Discussione politica

INTERVENTO DI FRANCA RAME IN AULA SUGLI EMENDAMENTI ALLA FINANZIARIA

 
Ecco il resoconto dell'intervento odierno, in risposta alle molte sollecitazioni dell'opposizione.
 
RAME (Misto). Signor Presidente, onorevoli colleghi, è da tutta la vita che mi occupo dei problemi del prossimo, orami da anni e anni. Ho sottoscritto gli emendamenti presentati dai senatori Rossi e Turigliatto perché sono convinta della loro giustezza.
Mi trovo in una spiacevole situazione (non per questa volta sola ma per più volte) dal momento che sono cosciente della mia posizione in questo momento. Io non sono più quella di due anni fa: sono quella di adesso. Ho assunto un impegno con questo Governo e devo purtroppo andare contro la mia coscienza, facendo una gran fatica.
(Commenti ironici dai banchi dell'opposizione).
Devo difendere il mio Governo e, fino alla fine, voterò per il Governo con L'Ulivo! (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur e dai banchi del Governo).


RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA VOTAZIONE SU EMENDAMENTO TURIGLIATTO

Cari amici,
ecco quanto successo mercoledì pomeriggio in aula al momento del mio voto contrario ad un emendamento precedentemente sottoscritto. Come già detto, la maggioranza ha tenuto per un solo voto: il mio… Questo voto mi è “costato”, ma non avrei mai potuto essere protagonista della “spallata di Berlusconi”!
 
 
Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1817
 
PRESIDENTE. C'è un astenuto; state calmi! Ho letto quello che c'è scritto sui miei fogli. Qui è scritto: «Non approva», perché, mi pare di aver capito, ci fosse un astenuto. Francamente, nessuno di noi cambia le carte in tavola!
CASTELLI (LNP). Domando di parlare.
 
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
 
CASTELLI (LNP). Signor Presidente, non so se il mio intervento è sull'ordine dei lavori o su cosa, però, vale la pena di segnalare la questione all'Aula.
L'emendamento 2.0.11 era firmato dai senatori Turigliatto, Rame e Rossi Fernando e non ho sentito dalla senatrice Franca Rame l'intenzione di ritirare la sua firma. Ebbene, è capitata una cosa abbastanza curiosa, non so se politica o per dabbenaggine o per cosa - ricordo che la signora Rame mi gratificò con un epiteto per il quale poi mi ha pagato, ma questo è un altro discorso   - per cui quell'emendamento non è stato approvato perché uno dei suoi presentatori ha votato contro. In quest'Aula è successo di tutto, prendiamo atto anche di questo. (Applausi dai Gruppi LNP, AN e FI. Proteste dal Gruppo Ulivo).
PRESIDENTE. Al di là delle querele che possono scambiarsi i senatori come singoli cittadini, invito ad usare un linguaggio parlamentare. Nel rapporto fra colleghi, secondo me, questa è una regola che vale per tutti e che non prevede distinzioni, ovviamente. (Applausi dai Gruppi RC-SE e Ulivo).
FINOCCHIARO (Ulivo). Domando di parlare.
 
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
 
FINOCCHIARO (Ulivo). Signor Presidente, la senatrice Rame naturalmente non ha bisogno di essere difesa da me. (Vivaci commenti dai Gruppi FI, AN e LNP. Applausi dal Gruppo Ulivo), però non è consentibile che in un libero Parlamento un senatore o una senatrice ... (Vivaci commenti dai Gruppi FI, AN e LNP) ... non possa esprimere la propria coerenza politica con un voto libero! Né il senatore Castelli, né nessuno di noi può permettersi di accusare di dabbenaggine qualcuno dei colleghi! (Vivaci commenti dai Gruppi FI, AN, UDC, LNP e DCA-PRI-MPA. Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur e dai banchi del Governo).
PRESIDENTE. Vi prego di usare la cortesia di consentire alla Presidenza di proseguire nei nostri lavori.
 
MATTEOLI (AN). Domando di parlare. (Il senatore Strano chiede di poter intervenire).
 
PRESIDENTE. Senatore Strano, ha chiesto di intervenire il Presidente del suo Gruppo.
Ha facoltà di parlare il senatore Matteoli.
MATTEOLI (AN). Signor Presidente, mi pare un po' curioso che un senatore che sottoscrive un emendamento (Proteste dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur) poi non lo voti ...
 
BIANCO (Ulivo). È affare suo! Non la riguarda!
 
PRESIDENTE. Per favore. Avete espresso le vostre opinioni. (Vivaci proteste dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur).
Sono ammessi interventi sull'ordine dei lavori. La prego, senatore Matteoli, continui.
 
BIANCO (Ulivo). Non la facciamo parlare! Come non avete fatto parlare la senatrice Finocchiaro!
 
PRESIDENTE. Per favore! (Vibrate proteste del senatore Bianco).
 
MATTEOLI (AN). Signor Presidente, c'è il senatore Bianco che sta urlando.
 
PRESIDENTE. Se fosse possibile, vorrei concludere le votazioni sull'articolo 2, così come ci siamo impegnati a fare.
 
MATTEOLI (AN). Signor Presidente, il senatore Bianco mi sta urlando che non devo parlare. Mi sembra che il Presidente sia lei ed è lei che deve giudicare se posso o non posso farlo. (Vivaci proteste dal Gruppo Ulivo).
 
BIANCO (Ulivo). Non ho detto questo! Ho detto che non avete fatto parlare la senatrice Finocchiaro!
 
PRESIDENTE. Senatore Bianco, per cortesia!
Senatore Matteoli, si rivolga a me.
 
MATTEOLI (AN). Dal momento che è un po' particolare quello che è accaduto, mi sembra che sia più che giustificato che un collega abbia preso la parola - come ha fatto il senatore Castelli - per mettere in evidenza un episodio perlomeno curioso.
L'emendamento 2.0.11 è sottoscritto da tre senatori, uno dei firmatari non ha votato. L'emendamento non è stato approvato per un voto e noi dovremmo stare zitti, non dovremmo nemmeno parlare, né ricordare che questo è perlomeno un episodio curioso ed anomalo.
 
BOCCIA Antonio (Ulivo). Non bisogna dire parolacce! Non bisogna offendere! (Commenti del senatore Battaglia Antonio).
 
MATTEOLI (AN). Mi sembra che in un'Aula parlamentare questo sia ancora possibile, al di là degli urli del collega Bianco.
 
PRESIDENTE. Assolutamente.
 
MATTEOLI (AN). Senatore Bianco, non spaventa nessuno. Non ha l'altezza per spaventare. Quindi, stia calmo. (Proteste del senatore Bianco).
 
PRESIDENTE. Colleghi, dobbiamo proseguire i nostri lavori. Mi sembra che su questo argomento io abbia dato la parola a chi l'ha richiesta. La questione è stata chiarita, quindi, a questo punto, passiamo alla votazione dell'emendamento 2.0.12.
 
STRANO (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Non è che su questo argomento io debba dare la parola a tutti. Si può intervenire sull'ordine dei lavori.
STORACE (Misto-LD). Domando di parlare.
 
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
 
STORACE (Misto-LD). Signor Presidente, credo che il presidente Matteoli abbia esposto la questione esattamente nei termini in cui andava esposta. Capisco che da parte della maggioranza ci possa essere rabbia per quello che ha denunciato il collega Castelli, il quale credo abbia ragione. Siete più agitati di quando fate le riunioni di maggioranza. Questa è l'Aula del Senato. Fateci parlare tranquillamente.
Ha ragione chi sostiene il diritto della presidente Finocchiaro a parlare senza sentirsi rivolgere parolacce. (Applausi dal Gruppo Ulivo). Io non le ho dette, ma le chiedo comunque scusa.
A questo punto, però, ci dovete chiarire se la senatrice Rame si è già dimessa dalla sua carica, come ci dice ogni settimana, altrimenti fateci capire perché come presentatrice di un emendamento lo sottoscrive e poi vota contro. Questo è ridicolo! (Vivaci commenti dal Gruppo Ulivo).
 


