 novembre al teatro Eliseo una tavola rotonda dal titolo ''L'informazione a sinistra''.

 

fonte: asca.it

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[VIDEO] Dario Fo: “B si dimette? E’ solo un trappolone”

Al teatro Valle di Roma occupato, Dario Fo commenta la situazione politica attuale, e l’annuncio delle dimissioni di Silvio Berlusconi dopo l’approvazione della legge di stabilità.

Una trappola, anzi un trappolone per annientare la sinistra e convincere tutti che si ha ancora bisogno di lui”.
L’opposizione, secondo Fo, non potrebbe dare mai l’ok a provvedimenti come la riforma dell’art 18 o a tassazioni che colpiscono solo i più deboli, quindi cresceranno le divisioni, lo scontro.

La sinistra dovrà pronunciarsi su un provvedimento, quello chiesto dall’Europa, che inoltre non si conosce, non esiste, ma che già divide. E’ davvero – conclude – un abile mostro, questo Berlusconi”.

Il Video di Irene Buscemi

fonte: ilfattoquotidiano.it

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[AUDIO] Dario Fo: "Impariamo dai maestri dell'acqua"

"Non si può sempre scaricare la responsabilità politica su chi è venuto prima di noi" così il premio Nobel per la letteratura Dario Fo commenta - a Radio Babboleo News - il disastro dell'alluvione genovese.
Questa mattina Dario Fo ha scritto un intervento sul Secolo XIX, parlando dei "maestri dell'acqua" del Medio Evo, chiamati a prevedere le allerte di fiumi e torrenti. Ma la storia com'è cambiata, dai re del passato ai potenti di oggi?

Ascolta l'intervento integrale...

fonte: babboleo.it

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[STAMPA] L'AMACA

 

di Michele Serra

«Dicono tutti che c’è la crisi ma i ristoranti sono pieni» è un classico dell’uomo della strada. Lo dice il tassista, lo dice l’avventore del bar, probabile che lo abbia detto ciascuno di noi in uno di quei momenti di spensierata dabbenaggine che costellano la vita di ogni persona qualunque. Sentire per la prima volta pronunciare quella frase al G20, da un capo di governo, è una svolta storica: vuol dire che l’uomo della strada, con tutta la sua spensierata dabbenaggine, è arrivato al vertice.
Ci ritroviamo dunque ad essere governati da uno qualunque, che quando pensa una fesseria qualunque la dice a tutti. Probabile che alcuni italiani ne siano soddisfatti ne siano soddisfatti: “che bello, finalmente un pirla come me è al potere, questa sì che è democrazia”. Ma è probabile, anche, che altri italiani, tra i quali mi annovero, ne siano invece desolati. Forse suggestionati da vecchie letture scolastiche (Pericle, per esempio) pensavano che la democrazia fosse una selezione dei migliori. Aperta a tutti ma destinata ad individuare i migliori. Il vecchio concetto di classe dirigente, insomma. Ritrovarsi rappresentati nel mondo da uno che pensa e parla come l’ultimo di noi è un bruciante fallimento. Votare per uno “come noi” significa sprecare il voto e sprecare la democrazia. Vogliamo votare per uno che sia migliore di noi. Per questo – soprattutto – non abbiamo mai votato Berlusconi.

da La Repubblica, 5 novembre 2011.

 

Grazie, Franca.

 

 

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[VIDEO] Potere Dromedario 1977

Documentario di Giuliano Zincone per la RAI a dieci anni dal 1977 che raccoglie interviste a Radio Alice, Radio Popolare, Primo Moroni, Dario Fo, Silvano Agosti, Franco Berardi Bifo, Andrea Pazienza, Skiantos e molti altri protagonisti della controcultura in Italia. Raitre 1987.
Tra i tanti interventi, da segnalare Dario Fo che ci parla di "Non si paga! Non si paga!" (minuto 28:00) una delle opere di Dario Fo e Franca Rame più rappresentate e Andrea Pazienza che ci racconta il suo personaggio "Pentothal" e "Il Male" (minuto 18:00) che in queste settimane è stato riproposto.
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[STAMPA] Dario Fo e Franca Rame - Ospiti il 20 ottobre dell'Università La Sapienza di Roma

Il premio Nobel Dario Fo e Franca Rame saranno gli ospiti d'onore della manifestazione organizzata dalla Dott.ssa Marisa Pizza per la presentazione di ECLAP che avrà luogo a Roma giovedì 20 ottobre 2011, grazie al Centro Teatro Ateneo della Sapienza Università di Roma e con la collaborazione dell’Università degli Studi di Firenze (coordinatore di ECLAP), della Compagnia Teatrale Fo-Rame e della Fondazione Rinascimento Digitale e del MIBAC- Direzione Generale per lo Spettacolo dal vivo.

