Milano

[STAMPA] "Lazzi sberleffi e dipinti": Dario Fo pittore in mostra a Palazzo Reale (Milano)

La personale di Dario Fo, in mostra sino al 3 giugno 2012: oltre 400 lavori, realizzati in decenni di attività. Scopri maggiori dettagli.
 
dario fo
 
Forse non tutti sanno che Dario Fo, premio Nobel per la letteratura nel 1997, prima di essere un grande drammaturgo, regista e attore, ha iniziato la sua carriera artistica come pittore. Una passione, un primo amore, che la città di Milano ha scelto di celebrare attraverso una personale organizzata a Palazzo Reale sino al 3 giugno 2012.
 
"Lazzi sberleffi e dipinti": questo il titolo delle circa 400 opere, realizzate in decenni di lavoro, che saranno esposte in una delle gallerie più importanti d'Italia. Non solo tele, ma anche disegni, acquerelli, marionette, maschere e monumentali acrilici. Una mostra che, ove ne fosse necessario, conferma l'assoluta trasversalità artistica di Fo.
 
Svariate anche le tematiche che si succedono cronologicamente approfondendo il discorso satirico-politico e finanziario della storia recente: il berlusconismo, la corruzione e la speculazione edilizia, la cattiva gestione dei soccorsi ai terremotati dell'Aquila e così via muovendosi nell'attualità.
 
Un'esposizione che si pone anche quale doveroso omaggio all'amata compagna di una vita, Franca Rame, e all'Accademia di Brera, da sempre, luogo d'incontro con i maestri Achille Funi, Carlo Carrà e Aldo Carpi.
 
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[STAMPA] Piazza Fontana: Romanzo di una Strage. Intervista a Franca Rame, una testimone che non ha dimenticato

 
Qui di seguito pubblichiamo un'intervista di Silvana Silvestri a Franca Rame apparsa su Il Manifesto di oggi. Si tratta di un commento al film di Marco Tullio Giordana "Romanzo di una strage" che parla della Strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969.
 
INTERVISTA:
Franca Rame: una testimone che non ha dimenticato
di Silvana Silvestri
 
L'ultimo film di Marco Tullio Giordana Romanzo di una strage ha più la vocazione di un "romanzo sceneggiato" ben appoggiato su schemi collaudati che di un film militante. Sposta in tempi remoti e come oramai definitivamente conclusi un panorama politico su cui invece si basa ancora la nostra convivenza civile e su cui è bene non abbassare la guardia. Secondo le modalità del cinema italiano si portano in primo piano i personaggi e si lascia che le trame, il contesto svaniscano in uno sfondo indifferenziato. La divisione tra buoni e cattivi è molto sottolineata e i buoni diventano vittime sacrificali sul cui sangue versato, come nell'antica mitologia, fondare lo stato: Pinelli, Moro, Calabresi posti sullo stessi piano perchè appaiono autonomi  nelle loro idee, non manipolabili e quindi pericolosi. Chi ha vissuto quegli anni ne averte ancora con brividi tutto il fuori campo che nel film non c'è. Le lotte studentesche e operaie, le manifestazioni contro la guerra nel Vietnam, leleggi da stato di polizia, le dittature già imposte e le altre a venire.
Per un mese intero Morte accidentale di un Anarchico fu allestito nel Cile di Allende, al Teatro dell'Università dall'ottobre al novembre del 1970. E' importante perchè dopo il colpo di stato di Pinochet, Dario Fo e Franca Rame misero in scena Guerra di un popolo in Cile dove in realtà si parlava chiaramente della situazione italiana. A Franca Rame che ha partecipato da sempre alla vita politica e intellettuale del paese, senatrice, militante in prima linea e che ha pagato anche duramente per questo, voce di tutto un movimento e un paese attraverso il teatro che esprimeva le verità che non si dicevano, chiediamo un parere sul film. E la sua risposta è decisa: il film manca di coraggio, non si sente il paese e i giovani non capiranno che cosa succedea in quei giorni.
 
Ho avuto la possibilità di vederlo e rivederlo questo film con molto interesse. Le intenzioni sono buone, ma… Quel che dico è sicuramente pesante: manca di coraggio.
Un giovane vedendo oggi il film di Giordana cosa può capire di quegli anni? E soprattutto non dice che a Calabresi fu tolta la scorta… “Vai… e tanti auguri!”. Chi l’ha ucciso? Si sa. Ma chi non lo sa? Sì… viene accennato. Ma, a mio avviso, non basta.
Si vede solo il corpo del commissario abbandonato per terra tra le macchine come fosse “dimenticato” lì da qualcuno. Non si sente il furore, la fatica, l’ansia politica di quegli anni. Non c’è Milano. La situazione era tremenda, cominciavano i primi arresti, è stata una pagina di storia stragista, ‘sporca’, ambigua, assassina.
Quello che sapevamo e che si vede anche nel film è che certamente Calabresi non era nella stanza quando Pinelli fu fatto volare dalla finestra del IV piano della questura di Milano. Quando Dario mise in scena Morte accidentale di un anarchico, era in atto il processo Calabresi-Lotta continua. Dopo l’udienza gli avvocati difensori di Lc. ci raggiungevano a teatro e ci raccontavano quello che era emerso durante il dibattimento che veniva immediatamente inserito nello spettacolo.
 