FRANCA RAME: IL MIO VOTO SU FINANZIARIA NON E’ DISCUTIBILE

“Ho assunto degli impegni con questo governo e siccome oggi in senato di scherzi ne sono stati fatti piu' di uno, a questo punto non mi potevo permettere di regalare a Berlusconi il piacere di aver dato “una spallata” all’Unione. Se fosse accaduto poi mi sarebbe toccato partire per l'Australia” – esordisce così la senatrice Rame e prosegue - “Queste sono le ragioni per le quali, pur avendo sottoscritto alcuni emendamenti presentati dai sen. Turigliatto e Rossi, sul 2.0.11 ho deciso di votare contro - e mi è “costato” - in quanto le dichiarazioni di voto prospettavano un risultato incerto. Infatti l’esito è stato risicato: un solo voto in più. Il mio.”
Rame conclude: “In risposta all’intervento del sen. CastelliI che domandava al presidente se il mio cambiamento fosse politico o per dabbenaggine, a questo punto, spero di avergli risposto correttamente. Ringrazio la presidente Finocchiaro per quanto espresso in mia difesa. “


Milano - immigrati testo recitato al Leoncavallo nel 1999

19 gennaio 1999
Stesura finale recitata al Centro Sociale Leoncavallo

 

 

immagine del rifugio-dormitorio dei clandestini

14.50 Manifestazione contro gli immigrati clandestini e i delinquenti.

Stazione centrale.
Gruppi di gente con le ramazze allungate e il nastrino tricolore, maxischermo che ripete i dati di furti, rapine e scippi degli immigrati. Ne ha parlato perfino la T.V. ganese. La pubblicità è arrivata sin là. Che forza!
Che stupenda festa di popolo! Ci godiamo la sfilata degli aderenti al Polo: che spettacolo! Uomini, giovani e adulti, bambini, donne… magliette taglia 64, con slogan.
Gli organizzatori avevano assicurato che si sarebbe trattato di una manifestazione di popolo non inquadrato: “Il partito non c’entra, dev’essere una cosa spontanea “disorganizzata”, ognuno intervenga col proprio cuore, con genuino slancio… tutti insieme a manifestare contro il crimine... autonomamente... per salvare Milano dalla violenza! Niente bandiere altrimenti Albertini non viene! Il partito non c’entra!”
Ma ecco che all’improvviso, dalla folla, spuntano una selva di bandiere bianco-rosso-verde con la scritta Forza Italia e quelle di Avanguardia Nazionale... pardon, Alleanza Nazionale... pare il Palio di Siena quando sbandierano le contrade…. È tutto uno sventolio. Che spontaneità!
Per fortuna che gli slogan sono liberi - avanti tutta!
 “Basta con gli abusivi, i criminali sloveni, slavi, croati, albanesi e negri!... Basta con la mafia dei russi e dei bulgari!”
“Clandestino torna al tuo paesino”
“L’Italia agli italiani, fuori gli africani”
“D’Alema presidente, immigrato delinquente”.
Poi tutti a gran voce, comprese le signore: “Macché tolleranza, macché democrazia, coi calci in culo li cacceremo via!”-ma signora, come parla, ci sono i bambini!
Al culmine c’è stato l’urlo acuto di un coro isterico: “La pena di morte per i delinquenti extracomunitari!”.
Non c’é signora che non abbia subito 3 scippi in due giorni.
(Corriere della Sera): Io ora vado in giro col coltello, uno l’ho fatto scappare… aveva la pelle nera e non dico altro!” e tira fuori un temperino buono al massimo per far la punta ad uno stuzzicadenti
“Sotto il mio appartamento 6 eritrei stanno in una stanza di 4 metri per 4. Praticamente vivo su una mina!”
La signora non sa che quella mina senza gabinetto, rende al padrone di casa 3 milioni e seicentomila lire al mese.
“Fuori gli abusivi multietnici!” 

Nome: Eduard
Cognome... Silenzio.
Età: 20 anni
Nazionalità: ucraina.
Professione: autista.
“Perché sei emigrato?”
“Nel mio Paese lavoravo ma da sette mesi non vedevo lo stipendio!”
Condizione attuale: Disoccupato in attesa di sanatoria, senza casa né un luogo qualsiasi dove andare a dormire.
 
Nome:Mirko
Cognome: Silenzio.
23 anni.
Ucraino.
Professione: contadino
“Perché sei emigrato?” - “Lavoravo senza stipendio, solo vitto, quando c’era, e alloggio.”
Condizione attuale: Disoccupato e senza casa in attesa di sanatoria.
 
Nome: Alina
Cognome: Silenzio.
Età: 21 anni
Ucraina.
Commessa.
Perché sei emigrata: Sono venuta in Italia con mio marito. Ero incinta, ho partorito qui. Non avevamo casa. Ho riportato il bimbo da mia madre. Vivevamo nella fabbrica. Ci hanno sloggiati. Abbiamo dormito due notti su una panchina. Credevo che saremmo morti di freddo. Di giorno ogni tanto si entrava in un bar con la paura che arrivasse la polizia, Abbiamo speso i soldi che avevamo in latte e caffè. Poi abbiamo saputo che qui, al Leoncavallo avremmo trovato da dormire. Grazie.
 
Berlusconi e Fini intervistati dai Tg 1, 2 e 3, hanno dichiarato: “Noi siamo per l’accoglienza... naturalmente regolarizzata, controllata e legale. Tutti quegli extracomunitari che arriveranno da noi con un lasciapassare, la voglia di lavorare e soprattutto con un contratto di lavoro, saranno i benvenuti. Gli altri, gli abusivi, gli irregolari... ci dispiace... ma non c’è posto... devono tornarsene a casa!”
“Ma a casa loro, come lei ben sa Presidente, c’è la guerra... il massacro”
“Ci pensino gli organi internazionali competenti! Non possiamo accollarci tutto il dramma del mondo!”
 
Sono curdo. Età: 35 anni. Sono stato raccolto al primo di dicembre, con un gruppo di miei compagni al largo delle coste di Malta. La nave che ci trasportava ci ha mollati in 60, stipati in condizioni inumane su una barca di 7 metri. Ci siamo rimasti per 6 giorni, disperati. Non speravamo ne aspettavamo più niente. Ad un tratto vediamo una nave russa all’orizzonte. Miraggio? Ci prende una crisi isterica, ci buttiamo in mare nel tentativo disperato di raggiungere la nave, mentre i marinai organizzano i soccorsi e calano scialuppe per raggiungerci. Ma otto di noi non ce l’hanno fatta: stremati dal viaggio annegano a pochi metri dalla salvezza.
 
“Mi scusi Onorevole, per quanto riguarda il permesso d’entrata nel nostro Paese, ci vuole un contratto di lavoro...”
“Sì, giusto...”
“Ma se non entrano, come fanno a procurarselo ‘sto contratto?” “Beh, ci sono le agenzie... gli appositi uffici di collocamento...” - “Ma se gli uffici di collocamento non funzionano coi nostri disoccupati, come pretende che funzionino coi disoccupati stranieri?”
“Appunto, i nostri uffici non sono tenuti a risolvere i problemi dei profughi disperati se prima non hanno risolto il problema dei disperati indigeni: prima gli italiani sopratutto... poi i meridionali!... Ad ogni modo c’è sempre la scappatoia del contratto a salario minimo...”
“Vuol dire: contratto a strozzo?”
“Sì, appunto... cioè no... non mi faccia dire cose che sono contro la mia morale d’onesto imprenditore!”
“D’accordo... ma ammesso che un extracomunitario riesca a trovare un contratto, non importa se ridotto, decurtato... a strozzo... lei sa, Onorevole, che non è valido se prima non si è dimostrato di possedere una casa, almeno in affitto?”
“Beh, sì, lo so... è la legge!”
“Allora, mi spieghi come può il nostro extracomunitario con diritto d’ingresso, trovare una casa... anche se monolocale con servizi igienici nel cortile, da dividere con altre tre famiglie, al prezzo di seicentomila lire al mese… per letto... Come può, dicevo, affittarla se per legge bisogna prima possedere un contratto di lavoro?”
“Sì, certo, è un po’ difficile... ma si può realizzare con una buona dose di elasticità mentale... Aumentando la velocità d’azione fino al diapason assoluto, si ottiene che le differenze di tempo e spazio si annullano e uno riesce nello stesso tempo a trovarsi all’ufficio registri, all’ufficio segnalazioni d’affitto, alla camera depositi contratti, dal datore di lavoro e dal padrone dello stabile. Questione di ritmo, iniziativa e volontà civile! Ad ogni modo, questi sono particolari di poco conto. Importante, come dicevo, è che uno venga da noi con la volontà di lavorare... produrre e... rispettare le regole del profitto... pardon, volevo dire del programma... del nostro ordinamento. Legalità! Legalità”
“D’accordo ma, perdoni se le faccio notare, Onorevole Cavaliere, che più di mezzo milione di extracomunitari che, oggi, hanno un lavoro, se pure schifoso, precario e transitorio... l’hanno ottenuto quasi tutti arrivando da noi da clandestini... Arrivare in Europa con un contratto in mano è più difficile che vincere al Super Enalotto!”
 

“Chi ha baciato i topi ‘stanotte? A volte nel sonno succede di trovarseli sopra la testa!”

 
Il Governatore della Banca d’Italia, Fazio, ha detto che i lavoratori che vengono dall’est e dall’ovest, sono una ricchezza insperata per la nostra economia... diciamo pure una pacchia, giacché, per esempio, i nostri produttori del sud sono riusciti ultimamente a battere i prezzi offerti dagli altri Paesi del Mercato Comune, di agrumi, patate, pomodori e frutta in genere, proprio grazie alle paghe da fame accettate, prendere o morire, dai disperati del terzo mondo e dagli slavi, sloveni e via che la vita è bella!”
 
20 dicembre. Sono kòssovo. gli scafisti si sono fatti scudo con i nostri bambini per bloccare l’inseguimento delle motovedette militari, poi a pochi metri dalla costa pugliese ci hanno gettati in mare, come fossimo casse di sigarette, tutti, compresi donne e bambini neonati e sono fuggiti verso l’Albania per caricare altri disperati. I volontari ci hanno accolti, aiutati ed hanno rintracciato i 47 bambini dispersi nel mare o sbarcati qua e là sulle coste. Polizia e carabinieri ci hanno dato coperte, latte caldo e si sono occupati dei più piccoli in preda ad assideramento.
 