ECLAP è il nuovo archivio online delle arti dello spettacolo in Europa, co-finanziato dal Programma ICT- PSP CIP della Commissione europea: per la prima volta, le collezioni dei più importanti istituti e archivi europei delle arti dello spettacolo - prime fra tutte, in Italia, quella di Dario Fo e Franca Rame e quella del Centro Teatro Ateneo - saranno accessibili online attraverso un portale dedicato e attraverso EUROPEANA, la biblioteca digitale europea, con la traduzione dei metadati nelle maggiori lingue.

Nel corso dell’evento, il secondo di un ciclo di appuntamenti internazionali previsti da ECLAP, Dario Fo e Franca Rame presenteranno il loro archivio, in cui sono conservati documenti, video, immagini e testi di oltre 50 anni di attività della Compagnia Teatrale Dario Fo e Franca Rame. I materiali saranno messi a disposizione di ECLAP e confluiranno in Europeana. “Aderendo a ECLAP – sottolinea Dario Fo – intendiamo sostenerne il programma di conservazione valorizzazione e uso sociale del patrimonio artistico, reso possibile da un portale unico di accesso delle arti performative con diffusione nella Digital Library di Europeana”. Esiste, infatti, un ricco patrimonio di film, registrazioni, audiovisivi, immagini, schizzi, bozzetti, molti dei quali sono conservati in archivi e luoghi separati sparsi in tutta Europa che altrimenti rischierebbe di andare disperso.

 

11 ottobre 2011 Roma fonte: ustation.it

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[STAMPA] Dario Fo: “Tutti dobbiamo darci da fare”

‘Ricucire l’Italia’: in ventimila a Milano Dario Fo: “Tutti dobbiamo darci da fare”
Personalità della cultura, politici, giornalisti e società civile 'in piazza' per l'evento. Il sindaco Pisapia: "Il berlusconismo sta finendo, vinceremo di nuovo". Saviano: "E' il momento di osare di più"