Non sarà che il film vuole collocare la vicenda nel passato una volta per tutte?
Siamo certi siano passati quei momenti? Tira una brutta aria in questo Paese.
Ma cosa possono capire i giovani disinformati come sono, se non si dà una corretta realtà del passato? Non c’è la visione reale di quello che si stava vivendo… mancano le lotte operaie e studentesche… le cariche della polizia, le manganellate, gli arresti… e possiamo dirlo, in questura si sentivano le urla degli interrogati. C’è chi le ha pure registrate.
 
In qualche modo si continua a parlare in modo ambiguo di Valpreda, «ballerino e violento» la sua criminalizzazione non è certo sospesa, né quella degli anarchici in genere
Ho molti amici anarchici, qualcuno forse esaltato, (ma gli esaltati credo si trovino ovunque) ma generosi e onesti come pochi. Conoscevo Pietro da prima della strage di cui fu accusato. L’ho seguito durante la sua pesante carcerazione. Conservo tutte le sue lettere. Si è fatto tre mesi in isolamento con la luce sempre accesa… non appena si appisolava lo andavano a svegliare. Proibito dormire, capito? Durante quei tre mesi non ha visto altro che le guardie carcerarie. Nessun avvocato, nessun parente. E quando dico nessuno voglio dire proprio *nessuno*.
Un’esperienza che non vorrei vivere.
E dopo 1110 giorni di carcere viene scarcerato il 29 dicembre grazie alle numerose manifestazioni popolari organizzate dal movimento per la sua libertà, Dario ed io siamo andati a salutarlo. Grande commozione.
Posso dire che il film c’entra poco con quello che è realmente successo in quel periodo difficile per tutti. Nel suo caseggiato c’erano poliziotti all’ingresso e ad ogni piano, che chiedevano i documenti a chi entrava. Sua zia Rachele che per lui era come una madre, quando è stato rilasciato, lo lasciava uscire solo con me. Di fianco a Valpreda la vita non era facile. I fascisti volevano farlo fuori. Si era quindi accompagnati dalla polizia. Noi per nostro conto, loro in macchina. Dovevo comunque comunicare al Questore i nostri movimenti.
Se si andava a vedere un film, due poliziotti si sedevano dietro, due davanti e due di lato. Per l’ultimo dell’anno avevamo uno spettacolo a Bologna. Penso che sia ora che Valpreda Pietro passi un momento tra i compagni, decidiamo quindi con Dario e Jacopo di portarlo con noi. Avverto la questura dello spostamento. Si parte in macchina, come sempre seguiti dall’autovettura della polizia. Causa la neve e le strade gelate, perdiamo la scorta perché è finita fuori strada.
Ora al ricordo, sorrido… ma allora la tensione era molta. Contatto con il telefono della mia macchina, la questura di Milano comunicando l’incidente. “Troverà il questore di Bologna ad aspettarvi al casello dell’autostrada.” Mi si risponde. Tiro un gran sospiro. Così è stato.
Raggiungiamo il locale dove si doveva tenere lo spettacolo. Un mare di gente. Pietro emozionato oltre misura. Si può capire. Pure tutti noi avevamo il magone in gola.
A mezzanotte al momento del brindisi qualcuno ha iniziato a fischiettare “bandiera rossa” seguito da tante altre voci… che bellezza! Che respiro… poi lentamente ci si zittisce… scende un gran silenzio… siamo tutti sospesi… e nel silenzio ci sono i singhiozzi di Pietro che assapora il piacere dell’amicizia, della fratellanza, della libertà.
 
fonte: il Manifesto
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[STAMPA] Jannacci canta per Dario Fo a Palazzo Reale

'El purtava i scarp del tennis' cantata in coro a Palazzo Reale. E' stato il momento più intenso della mattinata straordinaria per la mostra di Dario Fo 'Lazzi sberleffi dipinti'.
 
Una insolita jam session del duo di Enrico Intra e Franco Cerri ai quali si e' unito prima Enzo Jannacci e poi, una mezz'ora più tardi, ormai inaspettato da molti, Adriano Celentano. Nonostante le sue non buone condizioni di salute, Jannacci ha concesso alla piccola platea, in parte seduta per terra in parte in piedi, il momento più emozionante della mattinata intonando una delle sue canzoni più famose dedicata alla lunghissima amicizia con Dario Fo (video di Luigi Bolognini)
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[FOTO] La grande festa per Fo a Palazzo Reale

Grande abbraccio di folla per l'evento di Palazzo Reale in occasione della mostra dedicata al Dario Fo pittore. Protagonisti di una jam session musicale Enrico Intra e Franco Cerri ai quali si è unito Enzo Jannacci che ha regalato un'emozione speciale al pubblico cantando 'El purtava i scarp del tennis" in coro con tutti i presenti e nonostante le sue condizioni di salute non buone. Presente anche Adriano Celentano
dario fo e enzo jannacci
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[VIDEO] Fo, Jannacci e Celentano ricordano esordi: Enzo canta, Adriano no

Fo, Jannacci e Celentano ricordano esordi: Enzo canta, Adriano no
Al Palazzo Reale di Milano per la mostra dedicata a premio Nobel
 
video dario fo
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Milano, (TMNews) - Dario Fo, Enzo Jannacci e Adriano Celentano insieme per ricordare la Milano che fu, gli esordi musicali alla Taverna messicana e al Santa Tecla, immortalati in un quadro della mostra "Lazzi Sberleffi Dipinti", allestita a Palazzo Reale e dedicata al Premio Nobel. Insieme a loro il pianista Enrico Intra e il chitarrista Franco Cerri, che Fo ha conosciuto 62 anni fa.
 