“Ma lei, Presidente, immagino non sia d’accordo con quella stampa e televisione, compreso qualche suo canale, che esprimono il teorema: clandestini extracomunitari, uguale criminalità!”
“No di certo!”
“Però durante la manifestazione a Milano si sono udite grida che esprimevano slogan con questo esatto concetto!”
“Non è vero!”
“Cavaliere, abbiamo le registrazioni effettuate nei pressi di Piazza della Scala...”
“Sarà stato qualche provocatore comunista da qualche finestra del palazzo!”
“Dal palazzo della CONFINDUSTRIA?!”
“Ma che ne so io che palazzo! Forse da quello di fronte!”
“Ah, da Palazzo Marino?!”
“La smetta di provocare! E se ne vada!”
“D’accordo... d’accordo, come non detto, Cavaliere.”
“E basta con queste insinuazioni! Io sono per l’accoglienza... ma sono contro il clandestino che spesso arriva qui non disperato e cacciato dalla guerra, dal suo Paese... ma organizzato da bande criminali della mafia russa o albanese che hanno addirittura soppiantato, in poche settimane, le bande criminali che operavano nella nostra città!”
“E le sembra questa una grave perdita per la dignità criminale del nostro Paese?”
“Non faccia dello spirito fuori luogo, per favore!”
“Ha ragione, scusi.” 

“Dicevo che per questi criminali ci vogliono leggi dure... e applicate seriamente... accoglienza zero! Amnistia zero! Comprensione zero!... E i giudici, mi facciano il favore di incriminarli, perseguirli questi clandestini, invece di perseguitare fino all’isteria noi liberi produttori italiani! Ma lo sa che mi hanno messo sul collo un tal numero di incriminazioni, processi, condanne che mi sembra d’essere il figlio cattivo di Craxi! Non posso neanche andare a fare pipì alle Bahamas che subito scatta un avviso di reato! Ma dov’è finita la privacy?!”

 

 
Nome: Gabriele .
Cognome: Albertini
Professione: Sindaco di Milano
“Ha qualcosa da dichiarare?” - “Sì, denuncio il pericolo di esplosione demografica. Ogni giorno la nostra città è invasa da 300 e più clandestini. Bisogna assolutamente cacciarne un minimo di 100 al giorno, scelti fra le varie etnie, altrimenti qui si scoppia!”
“Chiedo la parola!”
Nome: ....................
Professione: Prefetto di Milano
“Lei, signor Sindaco, dice cose senza senso. Non abbiamo i mezzi né le strutture per tener fronte a una simile massa di profughi clandestini... e soprattutto, è quasi impossibile arginare la delinquenza di recente importazione.”
“E allora, se non siete in grado voi di sbattere fuori la delinquenza, ci penso io. Ordino lo sgombero immediato di tutti i caseggiati fatiscenti, le ex fabbriche occupate da migliaia di clandestini!”
“Signor Sindaco, attento che in quelle fetenzie di caseggiati non troverà nessun criminale. I criminali alloggiano in appartamenti con tutti i confort.”
Alla quattro del mattino, del 18 gennaio, avviene lo sgombero
“Sono Rachid Ellafi, nazionalità marocchina: anche col permesso di soggiorno, gli italiani non ti assumono. Lavori in nero. O così o niente.”
 
“Mi chiamo Raffaele Stanino, sono appuntato di polizia. Mi vergogno d’aver partecipato a quello sgombero. S’è trattato di un’operazione polverone messa in piedi solo per calmare un po’ l’opinione pubblica esasperata e anche molto pompata dai mass media. Quando ieri notte siamo entrati nei capannoni della vecchia fabbrica c’era con noi un gruppo di operatori tv che puntavano i riflettori dentro quei corridoi e stanzoni senza luce. I riflettori hanno sbiancato di luce i dormitori, cumuli di gente assiepata su un pavimento sconnesso, povere donne svegliate in piena notte, terrorizzate... bambini che urlavano per lo spavento, un freddo micidiale... mura che colavano acqua... immondizia e detriti sparsi dappertutto, una donna avvolta in una coperta, intervistata mentre gli agenti la sollecitano a raccogliere i suoi stracci.”
 
Florian, albanese, ingegnere: Facevo pulizie in un palazzo di tre piani più cantina per 9 ore al giorno. Dopo un mese mi hanno dato 350 mila lire.”
Gjin, albanese: mi vogliono rimpatriare. Facciamo lavori che gli italiani non vogliono più fare e viviamo il coraggio di raccontarlo a mia moglie. Poi un giorno ti prendono e ti ordinano di andartene. Che dirò ai miei figli? Perché non vanno negli appartamenti di quelli che sfruttano le prostitute? Perché non rimandano in Albania le ragazze che stanno sulle strade? In tutta Europa accolgono i lavoratori stranieri. Milano non ha dormitori per noi. A me, perché clandestino hanno chiesto 6 milioni di anticipo per affittare un appartamento. M’è venuto persino da ridere.
 
“Mi chiamo Ruvea Stuminov. Sì, parlo italiano, conosco cinque lingue.
Laureata.
Slovena.
Lavoro in un’impresa di trasporti qui a Milano. In questo stanzone, di questa fabbrica diroccata, ci siamo accampati in 40 fra cui 7 bambini.
3 donne sono incinta.
Tutti lavorano in nero.
L’acqua potabile ce la passa il prete della vicina parrocchia, alcuni abitanti del quartiere hanno insultato il prete perché tiene mano ai clandestini che vivono in questo porcile.”
 
“Mi chiamo Star Pizzu, agente di P.S. Stiamo buttandoli fuori tutti. Abbiamo ricevuto l’ordine di bruciare gli stracci che i clandestini non sono in grado di portarsi via subito. Li carichiamo su dei pullman. Dove li portiamo? Non si sa. Dove capita capita. Quasi tutti in mezzo a una strada?” - “E i bambini e le donne incinta?” - “ Noi abbiamo solo l’ordine di portarli fuori dalla fabbrica e di scaricarli.”
 
“Mi chiamo Luisa Bertone, milanese. Abito in zona da 40 anni. Sono incazzata nera a vedere cosa stanno combinando questi. Possibile che abbiano messo in piedi ‘sto sgombero senza preoccuparsi prima di dove scaricare ‘sta povera gente? Questa è roba da tedeschi nazisti! E il Sindaco?... Io mi chiedo, sbaglio o è lui in persona che ha ordinato lo sgombero?... Non se l’è domandato come passeranno la notte ‘sti disgraziati, dico di gennaio col termometro sotto zero, ma manco fossero animali! Ma io andrei a casa sua, lo preleverei con tutta la giunta e lo sbatterei qui a dormire anche lui sulle panchine, senza coperte. Chissà se poi non gli viene un sentimento umano!”
Quella notte a dei ragazzi del gruppo d’assistenza del Leoncavallo che giravano nelle periferie per portare cibo ed aiutare i disperati senza tetto, scoprono della gente su delle panchine, avvolti negli stracci... sono ucraini. Uno di quei ragazzi parla qualche parola di russo, li raccolgono, li accompagnano al Centro sociale. Sono una diecina... quasi tutte donne. Le sistemano dentro uno stanzone riscaldato, procurano qualche coperta, offrono loro qualcosa di caldo da bere e da mangiare. I ragazzi che li hanno soccorse vengono a sapere che altre persone dello sgombero, sono accampate sotto a un ponte nei pressi della ferrovia, li raggiungono e portano anche loro al centro: nel giro di 12 ore nello stanzone sono ospitate più di 100 persone, circondate dalla solidarietà di molti milanesi che arrivano, dopo un mio appello a Radio Popolare, coperte, viveri, indumenti e denari. Mancano letti. Con i compagni vado in un grande emporio per campeggio: “Vorremmo un centinaio di brandine…” – “Signora Rame, siamo in gennaio…” “Lo so… la prego ci aiuti… dobbiamo sistemare dei disperati senza tetto… ci faccia anche lo sconto…” Si mette a ridere. E’ contento, si vede. Ok. Ci da anche un mezzo per il trasporto. Magnifico!
Gli immigrati, un po’ tra il meravigliato e frastornati ci aiutano a scaricare e a sistemare i lettini. Comincia ad arrivare gente. Scaricano quello che ci offrono, con umiltà e imbarazzo. Stringono la mano a tutti. Pare di vivere in un film.
Un anziana signora, modestamente vestita, accompagnata dal nipote, mi chiama sottovoce: “Franca… tieni. – ha in mano del denaro -Povera gente! Aiutali tu.” Mi consegna quasi un milione. “Ma è troppo” – dico. “Non preoccuparti, non mi manca niente. Sono miei risparmi. Sono contenta di darli a loro.” Sono un po’ preoccupata. Non so se accettare. Il nipote, un ragazzino esile sui 16 anni, insiste. “Non preoccuparti, mia nonna è un angelo!”
“Attenzione! Tutti zitti! Ascoltate!” racconto quello che sta avvenendo, sventolando i biglietti da 100 mila (manca poco al milione). Scoppia un applauso. La nonna, imbarazzata sorride felice.
Che giornata!
Si ferma una Mercedes. Scende una famiglia al completo con tre ragazzini. Scaricano materassi, coperte… Hanno borse zeppe di ogni ben di Dio, giocattoli compresi.
“Guardate figli… guardate – dice il padre a gran voce - Ricordatevi di questo momento e imparate cos’è la povertà, la disperazione, la fatica di campare.”
Siamo tutti ammutoliti. Un silenzio da tagliare col coltello. Ringraziamo stringendoci intorno a loro… e mandiamo giù il magone che ci stringe la gola.
Magnifica Milano, grandi i milanesi… generosi. Fantastici!
“A tavola! – urla una delle mamma del Leonka – il pranzo è pronto!”
Che giornata!!! E’ persino bello essere al mondo.