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 8 ottobre 2011

manifestazione milano dario fo “E’arrivato il momento in cui tutti ci dobbiamo dare da fare per il bene della collettività”: l’appello del premio Nobel Dario Fo è forse la sintesi più riuscita di “Ricucire l’Italia” , la manifestazione organizzata da ‘Libertà e Giustizia‘ all’Arco della pace di Milano. Sole, vento, tante personalità sul palco, quasi 25mila persone ad ascoltare gli interventi: sono gli ingredienti di un successo che sembra essere la seconda tappa di quanto avvenuto a febbraio scorso, quando l’associazione chiese pubblicamente le dimissioni di Berlusconi. Dai 10mila del Palasharp ai 25mila di oggi il passo è breve. “Le piazze si riempiono quando non sono i partiti a chiamarle” ha detto il vicedirettore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, che ha interpretato in tal maniera la voglia di cambiamento proveniente dalla base del Paese.
“Proviamo scandalo per ciò che traspare dalle stanze del governo, ma ci pare anche più gravemente offensivo del pudore politico un Parlamento che, in maggioranza, continua a sostenerlo, al di là di ogni dignità personale dei suoi membri”: è ciò che ha scritto, invece, il presidente emerito della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky nell’appello in apertura dell’evento. Su intercettazioni e legge bavaglio, ha aggiunto: “In democrazia è importante conoscere anche ciò che non è penalmente rilevante”. Gli ha fatto eco Marco Travaglio, che ha ricordato come il bavaglio non sia una creatura solo di centrodestra, visto che tutto l’arco parlamentare lo ha voluto, tranne qualche rara eccezione. Per il giornalista, inoltre, non ci si può fidare di una maggioranza che parla della possibilità di inserire l’ennesima sanatoria nel dl sviluppo dopo averne fatti già 18 in pochi anni.
Ad aprire le danze è stata Sandra Bonsanti, presidente dell’associazione organizzatrice, che dopo aver citato Primo Levi e Don Ciotti, chiesto un minuto di silenzio per le donne di Barletta e detto che “la società civile vuole pesare” (“non voteremo chi vota la legge bavaglio”), ha letto un messaggio inviato per l’occasione da Umberto Eco. “In questo spaventoso declino della vita politica italiana facciamo sentire la voce di una società civile ancora sana, così da far capire anche all’estero che l’Italia vera siamo noi” ha scritto il professore.
Numerose le personalità alternatesi sul palco, con Luisella Costamagna a coordinarne gli interventi. Presenti gli storici Paul Ginsborg e Salvatore Veca, gli ex magistrati Bruno Tinti e Giuliano Turone, il sociologo Marco Revelli, il presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia, Claudio Fava di ‘Libera’, il segretario della Fnsi Franco Siddi, i costituzionalisti Lorenza Carlassare e Valerio Onida, i giornalisti Michele Serra, Lirio Abbate e, come detto, Marco Travaglio, più tutta una serie di altri ospiti di rilievo.
Dopo l’intervento di Sandra Bonsanti, il primo a parlare è stato il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che dal palco si è detto sicuro della imminente fine politica di Berlusconi e della sua coalizione. “Milano è la città da cui è partito il cambiamento dell’Italia – ha detto il primo cittadino – . Al Palasharp – ha ricordato – io avevo lanciato una sfida a Berlusconi, dicendovi ‘la prossima volta sarò il vostro sindaco’. Abbiamo vinto a maggio scorso e vinceremo la prossima volta, che sono convinto sarà presto”. Successivamente, Pisapia ha parlato della manovra finanziaria e delle conseguenze funeste che essa ha avuto e continuerà ad avere nelle politiche degli enti locali, collegando i due aspetti. “Il governo ha capito che dalle città si sta alzando un vento nuovo, perciò con la manovra penalizza le risorse locali per frenare il cambiamento, ma il vento nuovo continuerà ad alzarsi” ha detto il sindaco, che poi ha lasciato spazio al primo frammento del videomessaggio inviato dallo scrittore Roberto Saviano.
L’autore di Gomorra ha rivendicato il “diritto alla felicità” che “non può che avvenire in una società di diritto”. Poi ha parlato del crollo di Barletta e della morte delle operaie senza contratto. “Il lavoro nero sta proteggendo l’Italia dalla crisi spesso i padroni sono ex lavoratori in nero a loro volta che vivono in queste condizioni – ha detto Saviano - . Trovarsi insieme è un modo di non perdere la speranza, di resistere all’idea che il talento non serva nulla, che vale una segnalazione. Se ragioniamo così hanno già vinto loro, chi è in questo momento al governo, cerca di far passare l’adagio che siamo tutti uguali e che chi critica è ipocrita, perché si comporta nello stesso modo e vuole solo la nostra poltrona”. Come si risponde a tutto questo? Per Saviano non ci sono dubbi: “Trovando la possibilità di coinvolgere le persone in un grande progetto di riforme per cambiare passo e superare questa realtà ossidata”. Questo, per lo scrittore “è il momento di osare di più”.

 

Simile il pensiero del premio Nobel Dario Fo, secondo cui nella contingenza “tutti devono darsi da fare in prima persona. Serve una partecipazione straordinaria, bisogna discutere, litigare e cercare di venire avanti avendo come obiettivo gli interessi della collettività. Ognuno si deve interessare ai problemi degli altri: non per curiosità, ma per amore verso gli altri”. Lo storico inglese Paul Ginsborg, invece, ha offerto una visione ‘altra’ della fine di Silvio Berlusconi, che “non è crollato, è un uomo molto tenace e determinato. E’ stato sottovalutato mille volte, ma è un uomo che combatte fino alla fine”. “Questo è un regime – ha continuato Ginsborg – tante volte il Corriere della sera e anche nel centrosinistra ci hanno deriso per averlo detto. In realtà questo è un regime caratterizzato da un conflitto d’interessi patologico che deforma la democrazia, ma è difficile che riesca ad andare oltre il 2013. Neanche Houdini-Berlusconi può fare così tanto”. Ginsborg, poi, ha parlato da una prospettiva ‘internazionale’ sulla situazione italiana: “In Europa ci si chiede come mai non riuscite a liberarvi di Berlusconi – ha detto -. E’ una cosa difficile da spiegare. Ma certo con una maggioranza in Parlamento, Napolitano non può sciogliere le Camere”. La situazione, a sentire Ginsborg, “fa malissimo all’immagine dell’Italia, anche sui mercati finanziari”. Tra i tanti interventi, da segnalare lo sguardo al futuro del presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia, secondo cui la situazione è ormai intollerabile. “Non basta più pensare solo alla fine di questo governo, bisogna anche pensare a che cosa faremo dopo. La maschera è caduta, non possiamo aspettare un 25 luglio che non sappiamo se ci sarà” ha detto Smuraglia. Piazza piena, impegno civile, idee per il futuro e lotta per la libertà d’informazione nel presente: il messaggio di ‘Ricucire l’Italia” è chiaro; l’intervento di chiusura di Gustavo Zagrebelsky lo riassume al meglio: “Non ci dicano che questa nostra piazza è una piazza antipolitica o apolitica – ha detto il presidente emerito della Corte Costituzionale – . E’ una piazza prepolitica, perché da qui parte una domanda ai nostri partiti politici di riferimento, quali che essi siano, affinché recuperino la loro funzione politica”. La ricetta di Zagrebelsky è una sola: “abbandonare le divisioni di tipo personale, le correnti e trovare l’unità attorno a qualche grande idea politica, senza programmi elettorali di ottanta pagine. Si rendano conto che ciò di cui abbiamo bisogno è la loro presenza. E si rendano conto che, se questo vuoto non viene colmato rapidamente, è in discussione la democrazia”. Come dire: una piazza per la democrazia.