"Questo è un incontro storico, adesso arriva anche Jannacci che si alza solo per noi, perchè era a letto". Jannacci, nonostate un'operazione chirurgica imminente, non si lascia scappare l'occasione e intona "El purtava i scarp de tennis", una delle sue canzoni più famose. Un'esibizione non prevista, ma molto apprezzata.All'arrivo di Celentano si scatena la ressa di giornalisti e fotografi. Il cantante poi si unisce al gruppo, sempre sotto il vigile sguardo della moglie Claudia Mori: a differenza di Jannacci non canta, nonostante le richieste del pubblico, ma racconta qualche aneddoto del passato musicale in comune.
 
"Addirittura io ho detto, stiamo insieme e facciamo un contratto: se per caso sfondiamo quello che guadagniamo dividiamo in parti uguali, loro avrebbero accettato, lui e Gaber, ma gli altri non hanno accettato e devo dire meno male". Poi Celentano saluta e lascia la sala e il palazzo, accompagnato dalle guardie del corpo.
 
fonte: tmnews.it
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[STAMPA] IL TESORIERE BUTTAFUORI SENZA UNA GIACCA DECENTE articolo di Lidia Ravera sul Fatto Quotidiano di oggi, 06 aprile 2012.

BASSO, GRASSO, TONDO. Due ombre nere al posto della barba e dei capelli. Una bella faccia da posteggiatore napoletano, di quelli che per 50 centesimi ti storpiano "O sole mio", avvilita da piccoli occhi furbi, imperturbabili fino alla tracotanza.

'E Francesco Belsito, genovese, qualunquemente brutto nonostante l'età (41 anni) e la disponibilità economica (ha tre Porsche e neppura una giacca decente).

Nasce autista di Guido Biondi, dopo esser stato un ottimo buttafuori da discoteca, un non meglio identificato "animatore" e un solerte spacciatore di focaccine.

La sua ascesa verso i paradisi artificiali della politica inizia con il sottosegretariato dei diversamente intelligenti (la Semplificazione) e si conclude con la carica più ambita dai diversamente onesti (tesoriere). 

Evidentemente le focaccine erano buone. Ma è sufficiente? Sì. La dote più spiccata del politico moderno è la disponibilità a tutto. Portare borse, fondi, sesso, consensi e voti. 

Per diventare tesoriere è richiesta, per curriculum, anche una particolare passione: utilizzare a scopi privati soldi pubblici.

Dopo la doppietta Lusi-Belsito chi sarà beccato? Non si potrebbe, nell'attesa, ridurre i finanziamenti ai partiti? Sono soldi nostri, in fondo!

 

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[STAMPA] GIOVEDI' 5 APRILE 2012 DARIO FO INCONTRA FRANCO CERRI, ENRICO INTRA, ENZO JANNACCI E ADRIANO CELENTANO

Milano, Palazzo Reale accesso dalla mostra

GIOVEDI' 5 APRILE 2012 ORE 10.30
 

DARIO FO INCONTRA  FRANCO CERRI e ENRICO INTRA
e il trio degli studenti dei Civici Corsi di Jazz

Saranno presenti: Enzo Jannacci e Adriano Celentano

Evento si svolge all'interno degli spazi della mostra a Palazzo Reale Lazzi Sberleffi Dipinti
Per l'occasione l'ingresso sarà gratuito dalla ore 9.30 alle 12.00

"Come dice Dario Fo, 'Lazzi Sberleffi Dipinti' non è una mostra, ma uno spettacolo iniziato con la 'Bottega d'artista' , proseguito poi con gli incontri con gli studenti dell'accademia di Brera, in un continuum che andrà avanti, ne siamo certi, fino alla chiusura della mostra" - ha affermato l'assessore alla Cultura Stefano Boeri.

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[STAMPA] Negli spazi della mostra, Dario Fo incontra Enrico Intra e Franco Cerri

 

Ospiti eccezionali Adriano Celentano e Enzo Jannacci

Milano, 3 aprile 2012 – Giovedì 5 aprile, alle ore 10:30, a Palazzo Reale, negli spazi della mostra “Lazzi  Sberleffi Dipinti” dedicata a Dario Fo, il pianista e compositore Enrico Intra e il chitarrista Franco Cerri suoneranno e parleranno con Fo di Milano e delle loro esperienze comuni. Insieme a loro, anche un trio di studenti dei Civici Corsi di Jazz, la scuola del Comune di Milano diretta da Musica Oggi, l'associazione di Cerri, Intra e Maurizio Franco. All’incontro saranno presenti anche Enzo Jannacci e Adriano Celentano.
 
“Come dice Dario Fo, ‘Lazzi Sberleffi Dipinti’ non è una mostra, ma uno spettacolo iniziato con la ‘Bottega d’artista' , proseguito poi con gli incontri con gli studenti dell'Accademia di Brera, in un continuum che andrà avanti, ne siamo certi, fino alla chiusura dell'esposizione”, ha affermato l’assessore alla Cultura Stefano Boeri.
 