 

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Corriere della Sera

La Repubblica


QUANDO ERO BAMBINO - DI MIMMO GRASSO

Quando ero bambino, il maestro delle elementari ci parlava di Scipione l’Africano (quello dell’Innodi Mameli) e tutti lo ascoltavamo a bocca aperta. Scipione era un giovanotto che aveva perso il padre nella lunga lotta contro Annibale ed era, altresì il rappresentante di un movimento “democratico” aperto agli extracomunitari greci (che Catone osteggiava) e già si poneva come un “principe” ( il primo di una serie di numeri uno). Avvenne dunque che il giovanotto sconfiggesse Annibale e, come si usava, desse le terre ai suoi soldati (una specie di pensione). Nell’apprendere questo il Senatus PopulusQue Romanus si incazzò non poco sia perché la statura del giovanotto era troppo cresciuta in termini di consenso popolare (e infatti il “Que” di “Populus” fu poi scritto con la minuscola) sia perché -e checcazzo!- quelle terre dovevano ampliare il latifondo e i traffici dei senatori. Ergo, accusarono il calvo Scipio di corruzione. Ergo l’Africano -stomacato- “spezzò le tavolette con l’accusa (parole del maestro) e si ritirò in volontario esilio a Villa Literno”. In piccolo o in grande la storia si ripete, come sappiamo. Ma non si ripete all’interno di ciascuno di noi se siamo portatori sani di idee e comportamenti perché la viviamo sempre come la prima volta.  Un altro esempio? Leggete, se vi va, il “Discorso degli Ateniesi ai Melii” (Tucidide, Storia del Peloponneso, lo trovate anche in internet) e applicatelo alle tiritere della nostra -e non solo nostra- politica. Magari anche alle guerre di Bush o al G8 di Genova. Il fatto è che un segno, quale che sia, ha sempre molti significati e ciascuno preleva quello che è coerente con i propri pregiudizi o il proprio vissuto o il proprio “vorrei che fosse”.
Franca Rame si è dimessa dall’Idv (peccato: era l’unico valore presente in questo partito) ma non si è ritirata a Villa Literno (il che ci dispiace: l’avremmo voluta vicino a noi), in mezzo agli africani, non quelli di Annibale,  che raccolgono pomodori con la diossina spedita dal nord Italia e ai piedi di un patrono nero (San Tammaro).
Qualcuno ha valutato che adesso Franca può determinare con il suo voto le sorti del Senato? Noi pensiamo che sia un’opportunità e non una minaccia. Franca, adesso, può dare un impulso decisivo alle scelte del governo e , vivaddio, la devono chiamare per ascoltarne il pensiero, negoziare con lei e non coi capigruppo. Franca rappresenta noi, è “Que” con la maiuscola. A parte valutazioni sulla qualità manageriale dei leaders dei partiti, in termini di gestione e valorizzazione delle risorse umane, noi siamo contenti della sua scelta,peraltro quasi subita. La questione non riguarda solo lei ma molti altri parlamentari, come leggiamo, e, più in generale, ha a che fare con la grave dissonanza che registriamo da alcuni anni nelle rappresentazioni mentali della nostra società. Per superare la dissonanza (cioè un’incoerenza tra il mondo delle attese, quello del vissuto e quello registrato tutti i giorni) ci sarebbe bisogno di un grande rito di tarantismo collettivo che rimodulasse le percezioni (e i valori) sociali, di un leader cheindirizzasse  le aspettative di una società ancora tutto sommato capitalista e classista, non democratica o democratica a senso unico, quando fa comodo, e  in cui i media giocano il ruolo del manipolatore e del servo sciocco.   In fondo, siamo ancora quelli di 10.000 anni fa, dell’inizio della storia civile. E, su qualche milione di anni che esistiamo come specie, se dovessimo restare su questa terra per altri centomila anni 10.000 sono proprio pochi. Il cervello di serpente mostra bei bitorzoli dietro la nuca di ciascuno e immaginiamo che Levi Montalcini se la riderà a lungo ascoltando e osservando le cocuzze dei senatori. Ci salvano quelli che, come Franca, sanno di essere innanzitutto individui coerenti con la propria storia. E qual è questa storia? Siamo sicuri di conoscerla? Io so, ad esempio, che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e che il mare di Franca è uno smisurato amore per la gente, respirato fin dall’infanzia, quando il padre aiutava coi pochi proventi del suo girovagare (era ciò che si direbbe oggi un “artista di strada”) chi aveva bisogno e i politici scomodi,  magari togliendo il pane alla famiglia. So anche che Franca ha adottato (e mi scuserà se lo dico) decine di bambini portatori di handicaps ai quali arriva ogni mese -e arriverà per tutta la vita- un serio assegno di sostentamento. In qualche intervento  precedente l’ho paragonata a una “mater matuta” ( “madre mattutina” ,la stella Diana), una di quelle icone che si vedono qui in Campania e che rappresentano i frutti della terra.
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e il ponte serviva per dire senza fare.
In logica c’è un altro bel ponte, il pons asinorum, che farebbero bene a studiare i “quèquè”
che, ahimè, siamo stati costretti a votare (senza, cioè, poterli scegliere).
Un abbraccio da Mimmo Grasso , Le Nuove Nacchere Rosse, Il Guerriero del Vesuvio, Federazione Città del Monte, Ricominciodatre, Alam, Echi Flegrei.