 

fonte: ilfattoquotidiano.it

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[VIDEO] Passaparola. Essere presenti fino all'impossibile - Dario Fo

Dario Fo: "Siamo in uno stato tragico davvero. C'è una crisi che si sviluppa in forme drammatiche. A parte quello che è successo in questi giorni nel sud, con queste quattro donne schiacciate dentro una palazzina. Con una ragazzina, la figlia del padrone, addirittura. Queste donne che si scopre che lavoravano per una miseria.
C'è la situazione del governo: il governo che da un giorno all'altro sembra proprio andare giù. Ci sono quelli che avvertono: tutte le agenzie, gli uomini politici, stranieri, poi c'è perfino il Vescovo, il Cardinale, il Papa. Tutti che avvertono: "guardate che non si va avanti."

Mi fa venire in mente subito un film che ho visto tanto tempo fa, Buster Keaton, uno dei pochi film dove c'era un sonoro. C'erano delle urla, dei suoni, esplosioni, musica. Si svolgeva tutto con un sacco di clown dentro un palazzo, uno stanzone enorme. Si capiva dal movimento, dalla pantomima, che si trattava di un governo. Un governo dove tutti quanti stavano litigando: si facevano cattiverie, insulti, si prendevano a schiaffi - da clown naturalmente - e nel mezzo c'era una statua. La statua indicava la presenza straordinaria del Presidente della Repubblica, di cui si trattava in quel momento. Si davano insulti e soprattutto c'erano grandi rumori. A un certo punto ci si accorge che la statua barcolla, allora tutti smettono di litigare tra loro e accorrono per tenerla su e si mettono uno sulla spalla dell'altro per prendere le scale e montano su per tenerla. La testa si sta distaccando, la rimettono, la riavvitano, poi scendono piano, piano e si mettono di nuovo seduti e cercano di non fare rumore perché hanno capito che il rumore, l'urlo, le parole gridate, le bestemmie determinano questo trillare e questo movimento. Parlano piano, poi si dimenticano del pericolo che cada questa statua che è emblematica del potere, soprattutto si sente che se crolla quella statua, crollano tutti. Ecco che a un certo punto si mettono a urlare di nuovo, ma poi fanno silenzio perché c'è questo muoversi della statua che addirittura si agita e ecco che di colpo fanno silenzio e parlano piano, piano e ce ne è uno che starnuta e lo azzittiscono subito. Un altro che ha un colpo di tosse, un altro che ha paura della statua che gli cada addosso, si mette a urlare: “Fermo!”, lo tappano, lo buttano per terra e poi si mettono intorno alla statua e la statua sta su, piano, piano andiamocene, vanno fuori, piano, piano, escono e quando stanno per uscire, “CRÀ!”, di nuovo la statua si muove. Qualcuno si muove per tenerla su, niente, cade, cade, cade, via tutti escono, escono, escono e comincia a muoversi anche il palazzo, il palazzo crolla, escono appena, appena, appena un pelo escono “WAAA!” tutto quanto crolla il palazzo con la statua di mezzo. Questi che si sono appena salvati cominciano a piangere, disperati: "cosa succede? Noi?" Scoppia una grande risata, si guardano e ci sono di dietro a loro centinaia, migliaia, una folle enorme di gente che applaude e grida: “Oh, finalmente era ora, era ora!”

Anche noi aspettiamo quell'“era ora”, ma credo che non basti aspettare così alla finestra che ognuno di noi deve fare il proprio mestiere e in questo caso il proprio dovere per meglio dire è informare, essere presenti, partecipare, non aspettare che gli altri risolvano i problemi e che ci diano il via e soprattutto evitare i silenzi, i rimandi di certi politici e mettersi in testa che solo una presenza intensa ha la possibilità di risolvere in problema, essere presenti fino all'impossibile, questo è il nostro dovere!"

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