Dario Fo e i due popolari jazzisti milanesi si sono più volte incontrati, a partire dagli anni ’60, dando vita a spettacoli di cabaret, combinando con maestria il teatro, la musica e la canzone. Armonie che i tre artisti non mancheranno di far rivivere al pubblico durante l’incontro a Palazzo Reale.
 
Ingresso allo spettacolo è libero con il biglietto della mostra, che per l’occasione sarà ridotto a € 7,50.
 
 
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[STAMPA] CARO MONTI, BASTA CON LE PURGHE - l'articolo di Franca Rame su il Fatto Quotidiano di oggi, mercoledì 04 aprile 2012.

 

 

Gentile prof. Monti,presidente del Consiglio del nostro governo,

gli italiani, quelli cosiddetti visibili al fisco, hanno accettato i sacrifici imposti dal Suo governo, ma ora avrebbero diritto a qualche soddisfazione. Invece non ci arriva nulla di buono.

Vero che, appena si è accomodato sulla poltrona di comando, Lei, reincarnazione di Berlusconi con la faccia onesta (solo la faccia…), s’è trovato  a nuotare in un debito pubblico di tutto rispetto, quasi 2 mila miliardi di euro. Ma non sarebbe stato meglio, in clima di sacrifici, se avesse drasticamente ridotto i costi della politica, invece di tarellare sulla testa i pensionati lasciandoli tramortiti e senza respiro?

Tra Camera e Senato, il nostro Paese (60 milioni di abitanti) può vantare 945 parlamentari con uno stipendio intorno ai 20.000 euro mensili. Gli Stati Uniti (310 milioni di abitanti) invece devono accontentarsi di 535 parlamentari, con uno stipendio  intorno ai 17.000 euro. E che dire dei cosiddetti “rimborsi elettorali”, se non che sono un insulto per la gente per bene?

Le famiglie italiane vivono una crisi furiosa, tant’è che in quest’ultimo anno c’è stata una diminuzione del 10% di consumo di benzina. In compenso i carburanti sono aumentati del 20%. Per Pasqua, ci dicono gli albergatori, milioni di famiglie hanno rinunciato a godersi qualche giorno di vacanza, le strutture turistiche sono in forte crisi. Sono stracolmi soltanto i ristoranti frequentati dagli “intoccabili”. La crisi per loro è solo un fastidioso problema altrui.

E la burocrazia? Un macigno che colpisce milioni di persone: migliaia d’imprese che non riescono a bloccare il pericolo di fallimento… progetti che non si  concretizzano… posti di lavoro che sfumano.

Suicidi: si sono tolti la vita solo nel Nord-Est 30 imprenditori finanziariamente rovinati.

Sull’evasione fiscale: 13 miliardi di euro recuperati (o, meglio, accertati: il recupero è un’altra cosa) dalla Finanza negli ultimi mesi sono un buon risultato. Ma ce ne sono almeno altri 120-130 all’anno sui quali mettere le mani. E, per farlo, non bastano i blitz tipo Cortina. Bisognerebbe avere il coraggio di instaurare il sistema fiscale americano: tanto guadagno, tanto spendo, tanto detraggo ed ecco l’utile su cui pago le tasse. Già, ma poi si scontenta la borghesia… la classe dominante… quindi…giù calci nelle genvive…

Le grandi industrie straniere non si sentono attratte dall’idea di investire nel nostro Paese per le difficoltà imposte dalla nostra burocrazia, dal pericolo della mafia e dalla corruzione.

Un imprenditore che avesse l’idea di importare merce o macchinari dall’estero è spesso costretto ad anticipare l’intero pagamento.

Agl’italiani non si fa credito anche perché, in caso di contestazione, i commercianti stranieri sono spaventati dall’idea di impelagarsi nella nostra rete giudiziaria, lentissima e colma di sorprese metafisiche.

Aggiunga poi, gentile presidente, che ogni uomo d’affari straniero è bene al corrente del fatto che il mercato e lo Stato italiano perdono 60 miliardi all’anno causa la corruzione. Come può dar fiducia un Paese del genere?

Capisco che Lei, tentando di presentare una legge che funzioni veramente contro i corrotti, si trovi un’opposizione violenta da parte di tutta la destra, Pdl in testa. Ma non si può accettare il ricatto di chi a ogni votazione ripete la solita minaccia: o fai come dico o ti stacco la spina. Anche perché in questo caso, il danno economico diretto è solo una parte del disastro: la corruzione non aumenta solo i costi, uccide le imprese oneste causando un degrado della loro qualità etica, e colpisce pure la professionalità del Sistema Italia: chi è bravo a corrompere difficilmente è anche capace di far bene il suo mestiere.