INTERVENTO SENATRICE PELLEGATTA SULLA FINANZIARIA

Rigore e sobrietà. Questi sono i tratti di una Finanziaria che ritorna alla propria primaria funzione.
Non sarebbe auspicabile perciò che, nei rivoli della polemica di queste ore, si perdesse il dato qualificante di questo disegno generale: non una legge “omnibus” di norme e interventi ordinamentali, ma la destinazione delle risorse dello Stato, in modo leggibile e chiaro, a favore dei cittadini.
E’ una Finanziaria seria, che “non mette le mani nelle tasche degli Italiani”, ma restituisce e aiuta i più deboli.
E questo non è frutto solo di una chiara volontà politica, ma anche e soprattutto delle condizioni che, faticosamente, il centrosinistra ha creato nel corso di questo anno.
In diciotto mesi, con due decreti, sono stati restituiti ai cittadini più di 13 miliardi di euro, e oggi possiamo affrontare con serenità una Finanziaria che riduce il peso fiscale per i lavoratori, per i cittadini, per le imprese.
Tutto questo è frutto del serrato e compatto impegno della nostra maggioranza contro l’evasione fiscale. La scelta ferma di fare del recupero di quei duecento miliardi rubati al fisco il primo dei nostri obiettivi ci consente, con serietà, di avviare un grande intervento di redistribuzione. E questo impegno, come dimostra la scelta di rafforzare l’agenzia delle entrate con nuovo personale, proseguirà con decisione.
Non si tratta solo di recuperare risorse tolte alla collettività, ma anche di restituire dignità al Paese. La tassazione è uno dei fondamenti del patto di cittadinanza, e la certezza di quell’ obbligo per tutti, e non solo per i lavoratori a busta paga, è il primo intervento di equità.
Possiamo qui cogliere uno dei tratti che caratterizzano il complesso della Finanziaria: restituire dignità allo Stato e alla Repubblica. Non solo assicurando che i doveri siano assolti da tutti, ma anche garantendo la qualità dell’azione pubblica.
Si è tanto discusso della reintroduzione della “riforma Bassanini” sull’ organizzazione del Governo. E in troppi si sono fermati alla superficie dell’intervento, cioè alla riduzione del numero dei ministri. Vorremmo invece sottolineare come quella scelta, se sarà rispettata non solo dal prossimo governo, ma dai Governi che negli anni si succederanno, darà un forte impulso alla qualità dell’azione della amministrazione. Il punto non è dire il numero, ma la stabilità. Ancora oggi il processo di separazione tra i ministeri è in corso, e così è stata per il Governo precedente, e per quello prima ancora. Anni persi a spostare uffici, personale, carte.
Il punto qualificante non è ridurre il numero, ma assicurare che qualunque Governo sarà alla guida del Paese, si troverà a gestire una macchina efficiente, stabile nel tempo, i cui meccanismi sono solidi. Insieme al principio di separazione dei poteri, due poli compongono lo stato democratico: da un lato la volontà del popolo che si esprime attraverso gli organi politici, dall’altro una amministrazione terza che non segua interessi particolari. È la lezione di altri Paesi, come per esempio la Francia, dove l’intangibilità dell’Amministrazione si accompagna ad una chiara distinzione dei ruoli.
Così come la scelta da un lato di stabilizzare chi oggi opera nell’amministrazione in modo precario e dall’altro di assumere, da oggi, solo a tempo indeterminato non è solo una scelta importante sotto il profilo sociale, ma anche dal punto di vista della qualità dell’Amministrazione.
Il nodo della precarizzazione delle vite e del futuro di intere generazioni si para di fronte a noi con forza, e non dare risposte efficaci sarebbe non solo segno di inadeguatezza della politica, ma anche e soprattutto gesto colpevole e irresponsabile nei confronti di alcuni milioni di cittadini oggi incapaci di programmare con serenità la propria vita.
Ma non c’è solo questo: una amministrazione dello stato che fondasse i propri servizi su personale precario, che oggi c’è e domani chissà, diviene precaria anch’essa, e i diritti dei cittadini diventano labili, inesigibili. La battaglia per la stabilizzazione non inficia, ma rafforza l’efficacia dell’amministrazione, anche considerato che quei lavoratori stabilizzandi dovranno affrontare, come impone la Costituzione, adeguate prove selettive.
Con questa Finanziaria si afferma la necessità, allora, di una Pubblica Amministrazione solida e speriamo anche sobria. Con la riduzione delle indennità dei consiglieri comunali e l’eliminazione dei contributi a carico delle Amministrazioni locali da un lato e con il tetto agli stipendi dei manager si riconduce a buon senso, in modo non demagogico, gli effetti perversi di un certo federalismo della spesa che ha minato gravemente la credibilità della politica. Così, a livello centrale, anche il punto di equilibrio saggiamente raggiunto sui  fondi di dotazione per gli organi costituzionali che si sono impegnati ad una riduzione della proprie spese, è un messaggio importante ottenuto senza metterne in discussione l’autonomia, che deve essere gelosamente preservata.
Risorse dall’evasione fiscale, un impegno per garantire diritti e assicurare che ciascuno si faccia carico dei doveri, una amministrazione più efficiente, una gestione della cosa pubblica più sobria. Queste sono le premesse che abbiamo posto per una politica seria e non demagogica.
E’ con questo patrimonio di autorevolezza che si possono costruire politiche di redistribuzione e impegni per il futuro che diano risposte concrete alle domande del Paese.
Tra gli interventi più importanti previsti da questa Finanziaria ne vorrei ricordare tre:
- il primo è l’eliminazione del ticket sulle prestazioni diagnostiche e specialistiche. Essa rappresenta una vera e propria tassa occulta, che incide in modo indifferenziato rispetto al reddito e alle condizioni di patologia dei cittadini. Sgombrare il campo da questo strumento significa riaffermare il diritto universale alla Salute, uno dei fondamenti del nostro sistema di Welfare, che non vogliamo smantellare, ma anzi rafforzare con decisione.
- Un secondo aspetto sono gli interventi per la casa: riduzione dell’ICI e detraibilità degli affitti, insieme al piano di edilizia pubblica, deciso nel decreto fiscale, disegnano un intervento complessivo rispetto a quella che è oggi una delle più gravi emergenze sociali. Oggi una casa pesa tremendamente sui redditi dei cittadini. Secondo il SUNIA per pagare l'affitto di casa se ne va più della metà dello stipendio, e si sfiora l'80% dell'intero reddito di una famiglia operaia per affittare nella periferia delle grandi città. E per l’acquisto, dal 1970 al 2003, il valore assoluto dello stesso appartamento è cresciuto di 35 volte. E ancora, le associazioni dei consumatori ci dicono che per acquistare un appartamento di 90 metri quadri serve oggi il corrispettivo di 20 anni di uno stipendio medio, contro i 15 necessari nel 2002. Dietro questi numeri ci sono drammi familiari, difficoltà nel selezionare cosa sia prioritario nella spese di casa, privazione di molti beni, spesso anche dei beni primari. Oggi invertiamo la tendenza, con un intervento generalizzato che ridà fiato alle famiglie e ai cittadini.
- Un terzo intervento è l’impegno a investire il gettito supplementare, frutto della lotta contro l’ evasione, alla riduzione del carico fiscale sul lavoro dipendente. Come nella Finanziaria 2006 avevamo deciso di destinare l’extragettito alla riduzione fiscale generalizzata (e oggi ottemperiamo a quell’ impegno attraverso gli interventi sulla casa), così ora noi guardiamo in faccia a uno dei problemi più drammatici del nostro tempo, cioè la contrazione del potere d’acquisto dei redditi da salario, come Fonti inaspettate, ma di grande saggezza e autorevolezza, ci hanno ricordato pochi giorni fa. In una riedizione di antiche politiche dei due tempi, le imprese, tra questa e la precedente Finanziaria, hanno ricevuto significative riduzioni fiscali. Ora affermiamo con nettezza che inizia il secondo tempo, quello della restituzione a chi, con il proprio lavoro e la propria fatica, costruisce quotidianamente la ricchezza nazionale. L’altra faccia di questa medaglia sarà la prossima tornata contrattuale, che deve essere caratterizzata da un maggiore equilibrio tra il reddito di chi lavora e i profitti di chi investe.
- Infine, nell’ ampio intervento rappresentato da questa Finanziaria, rischia di essere messo in disparte la questione del sistema della conoscenza e della cultura, unica strada che indica al Paese un futuro. Con più di un miliardo e mezzo in tre anni destinati all’Università si inverte una tragica tendenza iniziata dalla precedente amministrazione di ritenere il sapere un costo e non un investimento. Oggi diamo un messaggio di segno opposto. Dall’altro lato, con gli interventi a favore del cinema e della cultura riaffermiamo quel legame costitutivo della comunità nazionale che è stato ed è il nostro patrimonio di idee e opere.
Serietà, autorevolezza, sobrietà.
Questi i valori che noi troviamo nella Finanziaria e che il passaggio in Commissione Bilancio prima e ora in aula non offusca, ma conferma.
Ora, con questo dibattito, affermiamo di fronte al Paese il valore di una politica che, senza demagogia, risolve i problemi e dà risposte a bisogni e aspettative.


STRETTO DI MESSINA SEN. RIPAMONTI: DI PIETRO SCONFESSA INTESA UNIONE

Cari amici, cerchiamo anche oggi di aggiungere un tassello alla vicenda della società Stretto di Messina: ecco un comunicato stampa del Sen. Natale Ripamonti, relatore in aula del decreto fiscale.

Il Senatore fa notare come l’emendamento non provenisse dalla cosiddetta area massimalista, ma fosse frutto del lavoro della commissione Bilancio. Era quindi una mediazione di tutte le istanze della coalizione. Nonostante questo, stando alle parole di Natale Ripamonti, il ministro avrebbe inteso mettere un atto una “prova di forza”.
 
“Il voto contrario dell'Idv sull’emendamento della commissione Bilancio per la soppressione della società Stretto di Messina Spa è stato ‘una prova di forza’ da parte di Di Pietro che ha sconfessato un accordo raggiunto in maggioranza”, e aggiunge: "C'e' stata una trattativa anche ieri, ma non c'e' stato niente da fare".  Lo ha affermato il relatore al decreto legge collegato alla Finanziaria, Natale Ripamonti, al termine della mattinata di votazioni nell'Aula del Senato sul provvedimento.
“L'emendamento - ha spiegato il relatore - era della commissione, non dei Verdi o della cosiddetta sinistra radicale . Abbiamo tentato fino alla fine una mediazione accettabile, ma è stata rifiutata dal ministro Di Pietro. Tra l’altro, l’emendamento era un articolo aggiuntivo e quindi il provvedimento rimane integro.