Importanti economisti liberali avvertono che, se non si cambia programma a partire dalle tasse che ricadono quasi esclusivamente sul lavoro, rischiamo di suscitare gesti incontrollabili tra le categorie più vessate. E la recessione si avvita su se stessa. Invece voi siete sempre lì blaterare sull’articolo 18.  Ma, invece di trovare il modo di facilitare ancor di più i licenziamenti, perché non vi occupate di facilitare le assunzioni? Per esempio mettendo mano alla madre di tutti gli sprechi: quello energetico. L’ha detto persino Squinzi, prossimo presidente di Confindustria: “Non è l’articolo 18 a fermare lo sviluppo del Paese, ma la burocrazia, la mancanza di infrastrutture, il costo eccessivo dell’energia”. E’ ridicolo che l’Italia abbia un decimo dei pannelli solari per l’acqua calda della Germania (che ha molto meno sole di noi). Se non si promuove una vera e propria cultura del risparmio energetico e delle energie alternative, a cominciare dalle scuole, dalle imprese e dalle famiglie, non si potrà mai realizzare il vantaggio che porterebbe una simile azione globale: cioè arrivare a risparmiare più di 100 miliardi l’anno.

L’assurdo poi è che già oggi siamo il quinto paese in Europa nell’uso di tecnologie alternative. Nel 2010 l’Italia abbiamo prodotto circa il 22% del fabbisogno nazionale lordo di elettricità da fonti rinnovabili. Quindi i presupposti per cambiare drasticamente il modo di organizzare la ripresa ci sono eccome. Bisogna solo convincere voi, pregiati tecnici, di incentivarla.

E che dire dei 90 cacciabombardieri Lockheed F-35, detti “distruttori immediati”, ordinati dal megalomane Berlusconi e da Lei lasciati sul collo dei contribuenti italiani? Ci costeranno 12 miliardi, più il doppio per la gestione e la manutenzione. Col denaro previsto per uno solo di questi sofisticati mostri volanti, risolveremmo i problemi di migliaia di cassintegrati, pensionati, precari, detenuti, laureandi in cerca di lavoro.

Ho ascoltato a Report la ministra Fornero, sempre elegante nei suoi completini (quella che piange, ma non sorride mai): “Non siamo stati chiamati per distribuire caramelle”. E m’è venuto voglia di risponderle: “Signora ministra, le sue caramelle non ci interessano… Lei ha già dato molto al popolo italiano: pasticche purgative in abbondanza… siamo tutti accomodati sulla tazza in bagno, con una dissenteria inarrestabile, pensando a lei! Grazie”.

Gentile prof. Monti, il Suo governo è arrivato al punto in cui o ha il coraggio di fare qualche cosa di concreto per rilanciare l’economia, facendo pagare la crisi a chi non paga mai anziché a chi paga sempre, oppure dovrà subire la giusta ira delle piazze.

 

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[STAMPA] Dario Fo a Milano con Lazzi sberleffi dipinti

La prima mostra dedicata al Premio Nobel della letterattura che espone a Palazzo Reale, fino al 3 giugno, 400 opere di tecniche e stile vari

 
Il gusto per il racconto, quello buffo, beffardo, di denuncia. Dario Fo a Palazzo Reale fino al 3 giugno ce lo fa assaporare con il colore e il figurativismo.
 
È lo stesso gusto che emerge dal suo teatro di narrazione, recitato in grammelot padano. Incomprensibile, direte voi, chiarissimo vi assicuriamo noi. Perché usa il linguaggio universale dei suoni, della parola, del canto, dell’onomatopea. È così il mistero buffo è svelato.
 
Lo stesso fa in pittura. Fo pittore? Lo sappiamo drammaturgo, appunto, scrittore, comico, blogger, premio Nobel, ma chi lo conosce bene non ha dubbi: il maestro prima di tutto è pittore.
 
Lo aveva intuito la madre che per costringere a casa, lontano dai guai, il figlio gli ripeteva: “Vai bel testòn, spantégame una frappata di belle figure!”.
 
Lo assicura Felice Cappa: “Se cerco di ricordare qual è, per me, l’immagine più familiare di Dario, in oltre trent’anni di frequentazione prima come spettatore, poi come giornalista e, finalmente, come suo allievo e collaboratore, mi viene in mente sempre Dario che disegna”.
 
E che pittore! Oltre 400 tra Lazzi sberleffi dipinti testimoniano l’inesauribile creatività artistica di Dario Fo. Tele, tavole, tappeti, teleri, che sembrano affreschi e diorami, raccontano temi di attualità che hanno per protagonista un popolo immaginario e reale insieme che brulica alla Hieronymus Bosch per rivendicare la sua presenza.
 
Si aiuta con colori accesi e urlanti che, dove non bastano, ricorrono alle parole del nostro paroliere. Ed è così che entrare a Palazzo Reale significa sfogliare un giornale a fumetti aggiornatissimo e di formato extra-large.
 
Il terremoto dell’Aquila immortala la caduta delle bellezze storiche del paese e il precipitare insieme dei suoi abitanti, mentre in primo piano la casta, dipinta a modi dell’antica pittura romana dai colori moderni, sghignazza e brinda.
 
Lo sbarco di Lampedusa mostra due arche incapaci di accogliere, come quella biblica, inospitali nelle loro pance che sbattono fuori chi vi cerca all’interno speranza e protezione.
 
L’attualità si mischia con il religioso ne La torre di Babele di Pieter Bruegel che si trova a doversi spartire la facciata con il Ponte di Messina che non unisce; Saviano con leone e statua è un moderno San Gerolamo, eremita per forza. E poi c’è il quadro che apre la mostra che fa avanzare Dario Fo e Franca Rame con il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo.
 