Ponte sullo stretto, il pasticcio continua

di Simone Verde,  il Manifesto 26/10/07
Maggioranza divisa e battuta in Senato sul ponte sullo Stretto di Messina. Con un emendamento alla Finanziaria in cui l'Italia dei Valori ha votato a fianco del centro-destra per impedire la chiusura della società responsabile della grande opera pubblica. Primo strascico politico, la defezione di Franca Rame dal gruppo di Antonio Di Pietro, per protesta «contro dichiarazioni contraddittorie e l'incapacità a perseguire una linea politica chiara e coerente con il programma».
Ma anche «contro un progetto irrealizzabile, servito soltanto a sperperare denaro pubblico in una delle più grandi truffe degli ultimi anni». Al centro della polemica, la Stretto di Messina Spa, creata nel 1981 proprio per la realizzazione del ponte. Una struttura costata finora oltre 150 milioni di euro e, come dimostrato da varie inchieste
della procura di Messina, ripetutamente al centro di attenzioni della mafia. Società, però, il cui scioglimento chiesto dalla maggioranza avrebbe obbligato lo stato a versare oltre 350 milioni di euro di rimborsi agli azionari. Spesa che il ministro Di Pietro dichiara da tempo di voler evitare, proponendo di non procedere alla oppressione della società e di assorbirla nell'Anas per incaricarla di nuove infrastrutture in Sicilia e in Calabria.
Un compromesso, però, che non è riuscito a convincere la maggioranza. Innanzitutto - sostengono alcuni - poiché mantenere in vita una struttura già responsabile di sprechi, alla lunga potrebbe portare a spese superiori alla penale stessa. Poi, poiché i rischi di infiltrazione mafiosa suggeriscono di chiudere quello che sta diventando un vero e proprio carrozzone. Infine, poiché appare inaccettabile finanziare una società per progetti non in programma e dalla fattibilità ancora da dimostrare. A rinforzare queste perplessità, un'inchiesta apparsa sulla Repubblica nel novembre 2006, in cui venivano rese note spese faraoniche per progetti e studi tanto surreali quanto inconcludenti. Ricerche sul «Flusso dei cetacei fra Scilla e Cariddi» o su «L'impatto antropologico dei lavori sulla popolazione locale». Tutti elementi ribaditi e ricordati in Senato da Natale Ripamonti, relatore di maggioranza per il provvedimento. «Non si capisce - afferma Ripamonti - perché una società dal passato così discusso debba rimanere in piedi. Il problema è che Di Pietro non si vuole rassegnare all'idea che il ponte non si farà. E per questo propone l'assorbimento in Anas. per lasciare una porta aperta, in futuro, alla realizzazione del progetto».
Secondo il senatore dei Verdi, a motivare l'ostinazione di Di Pietro sarebbe nnanzitutto «l'esigenza di distinguersi politicamente all'interno del governo. Tanto più che il ministro è uscito perdente dallo scontro con Clemente Mastella». Un'esigenza resa ancora più pressante dall'eventualità di elezioni anticipate e dalla presenza, tra i deputati dell'Italia dei Valori, di Aurelio Misiti, da sempre potente e convinto ostenitore del ponte. Un deputato cresciuto nelle file del Pci, ex segretario nazionale della Cgil-Scuola e passato nelle file berlusconiane nel 1994. Un salto che gli permise di
essere nominato nel 1994 Presidente del Consiglio dei Lavori Pubblici e Commissario straordinario per le grandi opere del sud nel 2003. Una tortuosa vicenda politica per il momento conclusasi con l'elezione delle file del partito di Di Pietro con l'ambizione di rappresentare quella parte di elettorato calabrese che spera di trarre vantaggi dalla costruzione del ponte.
 


LIBERAZIONE: PIERO SANSONETTI SUL PONTE DI MESSINA

Liberazione 26-10
Piero Sansonetti
Il governo va sei volte sotto al Senato dove dipietristi e altri centristi votano con il centrodestra per tenere in piedi una società inutile (ponte di Messina)
Il premier li accusa di occuparsi solo di loro interessi particolari e chiede la verifica. Vittoria sull'acqua pubblica: no alla privatizzazione. Si vota fino a tarda notte
I moderati (corrotti) del centrosinistra
silurano Prodi, che reagisce furioso
Nei giorni scorsi sono uscite molte indiscrezioni sull'incontro che noi, promotori del 20 ottobre, abbiamo avuto con Romano Prodi alla vigilia della manifestazione. Alcune abbastanza vicine al vero, alcune fantasiose. C'è un obbligo di riservatezza che non consente di rendere pubbliche alcune osservazioni del premier su vari aspetti delle recenti vicende politiche. Penso che questo obbligo possa essere rotto solo per confermare una affermazione del premier che, alla luce dei fatti, mi è sembrata quasi profetica, e che del resto - seppure con qualche diplomazia - Prodi ha confermato ieri pomeriggio in conferenza stampa. Non ricordo le parole esatte pronunciate da Prodi nel colloquio con noi, ma sicuramente il Presidente del Consiglio ha accennato ai rischi che "la corruzione" finisca per causare la rovina di questo governo. E chiaramente si riferiva ai possibili gesti di rottura di alcuni senatori che appartengono ai settori "centristi", cioè moderati del centrosinistra, dettati non da dissenso politico o ideale ma da interessi privati concretissimi.
Cosa è successo ieri? Che alcuni senatori che appartengono ai settori moderati del centrosinistra hanno votato insieme alla destra per mantenere in vita una società che ha l'incarico di ricevere soldi dallo Stato per progettare e realizzare il ponte sullo stretto di Messina. Il fatto è che l'attuale governo ha deciso di non realizzare quel ponte, e di conseguenza la società in questione riceve ora soldi, e li gestisce, per non fare nulla. Diciamo che la decisione di mantenere in vita quella società - presa mettendo in minoranza il governo - è qualcosa di molto simile a una truffa. Vogliamo usare parole più dolci? Diciamo che si tratta di un "affare". E' un affare di parecchi milioni di euro che riguarda due contraenti. Lo Stato, che paga senza avere in cambio nulla, e alcuni privati che ricevono soldi senza dover fornire alcun servizio.
Poi, se volete saperla tutta, c'è il fatto che - così dicono le malelingue - a brindare per il voto di ieri in Senato è stata la mafia.
Naturalmente, quando si è saputa questa notizia - mentre ancora prosegue il duello tra i moderati Mastella e Di Pietro - tutti hanno pensato: dopo una simile porcata, ora il clima si surriscalderà ancora perché certo quel moralista di Di Pietro non la lascerà passare liscia. E indicherà a nome i senatori del centro sinistra responsabili di questo "salto del fosso", coprendoli di insulti e invitando i magistrati a indagare su di loro. Come fa spesso. Macché. Niente. Di Pietro silenzioso. Come mai? Perché, si scopre a sorpresa, i senatori che hanno saltato il fosso sono proprio quelli del suo gruppo, cioè sono i dipietristi, gli sceriffi, che evidentemente hanno una idea un po' speciale del mito di "mani pulite". Qui di pulito c'è molto poco. Chissà che ne pensa Beppe Grillo. Chissà se organizzerà un Dipietrovaffanculo day...
A meno che Di Pietro, ragionando sull'accaduto, non decida di prendere le distanze dal comportamento dei suoi senatori. No, niente: le reazioni alla capriola della mattinata non sono - come ci si potrebbe aspettare - una levata di scudi di Di Pietro contro il suo gruppo. C'è solo una senatrice del gruppo dipietrista che perde le staffe e sbatte la porta. E' Franca Rame, che - ad essere sinceri - non avevamo mai capito come fosse finita con l'ex giudice e i suoi, ma prendiamo atto con soddisfazione che alla fine si è resa conto della situazione.
Adesso ci si trova di fronte a una situazione molto curiosa. Il governo non ha più maggioranza perché ben tre gruppetti moderati gli fanno la guerra: i diniani, i mastelliani e i dipietristi. I diniani fanno storia a sé. Dipietristi e mastelliani si accusano reciprocamente di orrendi misfatti, e cioè fanno contemporaneamente la guerra a Prodi e la guerra tra loro. Di Pietro ancora ieri ha confermato che su Mastella pendono sospetti, cioè che non si può giurare che sia un galantuomo. Sospetti che Mastella, a buon diritto, dopo il voto sul ponte, potrebbe ritorcere contro il suo antagonista.
Nel pomeriggio Prodi ha convocato una breve conferenza stampa, trasmessa in diretta dal Tg3, nella quale ha chiesto una verifica di governo. Ha detto, con parole appena un po' più sfumate, quello che è scritto qui sopra. Cioè ha detto che alcuni partiti della maggioranza invece di occuparsi degli interessi del paese si occupano dei propri interessi particolari. E badate che con l'espressione "interessi particolari" Prodi non faceva riferimento a interessi politici, ma proprio ad interessi particolari. Come dire: fatti di carta moneta.
La crisi davvero è divenuta difficilissima. Anche perché molti "boatos" dicono che all'interno del Partito democratico ci sono settori consistenti che ormai non vogliono più Prodi a Palazzo Chigi. Certamente le primarie di 10 giorni fa e l'investitura di Veltroni - come era ampiamente previsto - sono stati una mina per Prodi e la mina è pronta a scoppiare.
Mentre iniziamo a stampare il giornale, a tarda sera, in Senato ancora si vota. Non sappiamo come finiranno gli scrutini, niente garantisce che il governo non sia già finito in minoranza quando voi leggerete il giornale, o che ci finisca nelle prossime ore o nei prossimi giorni.


IL PONTE DI MESSINA NON E' COSTRUIBILE!

Leggete questo articolo di Curzio Maltese sul ponte di Messina, capirete perchè si tratta di un'opera irrelizzabile!
 
Dov'è finito l'architetto del ponte?
Da un articolo di Curzio Maltese  (Venerdì di Repubblica 3 nov. 2006)
(…) Berlusconi ha buttato un mare di soldi 600-700 milioni di euro (…) per non cominciare neppure i lavori.
(…) Oltre 150 milioni sono stati sprecati per gli studi preparatori, in laute consulenze agli amici degli amici per studiare fra l'altro il "flusso dei cetacei fra Scilla e Cariddi", "l'mpatto psico-socio-antropologico dei lavori sulla popolazione locale". Una montagna di 126 chili di carta che giace negli uffici del ministero. Un altro centinaio di milioni per l'esproprio dei terreni, nel tripudio delle cosche. Ed è da record la penale che lo Stato dovrà pagare all'impresa appaltatrice, l'Impregilo: 388 milioni di euro. Il ponte doveva essere una delle più grandi opere pubbliche d'Europa ed è invece la truffa del secolo.
Si poteva immaginare che non si sarebbe mai fatto? Si doveva. I mercati ne erano sicuri. Quando l'Impregilo vince l'appalto, il titolo crolla in borsa di quasi il 6%. Appena il Parlamento decide che non si farà nulla, la quotazione schizza in alto. Nessuno ha mai creduto che il lavoro si sarebbe fatto. Tutte le imprese straniere si erano ritirate dall'asta, dove la vittoria dell'Impregilo era annunciata, fra l'altro, da una telefonata dell'amministratore delegato Savona, intercettata per caso dai magistrati di Monza: "Tranquilli, l'appalto è nostro, me l'ha giurato Dell'Utri".
Il mondo dell'architettura internazionale è impazzito per capire come gli italiani potessero credere al progetto. In particolare i giapponesi, massimi esperti, che vantano il ponte più lungo a una campata, l'Akashi Kyokyo, 1960 metri. Volevano farci passare una linea ferroviaria, ma gli ingegneri hanno spiegato che non esistono materiali in grado di reggere una struttura simile: sarebbe crollato tutto.
Il ponte sullo Stretto avrebbe dovuto essere lungo quasi tre chilometri e mezzo e con due linee di ferrovia, non una. Chi era l'autore di una simile meraviglia? Renzo Piano, Richard Rogers, Norman Foster? Macchè, un certo William C.Brown, nipote di un più famoso William H.Brown che ha progettato un paio di ponti in Africa ai tempi delle colonie. Un carneade mai nominato da nessuna rivista di architettura del Pianeta. Due architetti italiani, Ugo Rosa e Domenico Calandro, hanno lanciato una "caccia a mister Brown" e hanno scritto l'esilarante diario su Internet. Pare che sia scomparso qualche mese fa.(…)


Caro Ministro Padoa Schioppa...

Cari Amici, ho ricevuto questa lettera, che in questi giorni gira su internet... E' davvero emblematica, perciò ho deciso di pubblicarla! Buona lettura!

 
Gentile Ministro Padoa Schioppa,
Sono un ragazzo di 30 anni, lavoro come operaio, vivo in periferia di
una grande città e, ahimè, vivo ancora a casa dei miei. L'altro giorno
ho sentito le sue parole in tv, e mi sono immediatamente identificato in
coloro che lei definisce "bamboccioni", quei trentenni che lei vorrebbe
"mandar fuori da casa". Mi son detto: "Grande Ministro, Lei ha ragione".

Mi sono così rivolto alla mia Banca per ottenere un mutuo. "Grande
Ministro, avrò finalmente una casa tutta mia", ho pensato! Guadagno
1.000 Euro al mese + 13esima e 14esima, le quali spalmate in 12 mesi mi
garantiscono un reddito mensile di 1.166 Euro. Visto che la rata mutuo
non può superare 1/3 dello stipendio, mi posso permettere una rata di
388 Euro al mese. Con questa rata mi viene concesso un mutuo di € 65.770
Euro in 30 anni (se aspettavo un altro po', vista l'età, non me lo
concedevano un mutuo trentennale... Grande Ministro, grazie per avermi
fatto fretta!)

Con il mio bel preventivo in tasca, ho deciso di rivolgermi
immediatamente ad uno studio notarile, per farmi preventivare le spese
che dovrò sostenere per acquistare una casa. Dai 65.000erotti Euro,
dovrò infatti togliere:
- Euro 3.000 circa di Tasse in fase d'acquisto ("solo" 3.000 euro visto
che è la mia Prima Casa! Grande Ministro, grazie)
- Euro 2.500 circa di Notaio per l'acquisto
- Euro 2.000 circa di Notaio per il mutuo
- Euro 2.500 circa di Allacciamenti alle utenze acqua, gas, enel. Per un
totale di Euro 10.000 circa

Beh... ho ancora a disposizione ben 55.770 Euro per la mia casetta! La
dovrò arredare, ovvio, mica posso dormire per terra... Mi sono rivolto
così ad un mobilificio, per ora posso accontentarmi di una cucina, un
tavolo con 2 sedie, un divano a due posti , un mobile tv, un letto
matrimoniale, un armadio e due comodini... il minimo, ma mi conosco, mi
saprò adattare. Euro 7.000 circa, se i mobili me li monto io! Beh...
pensavo peggio!

Ho ancora a disposizione ben 48.770 Euro per la mia casettina, sono
sempre 90erottimilioni di una volta! Grande Ministro, grazie! Entro
gasatissimo in un'agenzia immobiliare, è arrivato il momento...
Con 48.770 euro mi dicono che posso acquistare:
- un garage di 38 mq. al livello - 2 di un condominio di 16 piani;

- due cantine (non comunicanti tra loro) di mq. 18 ciascuna nel
condominio adiacente.

Per l'abitazione più piccola ed economica - un bilocale trentennale di
45 mq. al piano seminterrato di uno stabile a 20 km dalla città -
dovrei spendere 121.000 Euro!

Me ne torno a casa Ministro, a casa dei miei, ovviamente!
Ho fatto quattro conti: per potermi permettere quel bilocale, dovrei:
-          o indebitarmi per altri 63 anni, quindi l'ultima rata la
verserò finalmente a 93 anni!

-          oppure dovrei guadagnare 3.000 euro al mese!
 
Grande Ministro, grazie!


INTERPELLANZA AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA di ITALIA DEI VALORI

 
I senatori dell'IdV hanno presentato  un' 'interpellanza, sulla linea di quella  presentata dalPrc eSinistra Democratica al Senato per uno stop alla richiesta di trasferimento di Luigi De Magistris. I senatori Formisano, Rame, Caforio e Giambrone  condividono l'interpellanza dei senatori Iovine, Palermo, Di Siena e Giannini. 'L'esigenza e' - di evitare che possa determinarsi alcun dubbio nell'opinione pubblica, circa un intervento del ministro volto a privare il giudice naturale di un'indagine che veda interessati esponenti politici'. La conclusione - spiegano i senatori dipietristi, e' la richiesta al ministro della Giustizia di revoca della richiesta di trasferimento d'ufficio del dottor De Magistris, al fine di consentire allo tesso di completare la sua indagine, eliminando i dubbi che stanno turbando gli italiani.
 
INTERPELLANZA AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

 
Premesso che:
fonti di stampa hanno dato notizia che il procuratore generale facente funzioni presso la Corte d'Appello di Catanzaro, dottor Dolcino Favi,  ha avocato l'indagine "Why not" condotta dal titolare PM dottor Luigi De Magistris;
che, sempre secondo tali fonti, il motivo dell'avocazione risiederebbe nell'incompatibilità derivante dal fatto che il ministro della Giustizia ha chiesto al CSM il trasferimento d'ufficio del dottor Luigi De Magistris e che il ministro medesimo risulterebbe iscritto nel registro degli indagati nel procedimento avocato;
che il CSM ha rinviato la decisione di merito sulla richiesta del ministro al prossimo 17 dicembre;
che oggettivamente c'è il serio rischio di ingenerare nell'opinione pubblica il convincimento o il dubbio che l'iniziativa del ministro potesse avere l'obiettivo di sottrarre al dottor De Magistris un'indagine in cui è parte, e che vede interessati altri esponenti politici compreso il presidente del consiglio;
che presso il CSM pendeva, e tutt'ora pende, un procedimento disciplinare nei confronti del dottor Luigi De Magistris, e in quella sede sarà valutata la correttezza o meno sotto il profilo disciplinare della sua attività;
se non ritenga opportuno:
revocare la richiesta di trasferimento d'ufficio del dottor Luigi De Magistris, onde consentire al magistrato di portare a compimento la sua indagine, eliminando in tal modo tutti i dubbi che stanno turbando l'opinione pubblica e minando in tal modo la fiducia nella giustizia.
           
            Sen. Aniello FORMISANO
            Sen. Franca RAME
            Sen. Giuseppe CAFORIO
            Sen. Fabio GIAMBRONE