Quante citazioni! Alcune evocative, come le Battaglie di Anghiari e Cascina, o L’omaggio alla Tempesta di Giorgione, dove la madre che nuda ci guarda guardata dal suo guardiano, diventa una spiaggiante alle prese con un ombrellone soffiato via dal vento.
 
Altre – più precise – rimandano a capolavori noti, come Il giudizio michelangiolesco e L’adorazione dei Magi del collega caricaturista Leonardo, o di nicchia come L’omaggio a Cosmè Tura e alla nodosa espressionista arte ferrarese rinascimentale.
 
Un ritorno alla pittura del passato che non si traduce in mera imitazione, ma in strumento per sbeffeggiare la realtà contemporanea: «Perché – si leggeva nella motivazione del Premio Nobel per la letteratura ricevuto nel 1997 – seguendo la tradizione dei giullari medioevali, Dario Fo dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi».
 
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[STAMPA] Il “genio” e i “lazzi” di Dario Fo a Palazzo Reale di Milano

dario Fo e Franca Rame
Il “genio” e i “lazzi” di Dario  Fo a Palazzo Reale di Milano dal 24 marzo al 3 giugno 2012
 
Dico sempre che mi sento attore dilettante e pittore professionista.
 
Se non possedessi questa facilità naturale del raccontare attraverso le immagini, sarei un mediocre scrittore di testi teatrali, ma anche di favole o di grotteschi satirici!
 
Dario Fo
 
Queste le frasi che introducono ad una mostra, che oltre ad essere un tributo ad un figlio della sua terra, è anche l’omaggio di Milano ad un uomo che attraverso tutte le espressioni dell’Arte, con la A maiuscola, ha dato alla sua città e alla nazione intera in dono il suo “genio”.
 
Straordinario uomo di teatro e Premio Nobel per la letteratura nel 1997, Dario Fo è noto anche per il suo impegno sociale. Non tutti però lo conoscono come pittore, nonostante questo linguaggio abbia accompagnato da sempre la sua attività teatrale e l’abbia anzi preceduta. Si racconta che la madre gli comprasse fogli e matite e gli intimava di disegnare, piuttosto che andar per la strada a giocare come i suoi amici. Vero o no di certo la sua vena artistica lo ha da sempre accompagnato e lo accompagna ancor oggi, come ha  dimostrato durante “la Bottega d’artista”, creata appositamente per mostrare il profondo legame tra Fo e la pittura, a Palazzo Reale. È nella bottega – intesa nella sua accezione rinascimentale – che Dario Fo, partendo da disegni e dipinti, elabora i suoi canovacci portati poi sulla scena.
 
 
La mostra Dario Fo a Milano: lazzi, sberleffi, dipinti, a Palazzo Reale dal 24 marzo al 3 giugno, è un’importante occasione per comprendere come la pittura abbia costituito un punto cardine nel linguaggio espressivo di Fo. A testimoniare l’inesauribile e imprevedibile creatività dell’artista sono esposte oltre 400 opere con una grande varietà di stili e tecniche: dalle pitture dei primi anni ai collages e agli arazzi, fino ai monumentali acrilici più recenti. In mostra anche oggetti di scena, maschere, marionette e burattini, tra cui quelli storici appartenuti alla famiglia Rame. Nutrita la presenza di disegni, schizzi, acquarelli, bozzetti di costumi, fondali, ampie scenografie, locandine e stampe che per osmosi sono diventati parte integrante della drammaturgia della Compagnia Teatrale Fo – Rame. Tutto questo immenso patrimonio è possibile ammirarlo e goderne grazie all’opera di Franca Rame, sua moglie, che ha archiviato e conservato come reliquie per i posteri.
 
Lei stessa ha dichiarato di essere una brava archivista e che quello esposto è solo una parte della monumentale opera del “genio” di Dario, che ad 86 anni suonati si stupisce della vita e di ciò che fa come il ragazzo  di una volta. Il visitatore che avrà l’occasione di averlo come cicerone  godrà appieno della sua opera, dei suoi colori, dei suoi lazzi, dei suoi sberleffi, …. della sua ARTE.
 
Il percorso espositivo si apre entrando nel vivo della satira politica e di costume da sempre praticata nell’arte di Dario Fo, in pittura e in teatro: questo discorso culmina nelle grandi tele “parlanti” realizzate appositamente per la mostra di Palazzo Reale.
 
La mostra accompagna poi il visitatore, in un lungo viaggio attraverso la “storia dell’arte”: dai lavori ispirati alle incisioni rupestri preistoriche ai nostri giorni, attraversando i linguaggi della classicità greca e romana sino alla preziosità dei mosaici ravennati e bizantini. L’interesse di Dario Fo per l’arte del Medioevo e del Rinascimento è testimoniato dai lavori che celebrano i rilievi scultorei del Duomo di Modena e la decorazione del Duomo di Parma, insieme agli studi e dalle lezioni-spettacolo su Giotto e Pietro Cavallini, su Mantegna, Giulio Romano, Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Correggio e Caravaggio.
 