IN CERCA DELL'URANIO IMPOVERITO

di Antonietta Gatti e Stefano Montanari
D’improvviso la tragedia dei soldati malati delle sindromi cosiddette del Golfo e dei Balcani è diventata interessante per l’opinione pubblica e, come sempre accade in circostanze simili, ognuno dice la sua in base non si sa bene a quali conoscenze e competenze. Va da sé che tra chi dice la propria ci sia anche qualcuno che ha interesse a che certe informazioni arrivino nella maniera che fa più comodo per raggiungere certi obiettivi. Noi non abbiamo alcun vantaggio a manipolare i dati, ci occupiamo del problema da anni e questo nostro interesse puramente scientifico ci ha portato ad esaminare i reperti bioptici (o autoptici quando il proprietario di quei tessuti non c’era più) di un’ottantina (ma il numero è in crescita costante) di militari prevalentemente italiani, ma qualcuno anche francese, canadese o statunitense. Ciò che abbiamo trovato in tutti questi tessuti malati, e non solo nei tessuti ma in qualche circostanza anche nello sperma, è stata della polvere inorganica di dimensioni variabili da qualche micron (millesimo di millimetro) giù fino a qualche decina di nanometri (un nanometro è un milionesimo di millimetro). La chimica di queste particelle, una chimica spesso insolita quando non del tutto nuova, è caratteristica di materiali non biodegradabili e non biocompatibili. Da che l’esistenza di queste malattie è cominciata a trapelare, l’uranio impoverito usato in una certa classe di bombe e proiettili è sempre stato indicato tra i maggiori imputati come agente d’innesco delle malattie dei soldati, eppure noi di questo uranio non abbiamo mai trovato traccia nei tessuti. Nella su forma impoverita dell’isotopo chiamato 235, l’uranio ha una radioattività piuttosto bassa, comunque, se presente nell’ambiente, non sufficiente per provocare malattie come quelle tipiche delle “sindromi”. Altra cosa potrebbe essere se l’uranio impoverito in forma di particella fosse presente in discreta quantità nell’organismo ma, come detto, noi questo uranio non lo abbiamo trovato. A questo punto qualcuno ha voluto credere che questo mancato ritrovamento assolvesse l’uranio, il che non corrisponde alla realtà. Nei fatti, le armi che si servono di questo metallo ne impiegano pochi chilogrammi e quei pochi chilogrammi sono sufficienti, una volta colpito il bersaglio, a far vaporizzare tonnellate di materiale, un materiale la cui composizione dipende ovviamente dal bersaglio. Questa specie di vapore ricondensa entro pochi secondi sotto forma di polveri finissime, queste polveri se ne stanno sospese in aria per tempi anche lunghissimi e chi è presente in zona non può evitare d’inalarle insieme con l’aria che respira. Sono proprio quelle le polveri che noi troviamo nei reperti patologici. Il perché non abbiamo mai trovato l’uranio è semplice: come dovrebbe risultare evidente facendo la proporzione tra i pochi chilogrammi di uranio e le molte tonnellate di polvere che questi pochi chilogrammi producono, si tratta di quantità davvero minime del famigerato uranio rispetto a tutti gli elementi chimici che sono coinvolti nell’esplosione e, dunque, trovarne traccia è ben più improbabile di quanto non sia trovare il classico ago nel pagliaio. Naturalmente non è detto che uranio non ce ne sia. Anzi, la sua presenza nell’organismo è assolutamente probabile, ma il problema è solo la quantità. A questo punto, se tutto quanto spiegato fin qui è stato compreso, risulterà chiaro che l’uranio non è l’agente patogeno, ma senza l’uranio un’esplosione di quella portata così devastante sia per massa di materia coinvolta sia per temperatura, una temperatura che supera la bellezza di 3.000 °C, non sarebbe potuta avvenire. E per quanto riguarda la temperatura, bisogna sapere che più questa è alta, più piccole e di gran lunga più aggressive per l’organismo sono le particelle prodotte. Dunque, per chiarire al di là di ogni dubbio, l’uranio è sicuramente colpevole della patologia, essendo l’elemento che provoca la formazione dell’agente patogeno che è la polvere finissima. Insomma, non l’assassino ma il mandante, per riciclare un’immagine che abbiamo già usato decine di volte in libri, articoli e interviste in ogni mezzo di comunicazione, sempre sperando di non essere più o meno volontariamente fraintesi. Può essere interessante, pur senza destare sorpresa, notare come le malattie non siano limitate ai militari dispiegati, ma colpiscano ugualmente anche ai civili che vivono nelle zone teatro di guerra, così pure come a chi risiede o lavora nell’intorno di certi poligoni di tiro dove si svolgono esercitazioni belliche. A parer nostro, è piuttosto improbabile imputare quelle malattie alle vaccinazioni multiple e alla somministrazione di certi farmaci sperimentali cui i militari possono essere stati sottoposti, e questo perché non tutti coloro che si sono ammalati le hanno subite, non tutti gli eserciti ne hanno usato gli stessi cocktail e con le stesse modalità, e, in genere, i civili coinvolti non sono stati sottoposti a vaccinazione né mai hanno assunto quei farmaci. Stessa cosa si può affermare per l’esposizione a certi preparati chimici con i quali alcune tende e teloni di camion sono stati irrorati. Certo, vaccini, farmaci e sostanze velenose possono aver ricoperto il ruolo di concausa in qualche modo facilitando il manifestarsi della malattia, ma non di più. Dunque, stando alle nostre indagini, l’uranio è colpevole, anche se non con i meccanismi, peraltro mai dimostrati, sostenuti da qualcuno. Da ultimo, non va dimenticato come le polveri fini e finissime, comunque prodotte, siano patogeniche, come ormai dimostra un’amplissima letteratura scientifica.


bambine, bambini... e la violenza in famiglia!

ho ricevuto questa lettera, che volentieri pubblico
Testimonianza Anna
Sono stata violentata da mio  padre a 10 anni,  una volta sola. Dico,  "violentata",  ma il termine è errato.
Più giusto dire:"Ho avuto un rapporto sessuale con mio padre,  senza nessun trauma,  senza capire quello che mi stava capitando. Ripeto,  avevo 10 anni. Volevo molto bene a mio padre e lui voleva molto bene a me. Troppo... Non c'è stata violenza alcuna... non pensavo fosse "male",  solo da adulta ho capito tutto l'orrore di quell'atto: una terribile violenza alla mia innocenza.
Molte volte ci ho pensato da grande. Allora,  in quel momento forse incoscientemente,  mi son detta: "E' mio padre,  mi vuole bene,  da lui male non me ne può arrivare. E' mio padre,  se l'ha fatto vuol dire che è naturale,  che doveva farlo. L'ho accettata come la varicella,  la scarlattina,  le mestruazioni. E' mio padre.  E non ci ho pensato più. In un attimo avevo rimosso,  cancellato tutto. E chi si ricorda della varicella,  del morbillo? 


E’ arrivata la finanziaria!

E’ arrivata la finanziaria!
Si è manifestata qualche giorno fà tra i corridoi della commissione bilancio e lì cresce, cresce, di ora in ora lievita e si dipana lungo il muro.
Non è uno scherzo! E’ una lunga biscia composta di fogli, tomi, volumi, appoggiati a una parete. Ogni articolo corrisponde a una colonna, una vertebra del vermone. Il suo gemello sarà in gestazione tra i corridoi di Montecitorio.
Quando sarà ben pasciuto, una volta scaduti i termini per gli emendamenti, inizierà l’esame prima nelle commissioni e poi nelle aule parlamentari.
Anch’io ho contribuito in piccolissima parte, presentando un mio emendamento alla finanziaria.
Il Governo ha previsto il parere preventivo della Corte dei conti per la prestazione di consulenze alla pubblica amministrazione. In questo modo, la Corte avrebbe la possibilità di svolgere un lavoro preventivo, e non a cose fatte, indicare cifre esorbitanti per progetti di dubbia qualità o professionisti privi di competenze.
 
Il mio emendamento rafforza questa proposta governativa, perché si chiede che il parere della Corte dei conti sia vincolante, e che l’area di competenza sia estesa anche ad enti pubblici economici (agenzia del demanio, delle entrate ecc…) ed enti privati a diritto pubblico (multiutility…). Speriamo che abbia buon esito!
 
Ad oggi, ho sottoscritto alcuni emendamenti: uno della Sen. Alfonzi che propone un aumento di fondi a favore degli educatori che lavorano nelle carceri minorili, ed una serie a prima firma Turigliatto: fondo a favore delle vittime dell’amianto e per la bonifica, proposte di taglio ai fondi per le missioni all’estero, Eurofighter, Joint Strike fighter, Fregate FREMM, e all’organizzazione del G8 alla Maddalena (30 milioni di euro!).
Ancora ho sostenuto una serie di emendamenti per reintrodurre l’ICI sugli immobili ecclesiastici, per il corretto utilizzo dell’acqua nell’agricoltura, e per la creazione di un fondo a sostegno di persone con gravi disabilità.
 
Da ultimi, quattro emendamenti della Senatrice Serafini, presidente della commissione bicamerale infanzia, tutti sul tema: sostegno delle adozioni internazionali, carceri minorili, tutela minorile su internet e un fondo a favore di adolescenza e infanzia.
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EMENDAMENTO DDL 1817
 
Sostituire l’articolo 91 con il seguente:
 
Art. 91.
(Limiti alle retribuzioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni
e controllo preventivo della Corte dei conti)
 
1. Il comma 593 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è sostituito dal seguente: «593. Fermo restando quanto previsto al comma 466, la retribuzione di tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi compresi tutti gli enti pubblici economici, non può superare quella del primo Presidente della Corte di cassazione. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche ai titolari di qualsiasi incarico caratterizzato da durata e continuità della prestazione comunque conferito dalle medesime amministrazioni pubbliche e dalle società da queste totalmente o prevalentemente partecipate. Nessun atto comportante spesa ai sensi dei precedenti periodi può ricevere attuazione, se non sia stato previamente reso noto, con l’indicazione nominativa dei destinatari e dell’ammontare del compenso, attraverso la pubblicazione sul sito web dell’amministrazione o del soggetto interessato, nonché comunicato al Governo e al Parlamento; in caso di violazione, l’amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare eccedente la cifra consentita. Le disposizioni di cui al primo e al secondo periodo del presente comma non possono essere derogate se non per motivate esigenze di carattere eccezionale e fermo restando quanto disposto dal periodo precedente. Per le amministrazioni dello Stato le deroghe sono autorizzate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Le amministrazioni pubbliche, ivi compresi tutti gli enti pubblici economici, sono tenute alla preventiva comunicazione dei relativi atti alla Corte dei conti, che è tenuta ad esprimere un parere vincolante entro trenta giorni».