Con Tiepolo si interrompe il cammino nella “storia dell’arte” per proseguire con le regie delle opere rossiniane: Il Barbiere di Siviglia (1987), L’Italiana in Algeri (1994), La Gazzetta (2001) e Il Viaggio a Reims (2002). Qui Dario Fo costruisce la più consistente documentazione visiva, elaborando un’impressionante serie di tavole e disegni, molti dei quali presenti in mostra accanto a quelli dedicati al teatro di Molière e all’Histoire du soldat di Stravinsky, capolavoro da lui rivisitato e allestito al Teatro alla Scala nel 1978.
 
La creativa stagione alla Palazzina Liberty del Collettivo Teatrale La Comune, fondato da Dario Fo e Franca Rame nel 1974, è ricordata in mostra attraverso la presenza di opere che Sebastian Matta realizzò per quello spazio.
 
Il percorso prosegue documentando l’incontro con Franca Rame avvenuto nel 1952. Appartenente a una famiglia di artisti girovaghi, che dal Seicento operò nel solco della tradizione della  commedia dell’arte, Franca Rame fece scoprire a Dario Fo la satira come strumento fondamentale per la propria elaborazione artistica.
 
La mostra si conclude con una sezione dedicata alla formazione artistica di Fo, dai primi studi sul natio Lago Maggiore al trasferimento a Milano e alla frequentazione dell’Accademia di Brera, dove incontrò maestri come Achille Funi, Carlo Carrà e Aldo Carpi.
 
Una straordinaria documentazione d’archivio ha consentito la realizzazione di inediti montaggi video, attraverso i quali è possibile ricostruire il giusto rapporto tra le opere teatrali e pittoriche e il contesto storico, artistico e sociale che le ha ispirate. Venti schermi documentano sala per sala la mostra, attraverso le lezioni spettacolo tenute da Dario Fo e Franca Rame. Inoltre, in una sala di proiezione, saranno visibili al pubblico le rappresentazioni teatrali e i film a partire da Lo Svitato del 1956. Data la gran quantità di materiali a disposizione, i programmi saranno rinnovati ogni 2 giorni.
 
Il catalogo, realizzato dalle Edizioni Gabriele Mazzotta, è la testimonianza del lungo sodalizio tra la casa editrice e Dario Fo. Oltre ad aver pubblicato il recente catalogo della mostra Dario Fo. La pittura di un narratore al m.a.x. museo di Chiasso e aver ospitato nel 1999 la mostra Federico Fellini & Dario Fo. Disegni geniali negli spazi della propria Fondazione in Foro Buonaparte, Gabriele Mazzotta ha curato fin dal 1970 pubblicazioni sul teatro di Dario Fo e Franca Rame, compresa la loro opera più famosa in assoluto: Mistero buffo.
 
Giuliana de Antonellis – www.gdapress.it/
 
Info: www.mostradariofo.itwww.comune.milano.it – Infoline 02 54913
 
 
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La Domenica dell'arte con Obrist e Wilson

A Palazzo Reale il critico intervisterà in Sala delle Cariatidi Dario Fo, Alberto Garutti, Franco Vaccari e Luca Cavalli Sforza. Alla Galleria d'arte Moderna, l’artista concettuale Ian Wilson coinvolgerà il pubblico in una conversazione sul tema della conoscenza nell’arte
 
Milano, 29 marzo 2012 – Domenica 1° aprile Milano sarà il palcoscenico per due incontri straordinari, promossi e organizzati dall’assessorato alla Cultura del Comune, che coinvolgeranno protagonisti dell’arte contemporanea nazionale e internazionale.
A Palazzo Reale, il critico e curatore Hans Ulrich Obrist intervisterà in Sala delle Cariatidi, a partire dalle ore 10.30, grandi artisti e intellettuali contemporanei: Dario Fo, Alberto Garutti, Franco Vaccari e Luca Cavalli Sforza; alle ore 16, nella Sala del Parnaso di Villa Reale, l’artista concettuale Ian Wilson coinvolgerà il pubblico in una conversazione sul tema della conoscenza nell’arte.
 
Hans Ulrich Obrist, attualmente co-direttore di mostre e programmi e direttore dei progetti internazionali della Serpentine Gallery a Londra, è nato nel 1968 a Zurigo. Figura di riferimento della scena dell’arte internazionale, Obrist è autore di formati espositivi innovativi e  curatore di oltre 200 esposizioni internazionali dal 1991.
Curatore di “Museum in progress” a Vienna nel periodo 1993-2000, dal 1993 Obrist ha diretto il programma espositivo “Migrateurs” al Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui la collana “Interviews” e dei due volumi “Interviews” (Charta 2003/2001).
 
Obrist durante la sua carriera – dai primi anni Novanta a oggi – ha realizzato una serie di interviste ad artisti, architetti, registi, filosofi, musicisti, sociologi, urbanisti e intellettuali tra i più interessanti protagonisti della cultura contemporanea. La sua “battaglia contro la dimenticanza” ha portato a delineare così una mappatura dell’arte e della cultura internazionale degli ultimi vent’anni.
Qui a Milano intervisterà pubblicamente grandi artisti italiani, secondo il seguente programma:
- Dario Fo: ore 10.30-11.15
- Alberto Garutti: ore 11.15-12
- Francesco Vaccari: ore 12-12.45
- Luca Cavalli Sforza: ore 14.30-15.30
 
Dario Fo, presente a Palazzo Reale con la più grande personale a lui mai dedicata, è pittore, attore, artista e intellettuale eclettico. Dopo aver frequentato l’Accademia di Brera, comincia a calcare le scene dei teatri e incontra Franca Rame, con la quale inizia un sodalizio personale e artistico mai interrotto. Nonostante la grande produzione teatrale e letteraria, Dario Fo non smette mai di dipingere. Nel 1997 l’Accademia di Svezia gli conferisce il Premio Nobel per la letteratura “perché, insieme a Franca Rame, attrice e scrittrice, nella tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere e restituisce dignità agli oppressi”.
 
Alberto Garutti (Galbiate, 1948) è artista e docente, titolare all’Accademia di Brera di Milano e professore per la cattedra di Arte 2 presso la Facoltà di Architettura di Venezia, IUAV.
Invitato a grandi manifestazioni internazionali, come la Biennale di Venezia nel 1990 o il M.A.R.T.A, Museum di Herford nel 2001, è autore di opere pubbliche e installazioni urbane ed è stato protagonista di numerose mostre personali e collettive, in Italia e all’estero. Nel 2009 vince il Premio Terna 02 ed il Premio per la Cultura della città di Gent.
 
Franco Vaccari (Modena,1936) è fotografo, artista e professore alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Laureato in fisica, le sue prime ricerche sperimentali confluiranno, da una parte, nella produzione artistica d’esordio come poeta visivo, dall’altra in una riflessione teorica sui mezzi di comunicazione e il processo artistico, al termine della quale l’opera viene teorizzata non come un “dato progettato dall’artista”, bensì come “processo innescato dall’artista”. Il suo lavoro artistico risulta tangente a diverse aree di ricerca, ma quella che, forse, ne esprime meglio il senso potrebbe essere definita “realismo concettuale”.
Ha partecipato alle Biennali di Venezia del 1972, 1980 e 1993 e a quella coreana di  Gwanju  nel 2010.
 
Luca Cavalli Sforza (Genova, 1922) è genetista e scienziato, studioso di antropologia e di storia. I suoi studi si sono incentrati in maniera particolare sulla genetica delle popolazioni e delle migrazioni dell’uomo. Il Comune di Milano gli ha dedicato una mostra “I viaggi di Luca Cavalli Sforza. Ancora una volta ero io il curioso”, in programma al Museo di Storia Naturale dal 26 gennaio all’1 aprile 2012.
Cavalli-Sforza è professore emerito all’Università di Stanford in California, socio nazionale dell'Accademia dei Lincei per la classe delle Scienze Fisiche e membro ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze. È Premio Balzan 1999 per la scienza delle origini dell'uomo e anche socio onorario della Società italiana di biologia evoluzionistica.
 
Alle ore 16, nella Sala del Parnaso presso la Galleria d’Arte Moderna di Milano, in Villa Reale, l’artista concettuale Ian Wilson coinvolgerà il pubblico in una conversazione sul tema della “Pura Conoscenza dell’Assoluto nell’Arte”: “THE PURE AWARENESS OF THE ABSOLUTE IN ART”, questo il titolo della “discussione”, è un evento promosso e organizzato dall’assessorato alla Cultura in collaborazione con la Galleria Massimo Minini. L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti.
 
E' a partire dal 1968 che Ian Wilson (1940, Sudafrica) ha iniziato a lavorare su una serie continua di eventi di ‘comunicazione orale’ che ha chiamato “Discussions”. Queste opere sono state ideate con l’intenzione di creare una forma d’arte che non lasciasse residui e che potesse esistere solo durante il suo svolgimento.
 
“Wilson è forse l’artista concettuale più estremo. Dal 1968 ha prodotto opere in forma di discussione. Non crea oggetti, sculture, dipinti, ma trasmette oralmente idee e concetti, stimolando nell’interlocutore sensazioni, domande, che a loro volta generano immagini. Nessuna registrazione delle discussioni, niente fotografie né trascrizioni. Alla fine un certificato conferma che la discussione è avvenuta e, magari, acquistata.” (Massimo Minini, Pizzini, Mousse Publishing).
 
Le Discussions si sono tenute presso gallerie, istituzioni e abitazioni private. Per la prima volta sono state ospitate nel 1977 in un contesto museale al Van Abbemuseum di Eindhoven. Su richiesta dell’artista, queste opere di linguaggio non sono mai registrate né trascritte.
 
Nato in Sudafrica nel 1940, Ian Wilson si trasferì negli Stati Uniti nel 1960. Attualmente vive a New York. Wilson ha tenuto le Discussions presso Konrad Fischer Galerie, Dusseldorf (1970, 1972); the California Institute of the Arts, Los Angeles (1971); New York University, New York (1971,1977); Institute of Contemporary Arts, London (1970, 1975); Van Abbemuseum, Eindhoven, Netherlands (1976–83, 1985, 1986, 2005, 2009); Documenta 7, Kassel (1982); Centre Pompidou, Parigi (1981, 2005); Galerie Jan Mot, Brussels (2004, 2006, 2008, 2011); Museum Kunstpalast, Dusseldorf (2005); Peter Blum Gallery, New York (2007); Swiss Institute, New York (2007); Yvon Lambert Gallery, New York (2007); Museion, Bolzano (2008); Galleria Massimo Minini, Brescia (2009); Galerie Jan Mot e Galleria Massimo Minini ad Art Basel 41 (2010); DIA Beacon (2011).
 
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